A pochi giorni dalla bella mostra "Intrecci" allestita all'ex lanificio Conte, luogo storico dell'archeologia industriale scledense, Schio ha rinnovato la sua radicata tradizione di città solidale con una nuova esposizione che sarà visitabile fino alla vigilia di Natale, offrendo l'occasione di manifestare concretamente la propria solidarietà nel periodo dell'Avvento. "Arte tessile e oggetti delle Ande", aperta nell'ex panificio Casa vicino alla biblioteca civica, a due passi dal centro storico, è una mostra di oggetti artigianali realizzati a mano da ragazzi e ragazze delle missioni dell'Operazione Mato Grosso in Ecuador, Brasile, Perù e Bolivia. Si tratta di piccoli lavori in legno, ceramica, stoffa, maglioni, tappeti e biancheria per la casa. E tutto il ricavato della vendita sarà destinato a chi li ha prodotti. «Mato Grosso, che a Schio e nel Vicentino si è diramata in modo capillare con numerosi gruppi di volontariato locale, nasce nel 1967 come scommessa ad opera di Padre Ugo De Censi, sacerdote salesiano valtellinese - spiega Rosanna Stefani, volontaria scledense dell'associazione - Egli convince un gruppo di ragazzi a recarsi nella regione brasiliana del Mato Grosso per aiutare un missionario, Pedro Melesi, nella costruzione di una scuola. Padre Ugo non riesce però ad accompagnarli, perché malato. L'idea, semplice e spontanea, si rivela un successo al di là di ogni aspettativa. Al ritorno dalla missione i ragazzi iniziano a formare dei gruppi in Italia e attraverso il lavoro volontario, raccolte di ferro, carta e indumenti usati, lavori agricoli, trovano i fondi per le spedizioni future. Negli anni successivi l'Operazione amplia il suo raggio di azione aprendo missioni in Ecuador, Bolivia e in Perù. Nel 1976 Padre Ugo si stabilisce definitivamente a Chacas, un paesino della Cordigliera Blanca peruviana a 3.500 metri di altitudine».
Così negli anni tanti ragazzi si appassionano all'avventura di aiutare gratuitamente i più poveri. In Italia i gruppi esistono in varie regioni e il motto è «lavorare anziché chiacchierare». Alcuni punti fermi rimangono l'attenzione ai giovani e ai poveri, l'amicizia, la semplicità, la capillarità. «Ogni gruppo si ritrova nel tempo libero per svolgere lavori vari, sgomberi, traslochi, raccolta di ferro - prosegue Stefani - e nei periodi più lunghi di vacanza organizza campi di lavoro per la costruzione di rifugi nelle Alpi, i lavori agricoli, le imbiancature. Sono esperienze di lavoro manuale e anche di condivisione dei valori della vita, vissute in allegria e amicizia. Nel corso degli anni intanto altri gruppi si sono formati con persone adulte che si occupano di raccolta di viveri, di isole ecologiche e bancarelle dell'usato, di sistemazione e vendita di mobili e artigianato femminile prodotto nelle missioni. Giovani e adulti lavorano in forma gratuita e si autotassano per le varie necessità, in modo che il ricavato vada interamente ai più poveri».
Attualmente sono più di cento le missioni in Brasile, Ecuador, e Perù. Sono sostenute da volontari che si trasferiscono come singoli o con la famiglia, alcuni anche per rimanere. «Sul posto questi volontari offrono gratuitamente servizi importanti, come le scuole di formazione professionale per falegnami, scultori, restauratori, magliaie, tessitrici e ricamatrici - afferma Stefani - O in campo sanitario, con la costruzione e gestione di ospedali e di ambulatori medici gratuiti per i poveri e di case per l'assistenza ai portatori di handicap e agli anziani. O ancora nell'assistenza all'infanzia, con orfanotrofi e strutture di accoglienza per bambini abbandonati».