NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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La campanella non suona tre volte

di Pietro Omerini Zanella
pedro-zanna@hotmail.it

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La campanella non suona tre volte

Dalla direzione del liceo, comunque, arrivano parole concilianti. Il vice preside del Pigafetta, il professor Chiodo, aggiusta il tiro: «Dal secondo trimestre fino alla fine dell'anno, non scatterà più la sottrazione di un voto dalla condotta in modo automatico dopo il settimo ritardo. La decisione presa è quella di segnalare ai genitori dell'alunno la situazione dopo il decimo ritardo e dopo il ventesimo, e così via. Ovviamente, questo genere di provvedimento è equiparabile a una nota sul registro, i professori quindi ne dovranno tenere conto in fase di consiglio di classe. Con il ricorso ai totem, abbiamo voluto arginare il problema dei microritardi, quelli cioè di qualche minuto che provocavano un'entrata a scuola sgranata che disturbava le lezioni. Agli studenti provenienti da zone lontane dall'istituto sono stati dati permessi perché è chiaro che l'entrata in ritardo non sempre dipende da loro. In generale, comunque, posso dire che il nuovo metodo è stato accolto dalla scuola senza grossi problemi. Su 1200 studenti, infatti, solo, quaranta hanno accumulato tanti ritardi da far scendere il loro voto in condotta. Parliamo, dunque, di una percentuale molto bassa. Vorrei anche aggiungere che la puntualità fa parte della condotta e per questo chi fa ritardo deve essere sanzionato, per gli alunni è un insegnamento che prepara al mondo del lavoro dove un ritardo nel timbrare il cartellino equivale a meno soldi in busta paga».

La lotta ai ritardatari, se ben ammorbidita, continua.

Resta da chiedersi, se davvero il metodo migliore sia l'ausilio tecnologico, un meccanismo che certamente rende più precisa la misurazione degli orari di entrata degli studenti, ma che nasconde non poche insidie.

Difficile pensare, da un punto di vista prettamente organizzativo, che la registrazione elettronica possa effettivamente sostituire il famoso appello, quello del: «Presente!» accompagnato da una alzata di mano. Non a caso, anche là dove il cartellino è in uso da anni, c'è sempre chi riesce a gabbare la tecnologia, per conferma chiedere al ministro Brunetta.

Lavoratori poco etici, nel pubblico come nel privato, trovano da sempre espedienti per gabbare la registrazione. Basta un collega complice, un tesserino che cambia di mano, e l'assenza o il ritardo potrebbero non essere notati dal datore di lavoro, o, in un futuro prossimo, dal professore che arrivato in classe e alleggerito dall'onere dell'appello, potrebbe non fare caso ai nomi o al numero degli assenti.

Il problema non sfugge al professor Gaggino, preside dell'istituto Rossi, dove il badge è una realtà consolidata da anni, ma non sempre efficiente. «Non conosco la situazione delle altre scuole superiori - commenta il preside - Il badge è una novità anche per me che sono arrivato qui da una anno, personalmente mi lascia un po' perplesso, non tanto per il problema dei ritardi, che poi dipende anche dalla tolleranza lasciata dal singolo istituto che da noi è di sette minuti dall'orario di entrata. Utilizzando questo metodo si è cercato di scoraggiare i continui ritardi senza danneggiare chi arriva da lontano. Perché un conto è se un ragazzo da, ad esempio, Malo, arriva con qualche minuto di ritardo; diverso se il ritardatario vive, come spesso si scopre, dietro la scuola. In ogni caso, ritardi a parte, non trovo che questa tecnologia velocizzi poi molto il momento dell'appello, anche se potenzialmente potrebbe. Occorrerebbe, infatti, un computer per ogni classe in grado di mostrare i dati sulle presenze e sui ritardi direttamente al professore. Altrimenti, come spesso capita, si perde del tempo nel passaggio dei report cartacei dalla segreteria ai professori che, comunque, devono controllare. In mancanza di controlli, infatti, basterebbe far timbrare il cartellino ad un compagno per risultare presenti in classe».

Non sempre, dunque, la tecnologia semplifica le cose. Nel frattempo, agli studenti ritardatari non resta che provare nuovi metodi per superare quella strana forza, un misto di pigrizia, destino e fatalità, che spesso porta le lancette a correre troppo rapidamente, nella speranza, spesso mal riposta, di non assomigliare mai alla caricatura di un impiegato. Fantozzi, signora Pina e bruttissima figlia Mariangela, restano incubi che, in qualche modo, è meglio lasciare al cinema o almeno alla meno alla facile ilarità del piccolo schermo.

 

nr. 08 anno XVI del 5 marzo 2011

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