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Ario Gervasutti, attuale direttore del Giornale di Vicenza, dalla fine degli anni Ottanta ha lavorato per dodici anni al "Giornale" come cronista, caposervizio agli Esteri, responsabile degli Interni e caporedattore all'Ufficio centrale. Negli ultimi dieci è stato inviato speciale del "Gazzettino" e in tale veste ha seguito anche i principali avvenimenti politici, di cronaca e di costume che hanno segnato il Nordest. Il suo primo libro, che condensa i tanti anni di lavoro sulla cronaca nera veneta, è "Le verità sforiate" (misteri veneti, omicidi senza colpevoli) (Mursia), in cui, come scrive l'autore nell'introduzione, «è difficile che la cronaca si trasformi in storia. La cronaca ha tempi stretti, è un caffè veloce che si gusta al bancone di un bar: pochi minuti e via, si passa ad altro. Non ci fermiamo a pensare che sui fogli di giornale restino impresse le vite della gente, resta la traccia di ciò che siamo. O ciò che siamo stati. I giornali del giorno prima finiscono nel cestino della carta straccia, o vengono usati per pulire i vetri: l'archivio è solo per gli addetti ai lavori». Così accade che vicende per le quali ci si è appassionati, storie che per giorni hanno attirato l'attenzione o la curiosità di migliaia di persone scompaiano di punto in bianco dalla scena e resti senza risposta una domanda semplice semplice: «Com'è andata a finire?». «Spesso è andata a finire male - continua Gervasutti - La cronaca nera non si affronta con il sorriso sulle labbra: sono sempre, comunque le si guardino, "cattive notizie"».
La fiamma della giustizia
Un omicidio significa che c'è un morto e c'è un assassino; che le loro vite e quelle di parenti e amici della vittima e del carnefice sono rovinate per sempre. Eppure anche nel buio di queste tragedie c'è sempre una piccola fiamma, dapprima lontana e a volte molto, molto vicina: la Giustizia. È lei che può trasformare la cronaca in storia, e darle un finale meno amaro. La Giustizia è sinonimo di verità, e la verità non sempre si raggiunge: a volte si sfiora. Le dieci vicende raccontate in questo libro non hanno raggiunto la verità: la Giustizia si è arresa prima. C'è un dato che accomuna tutte le dieci storie: la verità è lì, a portata di mano. Gli uomini e le donne che l'hanno cercata la possono vedere, quasi sfiorare. Sono persone che impiegano anni della loro vita a mettere insieme i pezzi di un mosaico: in molti casi il loro impegno è frustrato dal limite delle leggi, hanno la consapevolezza di aver visto la verità senza poterla toccare. Hanno fatto il possibile, sanno chi è l'assassino, ma manca l'ultimo pezzo del mosaico, quello che consentirebbe a un giudice di emettere una sentenza di condanna.
Un libro per i giornalisti
«E allora la cronaca si ferma, non diventa storia, non racconta il finale. Ma non per questo è inutile. È grazie alla cronaca, infatti, se la vita di una persona che ha incrociato un assassino non si ferma solo al ricordo di chi le ha voluto bene. Grazie alla cronaca è possibile non dimenticare, è possibile farsi un'idea di ciò che è accaduto. È possibile rivolgere un pensiero di rispetto verso chi è morto per mano di un omicida. Ma il rispetto va anche nei confronti di chi spende la propria vita per tentare di rendere giustizia e di chi è testimone e osservatore di questi fatti, e li racconta con onestà. Perciò questo libro è dedicato a magistrati, carabinieri, poliziotti, investigatori che in Veneto, come in molte altre regioni d'Italia, non si fermano al primo ostacolo. E ai giornalisti, in particolare a quelli del "Il Gazzettino" ai quali va il mio ringraziamento: l'archivio è la prova della loro correttezza, disponibilità, tenacia. Con la speranza che la verità si faccia sempre raggiungere».