NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Le “Virgines humilitatis” di Lorenzo Veneziano esposte in una bella mostra a Palazzo Thiene

Sono tre e tra esse spicca la “Madonna delle Stelle” della chiesa vicentina di S. Corona, sulla quale è intervenuto nel ‘500 anche Marcello Fogolino – Meno rilevanti le altre due opere, che riguardano chiese di Verona e Trieste

di Resy Amaglio

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Le “Virgines humilitatis” di Lorenzo Veneziano esp

Non accade certo di norma che una pala d’altare sia frutto dell’impegno, peraltro ben distinto nei diversi esiti, di due autori vissuti a distanza di due secoli l’uno dall’altro. Così è avvenuto alla Madonna delle stelle, della chiesa vicentina di Santa Corona, dove, attorno alla Vergine con il Le “Virgines humilitatis” di Lorenzo Veneziano esp (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Bambino raffigurata da Lorenzo Veneziano negli anni centrali del XIV secolo, interviene nel Cinquecento Marcello Fogolino.

La pala è esposta in queste settimane a Palazzo Thiene, sede della Banca Popolare di Vicenza, assieme ad altre opere del maestro trecentesco, la Madonna del rosario della chiesa di Santa Anastasia a Verona e la Madonna dell’umiltà della chiesa di Santa Maria Maggiore a Trieste.

Accomuna i dipinti un tema devozionale caro ai fedeli del tempo, la rappresentazione di Maria che tiene tra le braccia il piccolo Gesù e lo allatta stando seduta a terra, sopra un lembo di prato. Il culto di questa icona della maternità mariana si diffuse rapidamente nel tardo medioevo tramite gli ordini mendicanti, soprattutto i domenicani, titolari delle chiese di Vicenza e Verona per le quali furono commissionate le creazioni laurenziane.

La devozione popolare, assai viva sin dall’inizio, va ricercata anche nella tipicità schiettamente umana dell’atteggiamento della Vergine, nella posa semplice quanto accattivante, al di là del portato simbolico di “madre di tutti”. Uno speciale risvolto di carattere intimo sembra perciò umanizzare il divino, connotandolo dei modi propri del nostro vivere quotidiano.

Ne sono prova le opere in mostra, attribuite alla giovinezza di Lorenzo Veneziano.

Le “Virgines humilitatis” di Lorenzo Veneziano esp (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)A partire dalla metà del Trecento, l’artista è documentato nella Venezia in pieno sviluppo economico, culturale e artistico, dove la pittura, intrisa dei motivi e delle forme bizantine, è ambito dominato da Paolo Veneziano.

Se Paolo va considerato il protagonista del linguaggio pittorico che ha improntato la città lagunare nei primi decenni del secolo, Lorenzo si distingue piuttosto come l’artista che ben presto coglie e rielabora i fermenti dell’arte gotica, fiorita oltralpe e in graduale evoluzione anche nel nostro Paese. Differenziandosi dall’aulica sublime lievità delle figure del grande predecessore, le sue immagini si caratterizzano per una maggiore concretezza, corrispondente anche a una nuova percezione della realtà e del rapporto dell’uomo con la natura.

Le sue Virgines humilitatis sono esse stesse il prodotto di una concezione diversa e più familiare della persona di Maria, madre sollecita verso il proprio bimbo, non assisa in trono ma sull’erba. Raffigurata in un’ambientazione naturalistica, la maternità sacra diventa così un’occasione affettiva di universale appartenenza, sicché gli stessi accenti simbolici acquistano spontanee e sommesse intonazioni.

Databile al 1358-59, tra i primi dipinti su tela documentati nella nostra regione, la Madonna del rosario, da Santa Anastasia, era inizialmente collocata sul tramezzo che delimitava lo spazio riservato ai fedeli; posta alla fine del Cinquecento Le “Virgines humilitatis” di Lorenzo Veneziano esp (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)sopra il nuovo altare intitolato al Rosario, è oggi leggibile nella sua complessità e bellezza grazie al restauro diretto nel 2001- 2003 da Chiara Scardellato, che ha riportato il dipinto alle sue dimensioni effettive aprendo le piegature operate ai lati per ragioni di spazio.

Simile a un trittico sovrastato da una finta elegante struttura architettonica ad archetti trilobati, quest’opera rappresenta un momento alto della pittura giovanile di Lorenzo e dell’intero Trecento veneto, per la ricchezza delle intuizioni espressive, non disgiunta dalla libera fedeltà alla tradizione. Lo smalto e la morbidezza degli impasti cromatici esaltano l’afflato sentimentale che lega teneramente Madre e Bambino: tenero, misericordioso, è pure lo sguardo rivolto dalla Madonna al devoto che la contempla e venera, mentre il lattante Gesù sgambetta vivacemente, appena coperto, sopra la tradizionale fascia ebraica, da un drappo sfumato nei toni gialli e rossi ripresi dal fondo.

Nel luogo sovrano del simbolismo del quale si nutre il Cristianesimo, l’Apocalisse, Maria appare “vestita di sole e con la luna sotto i piedi.” Il Veneziano ne immerge l’immagine in un alone di luminosità cangiante, che vibra del volo irrequieto di innumerevoli figure angeliche, in trasparenza tra i raggi di luce; il suo piede poggia sopra la falce lunare. Ai lati, i santi Domenico e Pietro martire presentano con un gesto di solerte accompagnamento i committenti, Cangrande II della Scala e la moglie Elisabetta di Baviera.

Bellissimo è il manto della Vergine, intessuto di stelle e chiuso da un ricco fermaglio; l’abbigliamento prezioso le si addice e non contrasta con il riferimento all’umiltà, sua peculiare virtù.

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