NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Un romanzo sulle vittime dell’apartheid in Sudafrica ne “La forma incerta dei sogni” di Leonora Sartori

di Gianni Giolo
giolo.giovanni@tiscali.it

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Un romanzo sulle vittime dell’apartheid in Sudafri

LE VITTIME DELL'APARTHEID. «Quando uscirono di prigione, fuori non c'era il sole e nemmeno un folto pubblico ad attenderli. L'apartheid vomitava fuori le sue vittime liberate, riconsegnate alla vita come un colpo di coda prima di rintanarsi nell'ombra. Erano solo sei in mezzo a molti altri che tornavano in libertà, e moltissimi altri che avevano perso familiari, o erano stati traditi, insultati, picchiati. Era una folla di disperati e sopravvissuti quella che si riversava in quei giorni nelle strade di Johannesburg. Anche se la storia dei sei aveva fatto il giro del mondo, i problemi che dovettero affrontare erano molto normali, diffusi e insormontabili. Difficile trovare lavoro quando hai passato anni a fissare un muro a un metro e mezzo dal naso. E poi a volte le famiglie non avevano resistito. Erano sbrindellate e più naufraghe di loro».

Niente di epico in questi uomini e in questa donna che vanno al cinema, si rimpinzano di dolci, giocano a golf, ridono, parlano, tengono le distanze, fanno tutto quello che fa la gente qualsiasi e se potessero tornare indietro probabilmente quel fatidico giorno del 1984 se ne sarebbero rimasti a casa.

IL RITORNO A CASA. Leo decide infine di ritornare a casa. «Durante il volo di ritorno, dormo il sonno dei bambini che mia nonna chiamerebbe il sonno dei giusti ma, secondo me, è solo un sonno stanco, denso e profondo, che con la giustizia non c'entra niente. Gli occhi si chiudono e il buio arriva come un sipario a fine spettacolo. Sto tornando a casa e non mi è mai sembrata così distante. Nel sonno rivedo le facce di tutti quelli che mi aspettano. Quelli che hanno fatto il tifo in silenzio, quelli che hanno accesa una candela al santuario di Monte Berico, quelli che mi hanno pensato portando il cane o girando tra i boschi, quelli che hanno comprato una cartina del mondo per vedere dove andavo e hanno detto "Laggiù in fondo". Li vedo tutti. Nonni, amici, zii. E poi due in particolare si staccano dal gruppo e si fanno avanti. Li conosco bene. Sono mamma e papà. Che aspettano notizie di un pezzetto di mondo che hanno sempre e solo immaginato, di una cittadina che si chiamava Sharpeville che nella loro mente aveva assunto sembianze distorte, magnifiche, epiche». Ma i sei di Sharpeville non hanno nulla di magnifico e di epico, sono persone normalissime.

NON ESISTONO EROI. «Non esistono - conclude la Sartori - gli eroi. Non davvero. Non come pensavano i miei genitori. Esistono persone che fanno delle scelte e sanno essere coraggiose. Persone che amano Armani e i fast food. Persone con una casa giallo canarino e un ventilatore color oro. Non esistono eroi. Mi dispiace. Ma solo persone meravigliose e fragili, irascibili e distanti, poi fin troppo vicine che sanno toccarti il cuore raccontando una storia luminosa e a tratti oscura, sincera e a tratti distorta, che spiega come si resta vivi».

 

nr. 07 anno XVI del 26 febbraio 2011

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