NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Patrimonio artistico, la cura è il restauro

di Pietro Rossi

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alluvione

Le opere rimesse a nuovo non sono infatti solo di proprietà della diocesi; due quadri della Via Crucis del 700, che hanno subito un intervento vengono ad esempio da Santa Corona. E Santa Corona è di proprietà del Comune di Vicenza. «Un grande servizio per la società civile - aggiunge il monsignore - Per consegnare il patrimonio artistico a chi viene dopo di noi abbiamo bisogno di operare dei restauri». Il fatto è che anche i Beni Culturali, con un numero così enorme di reperti storici su cui mettere mano, deve necessariamente operare delle scelte. Non si può intervenire su tutto, anche perché servono i soldi. E spesso non ce ne sono abbastanza. Inoltre, si cerca di dare la priorità ai capolavori degli artisti maggiori - e Vicenza ne possiede parecchi - lasciando in secondo piano opere "minori" di tre, quattro secoli fa, che però hanno segnato e spiegano la storia non solo di una diocesi, ma anche di una società. Molte di queste, con l'usura del tempo, lasciate nelle cantine delle chiese, non hanno resistito all'usura del tempo e sono andate danneggiate. «Un patrimonio che rischia di andare in malora perché non c'è la possibilità di sostenere le spese di restauro - chiosa Gasparini - La Regione Veneto ha tagliato il tagliabile, ma a restaurare i quadri si impara in bottega, in botteghe come quella dell'Engim e penalizzare questo istituto è una grave perdita». Anche perché, secondo il direttore, non ci sarebbe solo la soddisfazione e l'impegno civile di preservare un aspetto storico della città e della provincia di Vicenza, ma anche lo possibilità di usare queste risorse per l'offerta turistica: «Un patrimonio dignitoso e bello porterebbe di sicuro ad avere delle entrate non indifferenti con il turismo e per il futuro questo è un settore che può dare molto, anche dal punto di visto economico e occupazionale, ma purtroppo fino ad ora questo patrimonio è stato sottovalutato e dimenticato, se non in certi casi bistrattato».

E la chiesa? Non potrebbe intervenire? «La diocesi ha il suo bel da fare, ci sono 600 chiese da gestire, anche chiese del '500, del '600 e del '700 che avrebbero bisogno di interventi importanti - conclude Gasparini - se una chiesa ha bisogno di mettere a posto il tetto che sta crollando, il quadro naturalmente aspetta ed il restauro delle opere d'arte secondarie avviene in seconda o terza battuta. E poi adesso con l'alluvione abbiamo avuto gente che ha perso tutto, sinceramente sono loro la priorità, le altre cose ci preoccupano poco, possono aspettare».

 

nr. 45 anno XV dell'11 dicembre 2010

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