NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Le “Virgines humilitatis” di Lorenzo Veneziano esposte in una bella mostra a Palazzo Thiene

di Resy Amaglio

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Le “Virgines humilitatis” di Lorenzo Veneziano esp

Le “Virgines humilitatis” di Lorenzo Veneziano esp (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Di più facile interpretazione sia iconografica che simbolica è la Madonna dell’umiltà di Trieste, datata attorno al 1365 e proveniente in origine dalla cappella gentilizia del palazzo de Toto.

Pur meno rilevante, e ridotto rispetto alle dimensioni iniziali, il dipinto completa in maniera efficace il breve percorso espositivo, presentando evidenti affinità formali con le altre tele, dalla postura della Vergine e di Gesù alla corona d’angeli sul fondo, dove splende il chiarore irradiato dalle due aureole. Un grande fermaglio, simbolo prezioso in forma di sole raggiante, spicca sui colori vividi e caldi dell’abito e del mantello di Maria, dalla sontuosa decorazione a ricami cruciformi. Sulla destra infine appare la piccola figura della committente.

La storia della Madonna delle stelle di Santa Corona suscita un interesse del tutto particolare.

L’opera, databile all’incirca al 1360, era situata probabilmente sul tramezzo della chiesa, in seguito distrutto. La collocazione attuale risale ai primi decenni del Cinquecento, quando viene eretto il nuovo imponente altare marmoreo della Confraternita della Misericordia. Ampliata la tela, l’incarico di arricchirla è conferito a Marcello Fogolino, il quale vi spende tutta l’abilità del suo eclettico pennello.

Della creazione di Lorenzo Veneziano rimane il nucleo centrale, quella Virgo humilitatis che l’esuberante mano cinquecentesca trasforma, non solo quanto a destinazione di culto, ma nell’intrinseco significato iconogrLe “Virgines humilitatis” di Lorenzo Veneziano esp (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)afico. Maria è qui Regina coeli nella gloria degli angeli e anche, in maniera non convenzionale, Madonna della misericordia, cui il pittore affida la protezione della città, squadernandola ai suoi piedi con la meticolosa cura d’un urbanista.

Alla base della grande pala il Fogolino dipinge una sorta di sezione topografica di Vicenza e del suo territorio, perfettamente riconoscibile in ogni dettaglio. Vi appaiono i documenti architettonici di una città remota nel tempo e quelli ancora esistenti ai nostri giorni, porta Lupia e la torre di Piazza, la casara e il complesso dei santi Felice e Fortunato; il tutto prospettato oltre l’ansa azzurrata del Retrone, in un panorama racchiuso morbidamente, in lontananza, dalle cime delle nostre Prealpi.

A cornice della Madre con il Bambino l’artista convoca invece un’esuberante ghirlanda di angeli musicanti. Il coro celestiale di putti e adolescenti dalle ali smaglianti d’azzurro, rosso, verde, sembra irrompere dagli sbuffi delle nubi, dove inoltre si affacciano svolazzando minuscoli angeli interamente colorati, sorprendente licenza pittorica consona a tanta dovizia cromatica.

Sul fondo d’oro altri due putti alati, rosei e paffuti, reggono al di sopra dell’aureola di Maria una triplice corona, conferma chiara della sua regalità ultraterrena. Infine, a suggello della sua gloria, corrono attorno al dipinto le parole di quattro inni liturgici.

La mostra a Palazzo Thiene apre dunque sul passato artistico della nostra città una pagina meritevole d’attenzione.

Correda l’esposizione un raffinato catalogo curato da Chiara Rigoni e Chiara Scardellato e introdotto da un saggio di Cristina Guarnieri, con interventi critici preziosi per la comprensione dei tre dipinti sotto il profilo storico, estetico e liturgico. Ricordiamo tra gli altri gli scritti di Maria Elisa Avagnina, Chiara Rigoni e Francesco Gasparini.

 

nr. 18 anno XVI del 14 maggio 2011

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