NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Giacomo Zanella, ovvero il poeta dell’Unità d’Italia

di Gianni Giolo
giolo.giovanni@tiscali.it

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Giacomo Zanella, ovvero il poeta dell’Unità d’Ital

A Dante Alighieri

Il poeta espresse il suo amore per l'Italia nel 1865 nella poesia "A Dante Alighieri", che diede origine alla poesia e alla cultura italiana, e nella quale ricorda "l'italica fortuna", nonostante le avversità del tempo, e nel 1866 partecipò al comitato segreto del comitato politico centrale veneto di Torino diretto da Ferdinando Coletti. Nel 1866 egli pronunciò, nella cattedrale di Vicenza, il discorso "Nelle solenni esequie pei caduti nelle guerre del Risorgimento", alla presenza del vescovo Farina, in cui precisò che gli avvenimenti del 1848 sono stati possibili per «la concordia allora fra Stato e Chiesa o meglio fra popolo e il sacerdozio» e per l'azione di Pio IX che benedisse i soldati d'Italia: «Dalla cattedra di Pietro era uscita la parola che religione e libertà possono insieme accordarsi; e quella parola, cui non valsero a spegnere le grida di contrarie fazioni, custodita per vent'anni nel cuore degli Italiani, li ha resi baldanzosi, saldi, incrollabili sino a morirne per cacciare d'Italia lo straniero e rivendicare i diritti della propria nazione». I giovani che morirono nel 1848 sono glorificati: «Gloria a loro che morendo lasciarono a noi questa patria, gloria ai fortissimi giovani, che propugnando l'indipendenza d'Italia, assecondarono i disegni di Dio, che ha costituito da sé ogni nazione e che non ha mai legittimato il diritto di conquista, perché contrario all'ordine eterno, che tutela l'economia dell'umana famiglia».

 L'ideale di un'Italia unita

Dal 1848 Zanella perseguì sempre l'ideale di un'Italia unita, come canta nella "poesia rifiutata" dedicata a Fedele Lampertico "Ad un amico abile suonatore di pianoforte" del 1848, nella quale invita il giovane artista ridestare gli inni d'Italia contro i tedeschi: «Fuggente l'Austriaco / d'un ultimo sguardo / saluta dal Brennero / il cielo lombardo: / sul doppio suo pelago / si asside regina / la Donna latina». Le Alpi non devono diventare mai più "malfido schermo", ma devono chiudere l'ingresso allo straniero. L'arte e la cultura italiana non devono più essere obliate o conculcate dal dominio straniero, ma abbiano quel posto che compete loro nel mondo. L'Italia non dovrà essere più quello che Leopardi paventava nella sua canzone "All'Italia": «Patria mia, vedo le mura e gli archi / e le colonne e i simulacri e l'erme / torri degli avi nostri, / ma la gloria non vedo, / non vedo il lauro e il ferro ond'eran carchi / i nostri padri antichi».

 

nr. 03 anno XVI del 29 gennaio 2011

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