NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Il Presidente con la pettorina e gli “Angeli del fango”

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Il Presidente con la pettorina e gli “Angeli del f

Achille Variati

«Signor presidente, il mio grazie per aver accolto il nostro invito, a nome dei colleghi sindaci e delle Amministrazioni qui presenti, delle categorie economiche, dei sindacati, dei cittadini, è il grazie di una terra ferita. Ferita, ma orgogliosa. Ferita, ma dignitosa. Ferita, ma solidale.

La Sua presenza, così alta, rincuora, consola, dà speranza a chi in questa tragica alluvione ha perso tanto, e a volte tutto. È la presenza dello Stato e, da Lei rappresentato, di un intero popolo che non ha dimenticato i vicentini e i veneti, e non li ha lasciati soli nel momento del bisogno.

Ed è davvero, questo, il momento del bisogno per una terra che tanto ha dato all'Italia, al suo sviluppo, alla sua ricchezza. E che oggi rivolge alla Nazione un grido d'aiuto. È il grido dei cittadini che hanno perso la casa, le cose, i ricordi di una vita. È il grido degli imprenditori che hanno le fabbriche chiuse, e dei loro operai rimasti senza un posto di lavoro. È il grido del negoziante e dell'artigiano, quell'esercito silenzioso e laborioso per il quale la casa e la bottega sono quasi lo stesso, e che nei decenni ha fatto grande il Veneto. È il grido dei familiari di chi in questa tragedia ha perso l'unica cosa che non si può ricostruire, la vita.

Circa 300 milioni di danni stimabili al momento nella provincia di Vicenza, di cui 160 nella sola città di Vicenza, e 80 nel più piccolo comune di Caldogno, i due luoghi più colpiti. Sono le cifre nude di un disastro che ha colpito case, negozi, imprese, infrastrutture, edifici pubblici.

Al Governo, che due giorni fa era qui al suo massimo livello, abbiamo rappresentato i dati di una catastrofe, e le necessità di una società che ha bisogno di risposte, e di risposte immediate: perché centinaia di imprese, e con loro migliaia di famiglie, non possono attendere a lungo la certezza di risposte adeguate. E dal Governo abbiamo avuto promesse e impegni, e già ieri i primi importanti stanziamenti.

Ma il grido di questa terra, signor presidente, è il grido composto, il grido silenzioso, di un popolo che non è abituato a lamentarsi e a chiedere. I Vicentini, i Veneti, sono abituati a rimboccarsi le maniche, lavorare, rimettersi in piedi ogni volta. Non a caso Lei trova, oggi come già a pochi giorni dalla tragedia, città ordinate e strade pulite dove solo dieci giorni fa correvano fiumi di fango e di acqua. Migliaia di uomini e donne, appartenenti ai corpi organizzati dello Stato, al mondo dell'associazionismo, alle pubbliche amministrazioni e alle loro aziende, e semplici cittadini, tutti assieme hanno lavorato senza sosta per estrarre dal fango strade e case, cantine, garage, attività commerciali.

Questa stessa efficienza è quello che oggi i Vicentini chiedono allo Stato.

E per noi amministratori, che nei giorni del disastro siamo stati tra i cittadini, è stato facile cogliere la loro frustrazione, percepirne l'impotenza, leggere i segni di una crescente rabbia. Questa rabbia, signor presidente, è la rabbia di una terra che si è sentita inizialmente dimenticata, isolata, distante dal potere centrale. Era, ed è, un sentimento pericoloso, capace di accendere dinamiche incontrollabili. La Sua presenza, oggi, tra la gente e poi con noi amministratori riduce e colma quella pericolosa distanza. Lei, signor Presidente, è il garante e il custode di un'Italia unita, di un popolo legato da sentimenti di fraternità e di una comune appartenenza. Porti con sé le immagini di questa nostra terra, del disastro che l'ha colpita e della voglia di rinascita che non deve restare senza aiuto e senza risposta. E aiuti, nella Sua alta funzione di indirizzo e di educazione della nazione, la politica a non dimenticare, e a lavorare attivamente perché tragedie come questa trovino nella prevenzione, nella cura del territorio, nel rispetto da coniugare allo sviluppo, le migliori difese contro il rischio di un loro ripetersi».

 

Moumìni Malgoubrì

«Egregio Signor Presidente,

sono onorato di essere qui a salutarLa in rappresentanza di tutti i volontari immigrati che hanno aiutato questa nostra città nel momento di bisogno determinato dall'alluvione.

Molti immigrati in questo tragico momento hanno ritenuto loro dovere come cittadini di questa città e di questo paese aiutare la popolazione vicentina, visto che noi ci sentiamo parte integrante di questa società e di questo paese che ci ha accolto. Lavoriamo qui, abbiamo fatto famiglia qui, mandiamo i nostri figli nelle scuole di questo paese e quindi abbiamo fatto solo il nostro dovere come ogni altro cittadino avrebbe fatto e come tanti giovani volontari hanno fatto.

Egregio Signor Presidente, io personalmente vengo da un paese, il Burkina Faso, che l'anno scorso è stato devastato da una tremenda alluvione e quindi so cosa significa subire un disastro così grande.

Sono convinto che in questi momenti così difficili dobbiamo essere tutti uniti. Vorrei cogliere questa occasione, Signor Presidente, per ringraziare tutti coloro che hanno risposto all'appello del Sindaco in questo difficile momento e ringraziare Lei, Signor Presidente, della sensibilità che sta dimostrando nei confronti di tutti noi vicentini».

 

Bianca Ambrosini

«Caro Presidente,

è per noi un onore averla qui oggi. Siamo volontari di tutte le età, italiani e di altre nazionalità, e insieme abbiamo contribuito a pulire la nostra città, Vicenza, colpita da una grave alluvione. Tra i numerosi volontari, ci sono soprattutto ragazzi che, in questi giorni di emergenza, hanno decisamente smentito l'ormai diffuso stereotipo del giovane egoista, chiuso e indifferente nei confronti degli altri e della realtà cittadina. In centinaia, infatti, ci siamo rimboccati le maniche e, con pale e spazzoloni in mano, abbiamo contribuito all'opera di pulizia della nostra città, come un'unica squadra, con lo stesso obiettivo comune.

L'alluvione è stata quindi sì sinonimo di disastro, sofferenza e distruzione, ma anche, forse soprattutto, di solidarietà. Il volontariato è un'attività libera, gratuita, che comporta tanta fatica, ma altresì molta soddisfazione: il sentirsi dire "il vostro aiuto è stato indispensabile", o ancora "questa sera vi invito a cena per sdebitarmi", oppure un semplice "grazie", sono parole che riempiono il cuore e che, a mio parere, valgono di più di qualsiasi altra ricompensa».

 

nr. 41 anno XV del 13 novembre 2010

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