NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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“Non abbiamo tradito l’animo della Politkovskaja”

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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“Non abbiamo tradito l’animo della Politkovskaja”

La Politkovskaja fu parte attiva anche nella crisi del Teatro Dubrovka e in quella di Beslan. Com'è possibile, secondo lei, che un Paese come la Russia, che è la culla di culture imprescindibili come quella letteraria, musicale, eccetera, possa permettere che succedano queste cose, intervenendo in maniera violenta in luoghi tabù, che dovrebbero essere intoccabili, come il teatro o la scuola?

«Ormai c'è una violenza di fondo atavizzata: per la Dubrovka, la Politkovskaja aveva cercato di fare da intermediaria e nel momento in cui sembrava che ci fosse uno spiraglio, è partito l'attacco e sono morte un sacco di persone. Per la scuola di Beslan lei era stata chiamata per la trattativa, ma non riuscì ad arrivare perché era stata avvelenata, ovviamente questo non l'ha mai detto nessuno».

Anche per la Dubrovka, i dati ufficiali dicevano 90 morti, invece...

«...erano più di 400. La cosa grave è che hanno immesso questo gas, ma non hanno detto agli ospedali che gas fosse e quindi non fu preparato l'antidoto: molte persone sono morte tempo dopo perché in ospedale non si capiva cos'avessero».

La pièce verte sul concetto di ricerca della verità. Anche i detrattori della Politkovskaja mostravano una loro verità manipolata, ma verosimile, che la gente percepiva come reale. Come si poteva convincere del contrario?

«Dovremmo essere tutti molto più critici e attenti nei confronti dell'informazione e cercare di capire come leggere la realtà. È la grande sfida di questi anni: le tecnologie ci permettono di essere tutti ovunque nello stesso momento e ci sembra di poter dire che sappiamo cosa sta succedendo lì, in realtà l'informazione è una cosa molto difficile».

Quando si parla di teatro civile si tende a distogliere l'attenzione dall'aspetto artistico. Lei come vive il rapporto tra creatività e rappresentazione di una realtà cronachistica?

«Io ho sempre pensato che la cosa più importante è che dentro alle cose che facciamo ci sia il teatro, magari fatto con poco, senza grandi apparati. Posso mettermi davanti al pubblico a leggere parti di un libro, ma è un reading non è teatro. Io voglio che a teatro ci si a non dico immedesimazione, ma la magia che si deve creare tra pubblico e palcoscenico, sì. Se non c'è quello, personalmente, quando vado a teatro, faccio fatica: ho bisogno che qualcuno mi crei un'atmosfera, cerchiamo anche noi di fare la stessa cosa».

Lei ha detto che molte cose non possono essere dette, portando ad esempio il caso di Corrado Augias che ha uno spettacolo per il teatro e non lo vuole nessuno. Vengono chiusi anche programmi d'intrattenimento culturale come "Cominciamo bene prima"di Pino Strabioli.

«Posso dire? È scemenza! A volte ci sono delle trame o beghe che non sappiamo tipo "quello mi ruba il posto, no devi farlo tu" eccetera, ma tante altre volte si dice: "non interessa a nessuno, tagliamo". C'è un motivo? No, non c'è dietro un disegno per cui c'è uno che ce l'ha con "me" , mi vuole distruggere e allora combattiamo. "Per un pugno di libri" lo rifaranno per un po', il programma di Strabioli è bello, costa poco, serve... Certe volte, quando pensiamo a un disegno terribile vuol dire dare ai nostri "nemici" un'intelligenza che non hanno».

 

nr. 42 anno XV del 20 novembre 2010

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