NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Non solo foto, ma anche liriche nel nuovo libro di Tommaso Cevese

Prefata dai prof. Augusto Serafini, Dario Vivian e Mario Richter la pubblicazione dell’autore vicentino dal titolo “Stanze della mente”, alterna alle immagini una ricca serie di personalissime poesie

di Gianni Giolo
giolo.giovanni@tiscali.it

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Non solo foto, ma anche liriche nel nuovo libro di

«Questo libro di Tommaso Cevese mi ha davvero riempito di stupore - scrive il prof. Augusto Serafini - soprattutto per la coabitazione eccezionale di poesia e fotografia, due nobili arti che di solito stanno separate. Ma la stupefazione ci è data in particolare da un altro fatto: che l'autore delle poesie e delle fotografie è la stessa persona». Ecco una novità nelle numerose monografie fotografiche di Tommaso Cevese, un mago e maestro della fotografia, da "Monte Berico" (1991), "A Valdimolino" (1991-2004), "Vicenza, città nobilissima" (1993), "Vicenza fra architettura e paesaggio" (1994-2004), "Vicenza, guida alla provincia" (1995), "La Chiesa e il monastero di San Rocco a Vicenza" (1996), "Marostica e il suo territorio nel Duecento" (1998), "Toara" (1998-2004), "Luci di un altopiano, Tonezza e i Fiorentini" (1999-2003), "Vicenza, Vicenza" (2000), "Vicenza, la provincia preziosa" (2000), "La Chiesa e il monastero di San Tomaso" (2001), "L'anima dei Berici" (2003), "Vicenza, ritratto di una città" (2004), "Stagioni al rovere" (2006), "Villa Godi Piovene" (2007), "Storie e stagioni, Villa Velo-Guardini a Isola Vicentina" (2010), "Verona, la città e il territorio" (2010). La novità di questo libro "Stanze della mente" (poesie e immagini") (Tassotti Editore) rispetto alle precedenti è questa eccezionale unione di fotografie commentate da liriche dello stesso autore. «Io conosco e ammiro - continua il prof. Serafini - da tanti anni la bravura riconosciuta di Tommaso come fotografo e il suo sentimento poetico della natura; in lui la fotografia diventa arte e poesia, tanta è la significazione lirica che egli sa dare a quello che ritrae».

 

Lo scafandro e la farfalla

«Non lo conoscevo invece come poeta, e qui lo vedo animato da un'ispirazione molto spesso commovente, che gli detta scene inobliabili, come nella poesia "Lo scafandro e la farfalla", dedicata al padre, morto privato della parola e imprigionato per lunghi mesi come dentro a uno scafandro». Leggiamo questa poesia altissima che dà voce al vasto e inattingibile mistero della vita e della morte e dove il dolore chiuso e impenetrabile si apre a immagini di straordinaria bellezza e inviolata trasparenza: «Vola la farfalla / leggera / nell'aria chiara di luce. / Tu / nella nera prigione / di un corpo senza voce / tutto ascolti e comprendi / ma il tuo profondo sentire / non s'ode / nello scafandro / che t'avviluppa crudele. / Il respiro / senza parole / lo sguardo incredulo di tanto castigo. / Gorgoglia nell'antro profondo / si dibatte nel chiuso della mente / l'urgenza del tuo dire impotente. / Mondi inespressi / celati nel cuore / vorrebbe urlare l'animo muto. / Una mano sola / scavata dal tempo / s'agita invano / nello spazio vuoto / a tracciare il senso / d'un verbo perduto».

 

Occhi disperati di pianto

«Occhi disperati di pianto / stanchi ma vivi / più espressivi di sempre / si posano su volti amati e vicini. / Minuto passero smarrito / stai volando sempre più lontano / consegnando all'urna del silenzio / il segreto prezioso / dell'ultimo addio. / Una lacrima mi bagna il cuore. / Ma non voglio tu veda dolore / solo un sorriso d'amore. / Dal baco di un corpo consunto / rinasce l'angelica farfalla. / Diafano volo / d'ali lucenti / si libra tra il cielo e la terra / e sale lassù / oltre le nubi e il sereno / a contemplare l'eterna Bellezza / che attende ogni uomo». Il padre Renato che ha dedicato tutta la vita al culto del bello nell'arte ora, attraverso il muto dolore, è pronto a contemplare Dio che è eterna Bellezza, eterno Bene ed eterno Amore. La lirica si snoda in versi ora lunghi, ora brevi, ora morbidi, ora incisivi, quasi epigrammatici in un disteso abbandono alla ieratica serenità della morte, vista come un'apertura verso l'infinito e un approdo di pace e di mistero. Cieli, mari, colline con una particolare predilezione poeticamente felice per le atmosfere crepuscolari e per il trascolorare delle figure e delle ore: il lampeggiare furtivo delle ombre, la condensazione di tempi diversi, con il passato che ridiviene presente, uomini e animali stagliati in una loro inquietante assolutezza, epifanie indelebili come il volo di gabbiani nella luce azzurrina della sera.

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