NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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La rassegna “Il senso dell’ordine” propone due giovani artisti ad AB23

Nello spazio presso la Chiesa dei SS. Ambrogio e Bellino, Matteo Fato e Maria Elisabetta Novello presentano le loro opere con un saggio della curatrice Stefania Portinari

di Resy Amaglio

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La rassegna “Il senso dell’ordine” propone due gio

Espongono a Vicenza fino al 30 gennaio due giovani autori, Matteo Fato e Maria Elisabetta Novello, per la prima volta allo Spazio AB23, presso la chiesa dei S.S. Ambrogio e Bellino.

La mostra è curata da Stefania Portinari e argomentata in maniera coinvolgente sin dal titolo, Il senso dell'ordine, ripreso da un saggio di Gombrich ad indicare un contenuto culturale egualmente condiviso da psicologia e arte: vale dunque la visita, per l'essenziale allestimento e per il tema che, sebbene non nuovo in assoluto, rappresenta una novità rispetto all'ambiente con il quale si pone in relazione.

Entrambi di formazione accademica, Fato a Urbino e la Novello a Venezia, gli artisti sono impegnati sul versante di una contemporaneità di ricerca e sperimentazione non occasionali, come emerge anche dalle loro interviste rilasciate per il catalogo a Daniele Capra.

Guardando in prospettiva al rapporto tra l'antica architettura religiosa e la struttura di recente inserita all'interno con l'indicazione di "contenitore per il contemporaneo", Matteo Fato ha creato una doppia installazione, nella quale declina in delicato equilibrio componenti diverse, forme mobili che appaiono e scompaiono proiettate sulle pareti, supporti lignei per immaginari volumi, luminose geometrie al neon: il tutto immerso in un pacificante diffuso cromatismo blu-violetto, in un linguaggio minimale peraltro eloquente.

Ragion d'essere di questa creazione è la riflessione avviata dalla presenza di un dettaglio architettonico, l'oculo situato sul transetto della chiesa in una sorta di specularità rispetto al piccolo rosone della facciata e ripetuto poi sopra l'ingresso e l'uscita del cosiddetto contenitore. L'artista procede da questo spazio dell'assenza, negativo eppure concretamente ideato e costruito, per articolare con criteri visivi ed emotivi strettamente interdipendenti gli elementi dell'installazione, che impalca in geometrie pulsanti di luce fluorescente e immerse nel colore, sfumato dalle pareti al pavimento al soffitto: ne nasce una catena di impressioni mutevoli che si moltiplicano all'infinito, trasformando il senso dell'ordine in un'organizzazione mentale altalenante tra visione e concetto.

Inoltre, il continuum tra la realtà classica dell'edificio e l'architettura fittizia del contenitore porta a percepire l'insieme sotto il duplice aspetto del tempo e dello spazio, accomunati da un perenne scorrimento.

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