NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Dopo il diluvio

Confronto tra le istituzioni dopo l’alluvione che ha inghiottito parte del vicentino. Bisogna cambiare il sistema di informazione tra enti e per i cittadini

di Pietro Rossi

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Dopo il diluvio

Quattro giorni dopo il diluvio la città conta i danni. E dopo quattro giorni di fango e di maniche rimboccate a Vicenza arriva il momento di porsi le prime domande e di chiarire le responsabilità, anche se c'è più voglia di ricominciare che non di fare processi nelle facce dei vicentini colpiti dall'alluvione. In centro e in periferia - ponte Degli Angeli, Santa Lucia, Contrà Barche, Viale Trento, Riviera Berica - le pulizie vanno avanti. Mobili ammassati in strada, rovinati dalla melma, getti d'acqua continua per lavare i segni del pantano, tanti volontari, più di 200, a purgare strade e piazze. La voglia di fare certo non manca ai Veneti.

«Il resto, sembrano dire quelle facce, speriamo non siano solo chiacchiere». Accanto all'amarezza, se non alla disperazione,di chi ha perso molto - o tutto - c'è però la sfiducia nell'avere risposte a breve termine da parte della politica. Quella politica che nel frattempo, batte i pugni, prepara apologie ma, fuori di metafora, non sa ancora che pesci pigliare. Il governatore del Veneto, Luca Zaia, promette che «questa volta lo Stato ci deve ascoltare per forza». E dal tono non sembra una promessa a vuoto. Come lui stesso sottolinea, il mezzo milione di alluvionati e i 130 comuni veneti coinvolti lasciano il posto, nei media nazionali, agli scandali di palazzo e ai rifiuti napoletani. Lo stato d'emergenza è stato firmato e serve un miliardo di euro, 150 milioni solo a Vicenza, per rimettere a posto le cose. Questa è sicuramente la prima priorità. Ma non l'unica. Perché è convinzione di tutti che la vera sfida sia arrivare ad una prevenzione, nel territorio veneto iper urbanizzato e idro geologicamente insicuro (come dicono gli esperti), che sia degna di questo nome. Sotto questo punto di vista il primo forum sul disastro, organizzato l'altro ieri da Tva Vicenza all'interno dello spazio di approfondimento "In Fondo", ha gettato le basi su quello che dovrebbe essere il futuro: un confronto permanente per arrivare ad una cabina di regia comune sulle acque del territoriali.

Una targa all'Eretenia porta una data: 4 novembre 1966. Esattamente 44 anni fa. La linea orizzontale sul marmo indica il livello dell'acqua. Al di sopra, di qualche centimetro, uno sconosciuto ha inciso sul muro l'altezza dell'alluvione del 1 novembre 2010, quasi a ricordare con urgenza che la lezione non è servita a niente. E dalle risposte degli ospiti "politici", l'assessore regionale al bilancio Roberto Ciambetti, il sindaco di Vicenza Achille Variati ed il sindaco di Caldogno Marcello Vezzaro, traspare più un governo preparato al "dopo" che non al "prima" o al "durante". Due condizioni temporali, queste ultime, che adesso appaiono sempre più fondamentali in un nord-est ancora attivo, nonostante la crisi strutturale, ma messo in ginocchio da quel territorio con il quale oggi fatica a convivere. Eppure da anni ci sono voci, per lo più inascoltate, che mettono in guardia e danno indicazioni precise. Anche questa volta ci sono state, pur con un approccio laterale. Non i timidi e criptici bollettini Arpav, ma due ragazzi che con una stazione meteo amatoriale hanno previsto l'esondazione ben quattro giorni prima e hanno messo l'avviso in rete. Si chiamano Marco Rabito e Alessandro Marcon. Sono loro ad aver esposto l'analisi dettagliata e precisa nel programma condotto dal direttore di Tva Luca Ancetti. Ma precisa è stata anche la disamina del presidente dell'Ato Bacchiglione Giancarlo Corò: «Troppo affollamento e poco coordinamento nella gestione delle acque, si sente la mancanza di una regia comune». I numerosi messaggi arrivati in redazione durante la trasmissione hanno però mostrato una popolazione che vuole altro tipo di risposte. La prima: «Come e quando ci aiuterete?». E siccome «Il presente è gravido dell'avvenire», viene da sé che la società civile chieda adesso alla politica una chiarezza che serva a definire le azioni di quel "prima" indispensabile ad evitare il peggio.

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