NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Quando il teatro è il Paese delle Meraviglie

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Quando il teatro è il Paese delle Meraviglie

Rimanendo in questo ambito, la Regina Rossa ricorda molto le grandi dive degli anni ‘60, donne molto espressive che hanno lasciato un segno nell'immaginario culturale di più generazioni: la prima cosa a cui ho pensato è stata Mina, la Carrà e le grandi attrici e caratteriste che passavano da "Studio Uno"...

R.F.: «Anche "Mille luci"».

In certi momenti viene in mente anche Wanda Osiris.

R.F.: «Come no, certo!»

Come mai sono state scelte le dive del passato?

R.F.: «Probabilmente nel creare questo personaggio, che è stato creato sia sulla mia fisicità che sulle mie qualità vocali, la produzione ha centrato le mie possibilità. Spero con questo spettacolo, ogni sera, di riuscire a riportare in vita, attraverso questo personaggio di donna molto importante, anche dei richiami a queste grandi dive così importanti del panorama italiano».

Domanda per Antonio: in questo musical tu fai il cappellaio matto, che però risulta meno istrionico e malinconico di quello del film di Tim Burton, il tuo è molto più elegante e delicato. L'esperienza come prestigiatore ti ha sicuramente aiutato nell'interpretazione di questo personaggio. Per il canto sembra che tu faccia riferimento a Baglioni. Sei stato tu a scegliere lui come modello o te l'ha suggerito il regista?

A.C.: «Il cappellaio matto, come tu l'hai percepito, non è assolutamente malinconico: vuole arrivare alle famiglie e vuole portare l'incanto e la meraviglia, ecco perché il contrappasso dell'illusionista che è di per sè la memoria del mondo e di chi si dimentica che ciò che accade intorno è meraviglioso. Noi non alziamo il naso per guardare il sole e pensare che sia qualcosa che sta in aria senza fili: l'illusionista moderno è questo, cioè la memoria della meraviglia. Il Cappellaio Matto è uno che non ti deve annunciare che sta per fare una magia, la fa e basta perché la sua vita è magica. Qualsiasi cosa avvenga all'interno della sua scena è frutto di una scelta personale legata a quello che è il mio passato storico, come lo è quello di Roberta che le è molto affine, la visione delle dive del passato, della canzone eccetera. È questo il segreto della naturalezza. Claudio Baglioni per fortuna è una persona che nella mia educazione musicale ha voluto dire tanto perché io ho cantato con lui in almeno 15 concerti, è un caro amico e mi ha formato, ed è un lusso essere formati da uno come lui».

Nei saluti finali, sei autoironico: sembra quasi un riferimento ai servizi di Striscia la Notizia. Ti hanno sempre preso in giro eppure ti hanno dato tanta fama. Quanto questo ti ha portato a migliorarti?

A.C.: «Il fondamento della crescita di una persona è l'autoironia, io l'ho capito grazie ad Antonio Ricci e al cavallo di troia eccezionale con cui lui ha sfondato l'omertà della gente che vedeva la magia come qualcosa di vecchio, atavico e fuori moda. Grazie a quello ho capito come molte volte si può giocare, sapendo fare le cose, su falsi scopi o false direzioni. L'autoironia di mettere la mano nel cappello e di non tirare fuori niente, dopo che hai fatto di tutto, volato, fatto girare teste, è straordinaria perchè vuol dire dare quella leggerezza che serve a ciò che normalmente viene preso con un senso ieratico e molto pesante. Striscia è la dimostrazione che chiunque sappia sorridere quando gli viene additato o discusso qualcosa, ha capito tutto della vita. Chiunque se la prenda e si preoccupi di passare anche un secondo preoccupandosi di ciò che gli altri hanno detto, sta perdendo vita in una maniera incredibile».

Il modo in cui il finale della storia viene messo in scena ricorda lo Schiaccianoci di Tchaikovsky, il regista ve l'ha fatto notare o è stata un'ispirazione naturale e forse involontaria?

R.F.: «Ci sono dei riferimenti per omaggiare intelligentemente alcune meraviglie tratte da altri musical o opere che hanno influenzato la creatività di Ginepro per primo. Il riferimento allo Schiaccianoci può essere involontario, gli altri fanno capire la preparazione culturale del regista».

 

nr. 09 anno XVI del 12 marzo 2011

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