NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Sintonizzati sulle Sorelle Marinetti

di Elena De Dominicis
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Sintonizzati sulle Sorelle Marinetti

Avete partecipato all'ultimo Sanremo, che è stata un'edizione travagliatissima per molti motivi con gente che con la musica non c'entrava niente, a cominciare dai partecipanti, ma anche nella conduzione eccetera. Voi avevate già molto successo prima, dopo Sanremo ancora di più. Se la gente viene a vedere uno spettacolo come il vostro, vuol dire che la qualità in tv paga. Com'è che non si riesce a vedere musica di qualità o divulgazione musicale in tv?

M.L.: «La partecipazione con Arisa ci ha portato una popolarità in più: molte persone che sono venute a vederci dopo Sanremo non sapevano cosa aspettarsi nel senso che comunque, molto spesso, la tv , per un fatto di tempi e di dimostrazione delle cose, non ti fa capire cosa sia il prodotto che stai vedendo. Il nostro è un prodotto teatrale e musicale, ci vorrebbe uno spazio apposta. Forse c'è la mancanza di spazi in televisione, però la qualità c'è anche, ma è difficile trovarla».

A. A.: «Secondo me è anche un problema di costi, di budget e la tv è cambiata molto: ha dovuto stringere sempre di più e la qualità costa».

Si, ma stringendo viene dato spazio al mainstream di bassa lega.

A.A.: «Ma alle cose anche non dico improvvisate, ma raffazzonate, dove metti in piedi cose provate poco. A me la cosa che dà più il nervoso e che mi rode, forse anche dato il mio passato di ballerino, è quando vedo i balletti in televisione e i primi piani sui ballerini, che non servono a niente. Non c'è il tempo di provare i balletti con le telecamere, ora le prove vengono fatte di corsa perché costano e quindi bisogna tagliare tutto».

Nel nuovo album "Signorine Novecento", portate avanti la ricerca sul Trio Lescano. Ci sono altre realtà di quell'epoca che vi piacerebbe indagare, come per esempio la musica napoletana, sempre caratterizzando in chiave swing?

N.O.: «Se c'è l'occasione, sì. In realtà, due anni fa, abbiamo vinto il Premio Carosone, con un brando appunto di Carosone, riarrangiato, che si chiama "Amaramente". Era un pezzo in italiano, ma apparteneva alla tradizione napoletana. Se ci sono occasioni in cui poter valorizzare il nostro lavoro, senz'altro. Ma è la musica stessa degli anni '30 ad essere di qualità quindi noi siamo fortunati in quel senso».

Voi avete anche uno spettacolo natalizio che portate in scena a dicembre. Questo comporta un lavoro maggiore, sia di ricerca che di tecnica, anche perché fare uno show di sole canzoni di Natale vuol dire attingere anche ad altre epoche e altre culture musicali: l'orchestra è più improntata sul repertorio italiano.

M. L.: «Devo dire che in questo ultimo anno ci siamo orientati anche verso un repertorio più esterofilo perché ci piaceva ricercare anche cose diverse. Per quanto riguarda lo spettacolo di Natale, per noi è un'occasione per stare sempre al passo con lo studio, cosa che facciamo sempre anche adesso che siamo in tournèe, con il Maestro Schmitz e parte dell'orchestra, per tenerci in allenamento con la voce e con e anche con il feeling con i musicisti. Quindi anche preparare dei nuovi brani, che magari tieni in cantiere e non li usi subito, ti permette di rimanere sempre sull'attenti e non perdi mai quella freschezza e quella ricerca vocale che ti permette anche di crescere mano a mano nel tempo».

A.A.: «L'Orchestra Maniscalchi, quando fa i suoi dischi e i suoi spettacoli, si attiene più a un repertorio italiano, però quando sono con noi fanno anche delle cose americane o comunque straniere».

Quindi nello spettacolo natalizio ci sono anche cose straniere?

A.A.: «Eh ovviamente sì, facciamo anche delle rivisitazioni ,sempre in chiave anni '30. Del brano reso famoso da Mariah Carey "All I want for Christmas is you"».

Le sorelle Boswell e le Andrews Sisters vivevano tutte in America , il canto armonizzato nasce lì, negli anni '20. Effettivamente che origine ha il canto armonizzato?

Christian Schmitz: «Secondo me è un tentativo di dare una freschezza armonica nuova a una linea di canto: tutte le orchestre avevano un cantante, uomo o donna, che cantava il ritornello e poi l'orchestra variava, faceva gli assoli eccetera. Poi si è sentita l'esigenza, con la nascita e lo sviluppo del swing, di dare uno spessore diverso a quella linea singola: all'inizio erano 2, 3 o 4 componenti dell'orchestra che si alzavano, si avvicinavano al microfono e armonizzando cantavano. In generale queste voci vengono trattate come se fossero una sezione di fiati, il modo in cui si scrive è identico a quello che si usa per scrivere una parte di trombe».

 

nr. 43 anno XV del 27 novembre 2010

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