NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
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Uno studente dello scientifico Paolo Lioy di Vicenza vince il concorso “La scuola e il teatro” della FITA

di Mario Bagnara
mario.bagnara@fastwebnet.it

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Uno studente dello scientifico Paolo Lioy di Vicen

Ecco il suo testo vincitore

 

MOTTO: “Si può resistere all’invasione degli eserciti; non si resiste all’invasione delle idee.”  (V. Hugo)

 

  “Rimorso, sete di vendetta, timore, insicurezza, sono andate in scena il 26 febbraio 2011 al Teatro San Marco nell’ambito del concorso Maschera d’Oro, festival giunto quest’anno alla XXIII^ edizione.

  Il sipario si apre su un palcoscenico illuminato da una fredda luce con una profonda voce che guida lo spettatore nell’ambito storico-geografico in cui si svolgono i tragici avvenimenti della nobile e ormai decaduta famiglia dei Sangro, protagonista nel dramma “La fiaccola sotto il moggio”. L’opera in versi fu edita nei primi anni del secolo scorso da uno dei più noti esponenti del decadentismo italiano, Gabriele D’Annunzio e sabato sera è stata magistralmente interpretata dalla compagnia mantovana “Accademia Teatrale F. Campogalliani”, diretta da Maria Grazia Bettini.

  Lo spettatore viene così calato nell’ambiente borghese di questa casata nei territori di Anversa degli Abruzzi, dove nel periodo del regno di Ferdinando I° di Borbone, ricorre in casa dei Sangro il primo anniversario della morte di Monica, moglie di Tibaldo e madre di Gigliola. Quest’ultima cova dei sospetti riguardanti la scomparsa della cara congiunta, a suo parere assassinata dalla serva Angizia, che nel frattempo è divenuta moglie del padre.

  Proprio tali sospetti sono i principali promotori dell’azione nel dramma, poiché essi durante la tragedia si tramutano in una irrefrenabile sete di vendetta da parte della protagonista Gigliola, interpretata con grande forza dall’attrice Rossella Avanzi. Allo stesso modo il padre Tibaldo, sebbene ne fosse stato prima l’amante e poi il marito, subisce un radicale cambiamento emotivo nei confronti della seconda consorte: quest’ultima vuole svelare la terribile verità sulla vicenda ed egli è divenuto succube del suo ricatto, ma soprattutto prova il profondo rimorso di aver sposato l’omicida della prima moglie. Tale rimorso, che corrode nell’animo e nel fisico, è ben espresso da Diego Fusari, il quale è riuscito a creare nell’interpretazione del personaggio di Tibaldo, l’antieroe del dramma, colui che ha macchiato sé e i suoi posteri di un’atroce vergogna e ne è consapevole.

  Per questi differenti motivi i due protagonisti, il padre e la figlia Sangro, concorreranno allo stesso obiettivo, quello di uccidere Angizia, arrivando però ad uno scontro finale. Gigliola crea i presupposti di un sacrificio per lavare dall’onta della vergogna il nome della casata: si consacra alla madre nel gesto omicida che sta per compiere, attraverso il proprio suicidio e mediante l’accensione di una fiaccola votiva.

  La tragedia si conclude quando la giovane, moritura, scopre che il fatale gesto si è già consumato per mano del padre e capisce che tutto è diventato vano e inutile. Chiede allora alle nutrici che la fiaccola votiva venga soffocata sotto il moggio: la fiaccola però non è solo il ricordo del sacrificio al quale Gigliola si era sottoposta, ma è anche una analogia della verità celata nel cadavere della matrigna, che più volte in vita ha cercato di confessare la complicità di Tibaldo nell’atto nefasto compiuto un anno prima.

  La complicata trama si svolge su uno sfondo lugubre e precario: la perdita dei valori morali, motivo di indagine interiore nel movimento decadentista, ha eroso alle fondamenta gli stessi equilibri tra i familiari, che vivono tensioni, insicurezze e odii reciproci. “La casa crolla” è un verso metaforico che viene ripetuto frequentemente, soprattutto nel primo atto dalle nutrici e dalla madre di Tibaldo, donna Aldegrina, uniche figure non esposte alle fragilità morali o fisiche da cui invece gli altri personaggi sono afflitti.

  I fratellastri Tibaldo e Bertrando vivono oppressi dall’avarizia che li porta allo scontro violento. Bertrando, inoltre, vive nella lussuria, amante di Angizia, mentre Tibaldo non riesce ad avere sufficiente autorità su questa ed è soffocato dalla malattia che lo consuma dall’interno. Anche suo figlio Simonetto, interpretato da Federico Finazzer con notevole capacità, è gravemente malato e vive un dramma fisico e spirituale poiché, anche se è spesso ignaro della realtà dei fatti che accadono attorno a lui, protetto dalle cure della sorella, percepisce il clima di odio in cui si sta lentamente consumando la sua esistenza e comprende l’imminenza della morte.

  Il leitmotiv decadentista è presente anche nei costumi curati da Francesca Campogalliani e da Diego Fusari: in essi, infatti, il nero risalta più degli altri colori ed è il colore dominante anche nella scenografia, che è scarna e vuota, formata da un palchetto sormontato da una sedia sul quale cadono lunghi veli bianchi pendenti dall’alto. Questi attraversano la scena verticalmente lasciando trasparire sul fondo le sagome di cassapanche e di manichini a mo’ di statue, che sembrano così ricoperti di polvere, come se tutto nelle sale del castello dei Sangro fosse vetusto e caduco.

  La colonna sonora di Nicola Martinelli è di notevole effetto, poiché riesce a dare continuità alle scene e a mettere maggiormente in risalto i passaggi più intensi con dei crescendo e dei lunghi ostinati ritmico-melodici, a volte anche imitando suoni naturali ai quali i personaggi in varie scene alludono.

  La compagnia ospitata al teatro S. Marco nella fredda serata invernale ha saputo rendere partecipe l’intera platea del dramma dannunziano e della sua tragicità. L’esibizione di grande successo ha ricevuto un lungo applauso dagli spettatori, confermando la Campogalliani come una delle migliori compagnie ospiti della Maschera d’Oro, che tra i tanti riconoscimenti ne ha ricevuti due anche nelle precedenti edizioni del prestigioso festival nazionale.”


Carlo Agostini

09/03/2011

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