NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Nel quarto anniversario della morte un ritratto di Scapin e della sua Vicenza

di Mario Bagnara
mario.bagnara@fastwebnet.it

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Nel quarto anniversario della morte un ritratto di

Una maschia gioventù

Una maschia gioventù invece, quinto e ultimo tra i romanzi, è sicuramente il più "vicentino", quasi interamente ambientato nel capoluogo. Il racconto del protagonista Edoardo muove non dal cuore della città, ma dall'"unghia azzurra» del Lago di Fimon sul quale "il congegno" americano che «si sta accampando a Vicenza", ha piazzato due motoscafi da ricognizione. Per lui il Lago di Fimon con i colli che lo circondano, é un rifugio prediletto ove trovano appagamento la sua passione per la botanica e il suo amore per la natura. Ma Edoardo ha anche la sua casa in città, distribuita su tre lati, forse in centro storico, con la cui descrizione, da io narrante, introduce il lettore in città subito dopo l'arrivo degli americani i quali, finita la guerra, consolidano la loro presenza con la costruzione del "villaggio".

Nel suo racconto in flashback, Edoardo ritorna anche al periodo del corso di allievo ufficiale, alloggiato nella Caserma del 57° Fanteria (Caserma Chinotto), a ridosso della quale, nell'attuale area di Via Medici e Via Lamarmora, si trova l'enorme Piazza d'Armi ove si tengono le esercitazioni e le suggestive parate fasciste della "maschia gioventù". Qui in particolare la conquista italiana dell'impero di Abissinia viene celebrata con grandi manifestazioni organizzate dallo zio gerarca fascista, farmacista di Piazza dei Signori.

Particolarmente toccante è la descrizione che Edoardo, tornato dalla prigionia a Marrakesh, fa della sua città distrutta dalla guerra: «La farmacia non esiste più, distrutta dalle bombe. I miei genitori, lo zio, al suono delle sirene d'allarme non si erano affrettati a correre nel rifugio, intrappolandosi nel caseggiato bombardato. Scavando tra le macerie hanno trovato i loro corpi straziati... Cammino lungo il Corso, vedo sempre palazzi e case distrutte. "Opera dei liberatori", leggo in giro... Mi incammino lentamente per la piazza dei Signori, le bombe hanno scavato una voragine immensa... La Basilica palladiana é scoperchiata. La carena di rame che la copriva, si é come accartocciata bruciando».

 

Cattivi pensieri

Dopo Una maschia gioventù, Scapin ritorna alla raccolta di racconti: trentasei, suddivisi in tre parti.

Vi riemergono gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza, trascorse in modo spensierato e avventuroso in una città animata da facchini, fruttivendoli, venditori ambulanti, mediatori..., una specie di "teatro all'aperto" in pieno centro storico, da lui contemplato per lungo tempo, magari seduto inoperosamente davanti al bar Firenze gestito dai genitori. Fra i suoi ricordi divertiti anche le esperienze di svogliato studente universitario alla Ca' Foscari di Venezia, "troppo goliardo" e distratto da altri allettamenti, per potersi laureare; ma questo "fallimento" scolastico non gli impedisce di essere amico di scrittori quali Neri Pozza, Eugenio Montale, Giovanni Comisso e Goffredo Parise.

 

I magnagati

La "vicentinità" di Scapin trova pieno coronamento nell'ultima sua opera, l'ottava della serie, I magnagati del 2001, un'antologia di trentotto racconti che trae il titolo proprio dal primo in cui riferisce un curioso episodio che si presenta con tutta la parvenza di evento storico. Al tempo di Francesco Barbaro (1395-1454), un dotto umanista che, vicario della Serenissima, fu podestà di Vicenza nella prima metà del ‘400, per risolvere il grave problema del sovraffollamento di pantegane nella città di Venezia, si pensò di ricorrere con decreto alle abbondanti risorse feline vicentine. Disubbidienza totale: i vicentini non rinunciarono per nessuna osella veneziana ai loro "domestici, gustosi felini".

Ecco allora, nella prima sezione intitolata Storia alimentare, la musica del vino dopo la vendemmia, la cioccolata bollente di Monte Berico, le ciliegie di Castegnero, la caccia ai colombi della Basilica, la riscossa del pennuto (il pollo), l'elogio del latte e dei formaggi. Insieme con le cose ritornano anche le figure care, in particolare quella del nonno. A Scapin però, laudator temporis acti (gratificato narratore del passato), non sfuggono i problemi alimentari della quotidianità, come la "bovina pazzia", i "rombanti trattori" degli allevatori, ma non sfugge alla sua osservazione nemmeno la cena di Corso Palladio alla quale consiglia di «selezionare poeti e scrittori che nobilitino la serata».

Ma è nella seconda parte di questa simpatica antologia, Topografia gastronomica, che Scapin, Venerabile Priore della Confraternita del Baccalà, rivela tutta la sua cultura storico-gastronomica vicentina: di ben diciotto locali di ristorazione, sparsi in tutto il territorio provinciale, oggetto di altrettanti racconti, egli ricostruisce la storia talora più che secolare in cui anche le donne rivestono un ruolo importante.

Tra i vari menu, di cui sono diligentemente descritte anche le ricette, trionfa ovviamente il baccalà, rigorosamente e gelosamente alla vicentina, cui è dedicata la terza parte che, giocata fra la storia e l'invenzione fantastica, è intitolata L'epopea del baccalà.

 

nr. 46 anno XV del 18 dicembre 2010

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