NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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La grande intuizione di Renato Cevese realizzata ora da Guido Beltramini

È un peccato che lo studioso non abbia potuto essere presente alla “risoluzione” del Congresso degli USA che riconosce l’influenza del Palladio nell’arte Nord Americana

di Giuseppe Brugnoli

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La grande intuizione di Renato Cevese realizzata o

È un peccato che il prof. Renato Cevese sia morto, quasi novantenne, solo tre mesi prima della "risoluzione" concertata tra il Congresso e il Senato degli Stati Uniti d'America in cui, dopo una serie di "considerato" si riconosce di Andrea Palladio, nel cinquecentesimo anno dalla nascita del grande architetto, «la sua immensa influenza sull'architettura degli Stati Uniti». E così lo studioso vicentino, riconosciuto unanimemente come il padre della riscoperta di Palladio nel ventesimo secolo, ma docente di storia dell'architettura non all'Università di architettura di Venezia, ma a quella di ingegneria di Padova, riceva il premio, postumo, della sia lunghissima attività per la valorizzazione del Palladio e la salvaguardia delle ville venete. È una lapide insigne, sulla sua tomba, considerando che alla sua morte nessuno, fuori della natia Vicenza, l'ha ricordato, quasi fosse un modesto «cultore della materia» a livello provinciale, e non importa che la gloria e l'orgoglio per un riconoscimento così importante ricada oggi su chi l'ha avuto dopo averlo propiziato, il Centro internazionale studi di architettura Andrea che proprio Cevese aveva fondato e diretto per tanti anni, e che oggi ha la presidenza di Amalia Sartori e la direzione di Guido Beltramini.

Come dice l'Ecclesiaste, c'è chi semina e c'è chi raccoglie, ma sarebbe ingiusto affermare che gli attuali reggitori del Cisa hanno raccolto la messe seminata da Cevese tanti anni fa. Essi hanno soltanto ripreso e portato avanti, fino alla soluzione di questi giorni, una formidabile intuizione che fu di Renato Cevese negli anni Cinquanta del secolo scorso, quando capì che la valorizzazione di Andrea Palladio insieme con la salvazione delle ville venete doveva allargarsi a comprendere la grande eredità palladiana nel mondo, e fondò quel suo Centro di studi di architettura che non per niente fin dalle origini porta nella sigla l'aggettivo "internazionale". Fu una grande invenzione, quel Centro, anche se, rispetto alle centrali della cultura ufficiale italiana, fu periferico, appunto a Vicenza, e tutti ricordiamo la lieta meraviglia non soltanto a Vicenza nel vedere, nei primi anni Cinquanta, schiere di studiosi e studenti statunitensi negli stages ospitati a Villa Cordellina Lombardi di Montecchio, quasi un augurio per una alta scuola di architettura, davvero a livello internazionale, che Vicenza avrebbe potuto e forse dovuto degnamente ospitare. Era il momento in cui Palladio, nume indigeno in un cielo ristretto tra le ultime propaggini venete delle Alpi e i colli vulcanici Berici ed Euganei, poteva rifulgere in un firmamento mondiale, che vedeva gli esiti del Palladianesimo affermarsi negli Stati Uniti e in Russia, in Sudafrica e in Inghilterra e Polonia. In sostanza, non se ne fece niente, e anche il Centro internazionale rimase un selezionato ed eletto gruppo di addetti ai lavori, che più o meno una volta all'anno celebrava solennemente i suoi riti un po' esoterici, almeno nell'accezione corrente di chi, soprattutto tra i politici di casa e fuori, continuava a considerare l'architettura come un vezzo solitario di impresari edilizi ammalati di grandeur.

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