NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Vicenza e la vicentinità in Guido Piovene nei suoi servizi giornalistici e nei suoi libri

Il premio a lui intitolato, giunto alla decima edizione, è un’occasione per ritrovare l’amore dello scrittore per la sua città e i temi da lui toccati soprattutto in “Viaggio in Italia”

di Mario Bagnara
mario.bagnara@fastwebnet.it

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GUIDO PIOVENE

La recente assegnazione dei Premi Guido Piovene della Banca Popolare di Vicenza, durante una simpatica cerimonia che, condotta da Bruno Vespa (segretario della giuria), ha visto al Teatro Olimpico la presenza dei massimi esponenti del giornalismo italiano, il presidente Enzo Bettiza, i componenti Giulio Anselmi, Carlo Rossella e Marcello Sorgi (assente Ferruccio De Bortoli) e i due premiati Mario Pirani "Il Piovene del nostro tempo", Annalena Benini "Il Giovane Piovene" ai quali si è aggiunta anche la vincitrice del concorso Piovene Giovani, la liceale Beatrice Beretta, è stata un'occasione per richiamare l'attenzione dei vicentini su un illustre concittadino il quale, prima che scrittore, autore di opere letterarie quali, dopo l'esordio nel 1931 con La vedova allegra, Lettere di una novizia del 1941, I falsi redentori del 1949, Le Furie del 1963 e Le stelle fredde del 1970, è stato giornalista di elevato prestigio internazionale.

 

Piovene giornalista

Nato a Vicenza il 12.07.1907, già a partire dal 1930 inizia la sua attività di inviato speciale all'estero per vari giornali: per "L'Ambrosiano" (1930-'35) in Germania, per il "Corriere della Sera" e quindi per il "Nuovo Corriere della Sera" (1935-'52) a Londra, in Spagna, in Polonia, in Bulgaria, a Parigi, a Edimburgo, negli Stati Uniti, ancora a Parigi e in Francia, per "La Stampa" (1953-'74) con frequenti viaggi (alternati per un certo periodo con gli spostamenti italiani per i servizi radiofonici bisettimanali che poi confluiranno in Viaggio in Italia) in Brasile, a Londra, in Russia, ancora negli USA, a distanza di 11 anni, in Argentina, in Perù, in Bolivia, nel Medio Oriente, in Francia, in Inghilterra, in Olanda, in Belgio, nei Paesi Scandinavi, in Svizzera, in Spagna, a Londra, in Danimarca, in Germania e ancora a Londra ove ritorna, dopo aver tenuto una conferenza a Strasburgo; da ricordare infine la breve collaborazione come responsabile della sezione culturale e letteraria a "Il Giornale Nuovo" dell'amico Indro Montanelli, nel 1974, poco prima di morire in seguito ad embolia polmonare a Londra, il 12.11.1974.

Il rapporto con i più grandi quotidiani nazionali non gli impedisce la collaborazione anche con importanti riviste come "Lettura", "Epoca" (1954-'60), "Espresso" in versione mensile e quindi settimanale (a partire dal 1960) e altre minori quali, fin dal 1926, già durante gli studi all'Università Statale di Milano che lo porteranno alla laurea in Lettere e Filosofia con una tesi su G. B. Vico (relatore il grande maestro e amico G. A. Borghese), "La parola e il libro", "Convegno", "Pegaso", "Leonardo", "Solaria", "Pan", "Primato" e "Mercurio", oltre alla rivista francese "Table Ronde" (1949-1958). E dai suoi reportage derivarono opere famose quanto quelle letterarie, come De America del 1953, Viaggio in Italia del 1957, La coda di paglia del 1962, La gente che perdé Ierusalemme. Cronache dal Medio Oriente del 1967, L'Europa semilibera del 1973 e, postumo nel 1975, Idoli e ragione.

Ed è interessante notare come, nonostante questo vagabondaggio giornalistico, egli non abbia mai perduto il contatto con la sua Vicenza, oggetto di numerosi riferimenti anche nelle sue corrispondenze.

Egli stesso infatti in alcune lettere autografe che si trovano fra i documenti donati alla Biblioteca Bertoliana e conservati nell'Archivio degli Scrittori Vicentini, dichiara: «Io sono uno scrittore, non soltanto nato a Vicenza, ma che tiene in modo speciale ad essere e a chiamarsi vicentino, perché Vicenza ha una parte preponderante in quella memoria poetica che è la generatrice delle fantasie e delle idee». E ancora: «Anche viaggiando nei paesi più lontani, talvolta, per un'associazione misteriosa, per un incontro di colori e di luci che io stesso non riesco a decifrare, sento Vicenza venire verso di me. E dico: ecco, c'è qualcosa nell'aria che mi ricorda casa mia... sono legato a questi luoghi come a un grembo da cui non so staccarmi».

 

Vicenza nei servizi giornalistici di Piovene

E ai lettori de "L'Ambrosiano" già nel 1927 racconta della sua gita a Vicenza: «Io torno adesso da Vicenza, la città dove sono nato. Il Veneto è la più dolce e idillica fra le terre d'Italia... Questa è la terra aperta ai soffi d'Oriente, che all'orizzonte rendono lucide, come per una febbre, le nubi: le nubi venete, che sanno di mare, simili ai gonfaloni, auree o vermiglie. Questa è la terra aperta ai soffi di Slavonia e Alemagna... Ed è una terra montanara, su cui quest'aure forestiere non fanno presa, e passano come barbagli e miraggi: dolce Venezia di terraferma... E la fastosa cornice romana che ha dato a Vicenza Palladio, anch'essa pare uno dei tanti miraggi... Valeri, ch'è il miglior poeta di questa terra, ha ben capita la classicità di Vicenza... Vicenza è così. Si sono ora messi a guastarla, e ci vuole pazienza (allusione alla Loggia del Capitaniato ndr)... Vicenza è una città di scenari. Penso talvolta che il Teatro Olimpico, allargandosi, abbia assimilato l'intera città. Quei colonnati, quelle strade storte per metà gotiche e per metà rinascimentali, sono fondali, son quinte... E le passioni, gli intrighi, i pettegolezzi, suonano infatti come un melodramma...». 

L'espressione «dolce Veneto di terraferma» ritorna anche in un suo articolo del "Corriere" del 14 gennaio 1938, laddove rievoca con una certa nostalgia le sue esperienze maturate nei lunghi soggiorni presso la generosa e accondiscendente prozia Ersilia nella Villa Margherita dei Valmarana sui colli Berici ad Arcugnano, ove, come dichiarò in una intervista su "Il Giorno" del 17 marzo 1959, scoprì la sua vocazione letteraria in occasione del dono, a sei/sette anni, dell'Enciclopedia dei Ragazzi con antologia poetica, da lui letta e riletta più volte.

 

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