NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Danza che successo! “Punteremo sulla ricerca”

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Danza che successo! “Punteremo sulla ricerca”

Quest’anno abbiamo anche la rassegna collaterale “Luoghi del contemporaneo” che si concluderà a maggio e che permette di sfruttare la sala del ridotto. Che tipo di riscontri state raccogliendo ?

«Sta aDanza che successo! “Punteremo sulla ricerca” (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)ndando abbastanza bene: il ridotto è più facile da vendere perché è un terzo. Ci piacerebbe che venisse un pubblico d’affezione, cioè gente che conosceva Pina Bausch e che l’aveva vista calcare le scene e magari, come nel caso di Ismael Ivo, capace di riempire la sala grande. Con Ismael Ivo ci stiamo prendendo un grosso rischio, perché andare in sala grande vuol dire portare la gente a fare un passo ancora più lungo e avvicinarsi alla Biennale, che è un luogo di ricerca pura».

Il teatro può essere sfruttato per mostre a tema, come è avvenuto per “illustra teatro”. I vari progetti formativi proposti dalla Fondazione, per esempio “Danzare per educare”, come sono stati accolti quest’anno?

«Molto bene, ci sarà di più perché vorremmo utilizzare il foyer e tutto il teatro anche aperto, diversamente da oggi, quindi portando dentro delle mostre, legarlo a un sistema di contenitori che usano tutta la spina ovest. È un progetto che ho in testa e che proporrò ad un tavolo che voglio costruire nei prossimi giorni perché vorrei che ci fosse di più. Noi abbiamo già un lavoro serio con le scuole che sta andando molto bene, vorremmo crescere e portare più gente possibile dentro al teatro».

Come avviene in molti altri tipi di espressioni artistiche, anche nella danza molto spesso vengono create delle coreografie o delle situazioni specificamente per degli ambienti o delle strutture particolari. Si potrebbe quindi dire che la danza si avvale della creatività di voi architetti per poter vivere in determinate situazioni. Anche l’architettura può raccogliere idee dalla danza?

«Io penso di sì, perché hanno in comune due cose assolute, una è la dimensione dello spazio: la danza, come la scultura, è l’espressione di un oggetto nello spazio. La seconda è il tempo: l’architettura sente l’effetto del tempo, siDanza che successo! “Punteremo sulla ricerca” (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)a quello meteorico del giorno che quello del tempo nella sua complessità in senso Schopenhaueriano, sente il tempo che passa. La danza è anche questo: ritmo, scansione, successione e credo che vivano molto bene insieme. A me piacerebbe che non fosse solo la sala grande a essere “contaminata”. La sala grande ha un grande vantaggio: abbiamo un bel palco e un bel retropalco che permettono di fare ciò che abbiamo visto con le scenografie perfette dei Beijing, le luci per i Käfig, la somma delle due cose per i La La La Human Steps, ottimo anche per i Bangarra. Per il classico arriva la scenografia che loro vogliono fare dappertutto, ma per gli altri l’architettura ha offerto loro l’occasione di essere migliori. Quindi l’architettura lavora con l’evento in questi due termini: lo spazio e il tempo».

Si parla spesso di bioarchitettura, di sostenibilità urbanistica, abitativa e ambientale. Oggi, La realizzazione di un progetto architettonico può essere rappresentazione artistica di un momento storico e culturale tanto quanto lo sono le altre arti oppure è soggetta a vincoli più rigidi di altri linguaggi creativi?

«Il problema è che molto spesso, negli ultimi anni, si è fatta pochissima architettura e molta edilizia, che sono due termini da non confondere. Lo dice la parola stessa: nel fare immobiliare c’è una staticità della proposta, se invece si fa architettura si proietta, quindi si projecta e si va più lontani nel tempo. La mia speranza è che in città, anche a merito del mio interessamento e della mia volontà di far diventare il teatro una cosa più partecipata, ci sia questo passaggio da edilizia immobiliare ad architettura tout-court».

 

nr. 13 anno XVI del 9 aprile 2011

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