Questa volta è andata bene. L'alluvione non ha colpito in maniera significativa il patrimonio artistico di Vicenza, che per la maggior parte è di proprietà del Comune e della Diocesi. Certo, l'esondazione ha causato danni ad Araceli Vecchia, San Nicola e i Carmini, ma non ha toccato i quadri, danneggiando, al contrario, pesantemente i banchi di legno, gli impianti, gli organi. La melma, piuttosto, ha causato una situazione di umidità che ha impregnato le tele, caricandole di un odore nauseabondo. Diluvio a parte, quadri, affreschi, statue, stampe, non sono però completamente al sicuro. Anzi. Il nemico più implacabile è il tempo. E la cura ha un nome: restauro. Anche se a Vicenza esiste una risorsa non troppo costosa che si chiama Engim, spesso i soldi mancano ed il numero delle opere è altissimo. Il solo museo Diocesano ne ha censite 65 mila, molte delle quali necessiterebbero di un intervento. Che fare? La soluzione di impegnare maggiormente i laboratori di restauro sarebbe a portata di mano, e potrebbe recare benefici sia all'occupazione che al turismo. Il percorso non è però del tutto in discesa. Ne abbiamo parlato con il presidente dell'Engim Veneto, don Renzo Dalla Vecchia, e con il direttore del Museo Diocesano monsignor Francesco Gasparini.
I due interventi più recenti della scuola di restauro dell'Engim Veneto, che ha sede a Cavazzale (mentre la sede vicentina dell'Engim è al Patronato Leone XIII), sono stati la riparazione della tela raffigurante il martirio di sant'Eurosia e quello degli affreschi nella sala delle sfingi di palazzo Cordellina, condotti da due formatrici del corso. La scuola, che proprio il mese scorso ha festeggiato i vent'anni di attività, ha però messo in piedi 36 cantieri in un ventennio, circa un cantiere all'anno, autofinanziati con interventi Regionali e Comunali. «Un cantiere può valere circa 30 mila euro - spiega don Renzo - ma con la scuola di formazione, che opera sui dettagli e sul contorno delle opere da restaurare, il risparmio è di circa un quarto del costo di mercato». Il risparmio è principalmente sulla manodopera. Ogni cantiere, che è sempre approvato e controllato dalla Sovraintendenza dei Beni Culturali, mette infatti al lavoro i formatori e gli allievi di una scuola che dal 2003 sopravvive grazie ai contributi del fondo sociale Europeo e Regionale. «Il restauro - continua il direttore - parte sempre da un progetto positivo e con la massima serietà da parte del formatore. Partire con un cantiere vuol dire mettere in moto una macchina molto importante di organizzazione e realizzazione».
Ogni anno la Regione attiva solo dieci corsi formativi in tutto il Veneto e tra questi c'è anche il Laboratorio delle professioni del restauro dell'Engim come Scuola di Restauro della città di Vicenza. L'iscrizione è gratuita e la scuola, che dura tre anni, è sostenuta da un fondo di rotazione erogato dalla Regione attraverso il Fondo Sociale Europeo, che viene affidato in base a dei parametri ben precisi quali, ad esempio, il numero di iscritti. Se la scuola raggiunge un numero stabilito il corso parte. Ma non è l'unica incognita. L'approvazione di un finanziamento è infatti pure legata alla disponibilità sia della Regione che dell'Europa e l'avvio non è automatico: bisogna sempre attendere il nulla osta da Venezia. La giunta Regionale, negli ultimi anni, ha un po' stretto i cordoni della borsa, ad esempio alzando il numero minimo di partecipanti per attivare il corso, ma non incrementando di conseguenza l'importo del fondo, e lo stesso Comune di Vicenza si sta tirando indietro. Da una parte la ripartenza non sicura della proposta annuale e dall'altra la mancanza di altri aiuti economici del pubblico rendono quindi la vita dell'Engim un po' precaria. A questo si deve aggiungere il fatto che lo stesso Comune, complici patto di stabilità, crisi economica e anche la recente emergenza causata dall'alluvione, stenta a concedere aiuto per nuovi cantieri. Palazzo Trissino di solito interveniva pagando i ponteggi e le spese eccezionali, ma questa progettualità, attualmente, si è un po' bloccata. Non per niente lo stesso don Renzo ha recentemente lanciato una campagna dal nome "Sono interessato al restauro della chiesa di San Faustino" con la quale chiede un aiuto a pubblico e privato per riuscire ad aprire i lavori di restauro della facciata della chiesetta, uno di quei lavori che Renato Cevese sperava vedere compiuti. «Da parte di Engim offriamo la manodopera, ma non abbiamo i fondi - spiega don Renzo - per questo ci rivolgiamo alle associazioni interessate, magari anche all'Aim, a cui chiediamo i ponteggi»