NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Otto storie inedite di otto scrittori per raccontare l’umanità perduta

Il libro, pubblicato dall’editore vicentino Angelo Colla. ripercorre gli “Obiettivi di sviluppo del millennio” del programma ONU e induce il lettore ad uscire dalla consueta indifferenza

di Tommaso Marcato
marcato.tommaso@gmail.com

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Otto storie inedite di otto scrittori per racconta

Quando si parla di "sottosviluppo" e di "povertà nel mondo", nel sentimento comune appare l'immagine di qualche villaggio disperso nel cuore dell'Africa o dell'Asia. Al di là di questa rappresentazione iconografica, suggerita anche dai grandi mezzi di massa come televisione e internet, risulta però difficile immaginare una realtà fatta di persone, di relazioni sociali, di quotidianità. La letteratura può fornire un valido aiuto alla comprensione di questi universi multiformi, di cui spesso si tende ad ignorare la complessità: è questo il caso di «Otto racconti per il Millennio», ultima pubblicazione dell'editore vicentino Angelo Colla. Come suggerisce il titolo, l'opera si snoda attraverso otto brevi novelle, nelle quali vengono ripercorsi gli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio, programma varato dall'ONU nel settembre 2000 per favorire lo sviluppo nelle aree più povere del pianeta. Gli otto racconti (originariamente pubblicati in Francia come Huit Nouvelles nel 2008) portano la firma di altrettanti prestigiosi scrittori di fama internazionale.

Il libro si apre con "La mano aperta", della scrittrice cubana Zoé Valdés. L'obiettivo di sviluppo n. 1 ("eliminare la povertà estrema e la fame") viene illustrato tramite il viaggio di una reporter-documentarista cubana attraverso le strade di Port-au-Prince, capitale di Haiti. La povertà e la miseria, viste da vicino, assumono un significato nuovo e inatteso: anche nelle condizioni più estreme esiste una dignità che dà la forza di superare la fame e le violenze di ogni giorno. Una situazione, quella di Haiti, destinata drammaticamente a peggiorare di lì a due anni (il racconto fu scritto nel 2008, ndr) con il terremoto abbattutosi sull'isola nel gennaio 2010.

In "Scuola chiusa causa genocidio", lo svedese Björn Larsson racconta con crudo realismo le vicende di Mamadou, giovane ragazzo del Ruanda, sopravvissuto allo sterminio della sua famiglia nel genocidio che, tra aprile e luglio 1994, contrappose le etnie hutu e tutsi. Mamadou, assetato di conoscenza, cerca di entrare clandestinamente in Europa: il miraggio di un'istruzione e di una vita "normale" si infrangono però contro un muro di incomprensione e burocrazia. Il finale aperto offre un'amara considerazione sul destino di molte "gioventù negate", private della spensieratezza, della famiglia e di un'adeguata formazione scolastica (punto centrale, quest'ultimo, dell'obiettivo n. 2).

L'uguaglianza tra uomo e donna (obiettivo n. 3) è il tema del terzo racconto, "Come foglie morte", opera della bangladese Taslima Nasreen. La quindicenne Anguri vive con la madre nel piccolo villaggio bengalese di Rasulpur. La sua esistenza è irrimediabilmente segnata dalla miseria materiale e umana: nella cultura popolare di quei luoghi, la donna non può avanzare alcun diritto e alcuna aspirazione; l'unica possibilità di riscatto dalla povertà è unicamente legata al matrimonio («Se la fai sposare avrà di che mangiare e di che vestirsi»). Anguri è una ragazzina intelligente e spregiudicata, per questo mal sopporta la serena rassegnazione con cui la madre accetta l'ingiustizia; il duro confronto con la realtà e con gli abusi intellettuali e sessuali degli uomini la fanno però crescere rapidamente, spingendola ad allontanarsi dal suo piccolo villaggio. L'occasione di una rivalsa alla fine arriverà, ma a quale prezzo?

Il quarto racconto, "I giorni senza sole" di Moussa Konaté, affronta il tema della mortalità infantile. La storia, pur nella sua brevità, narra il disagio e la crescente frustrazione di Badji, nobile decaduto che non riesce a procurarsi il denaro necessario per curare il figlioletto malato Sibiri. Un'alternanza di orgoglio, disperazione e rabbia accompagna l'uomo nella strada verso casa: la vista del piccolo Sibiri lo farà ritornare alla consueta e sconsolata rassegnazione, nella quale «è inutile farsi domande alle quali non c'è risposta».

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