NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Le installazioni luminose di Manuela Bedeschi nella Casa Gallo restaurata da Carlo Stampa

Nell’attuale sede della Biblioteca Internazionale “La Vigna”, divenuta punto d’incontro di esperienze progettuali diverse, l’esposizione personale della pittrice vicentina che evolve la sua poetica d’artista nello spazio scarpiano

di Fiorenza Conti
fiorenza.conti@venetogiornalisti.it

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Le installazioni luminose di Manuela Bedeschi nell

Si pensi ad un palazzo dell’Ottocento a Vicenza - Palazzo Brusarosco Zaccaria, con interventi in facciata dell’architetto Tommaso Becega - ad un suo appartamento dei primi anni Sessanta del Novecento – Casa Gallo, restaurata da Carlo Scarpa – e infine ad un intervento artistico del Ventunesimo secolo – le installazioni luminose concepite ad hoc dall’artista Manuela Bedeschi [a sin.]. Il risultato estetico-formale che ne consegue conferma ancora una volta che l’arte attraversa il tempo. Riesce a collegare i secoli, gli spazi, gli uomini, le culture. Permette riletture imprevedibili. Le installazioni luminose di Manuela Bedeschi nell (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Riscopre poesia e potenza dei linguaggi espressivi. Unisce persone e pensieri.

Così la Biblioteca Internazionale “La Vigna” è divenuta punto d’incontro di esperienze progettuali distanti nel tempo e diverse nei modi. Ma moderne nei fatti. Così una mostra - "Doppio Quadrato", patrocinata da Regione Veneto, Provincia e Comune di Vicenza – ha dato lo spunto per incontri (con il filosofo Massimo Donà e l’architetto Renato Rizzi) e concerti (con il “Massimo Donà Quartet”) che si sono intrecciati con i due più importanti festival che la città ospita da anni: il Festival Jazz e il Festival Biblico.

Manuela Bedeschi, diplomatasi all’Accademia di Belle Arti di Verona, la prestigiosa “Cignaroli”, dapprima in Pittura e successivamente anche in Scultura, è tornata ad esporre nella sua città natale, Vicenza, dopo le personali nello Spazio Arte della Chiesa dei SS. Ambrogio e Bellino, nell’Oratorio dei Boccalotti e nella Chiesa di S. Silvestro.

«In questo appartamento Manuela Bedeschi evolve la sua poetica d’artista nello spazio scarpiano formalizzando una dialettica straordinariamente dinamica con il Palazzo… Così è naturale per la sensibilità di Bedeschi, e per la nota alchemica del nostro tempo, dialogare poeticamente con l’arte, con la tecnologia del presente e con la razionalità della geometria», scrive Maria Lucia Ferraguti, che ha presentato l’artista alla vernice ed è curatrice dei testi del catalogo, dove è inserito un saggio del filosofo Donà.

L’elemento tipico che Manuela Bedeschi percepisce in Casa Gallo è il quadrato, forma perfetta - che aveva incantato Scarpa e ossessionato Malevich quanto Mondrian -, citata nel titolo dato dall’artista alla mostra, “Doppio Quadrato”.

Bedeschi associa questa forma geometrica alla leggerezza della luce artificiale di neon colorati, a tele dipinte quadrate, alla trasparenza di volumi di plexiglass.

E in questo spazio interno attraversato dalla luce l’opera dell’artista vicentina sembra aver trovato la sua casa ideale, apportando un plus all’ariosità, alla luminosità, al vuoto stesso. Nonché alla monotona facciata. Tutto è scaturito da un dettaglio scarpiano. Ed è la stessa autrice a rivelarci l’ispirazione.

Ci racconta come è nata questa esposizione e la scelta di questa location?

«Conoscevo lo spazio e mi era piaciuto molto, avevo visto che facevano delle mostre; parlando con Maria Lucia Ferraguti sono stata spinta ulteriormente a farla, ma la cosa che mi è piaciuta del tutto è stata quella di proporre un neon in facciata. Questo mi interessava di più. Adesso metto le due esperienze, dentro e fuori, sullo stesso piano.

Il processo creativo è partito da diversi sopralluoghi. Sono rimasta incantata da questo spazio fantastico. Ma sono stata commossa dalla portina del passa-vivande, che sembra un’opera d’arte ed è geniale. Ci sono tracciati due quadrati che quando si aprono si dividono: uno va da una parte e uno dall’altra. E ho pensato al titolo: “Doppio quadrato”. Ed è nato tutto dal titolo!».

Le installazioni luminose di Manuela Bedeschi nell (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Cosa pensa di questo appartamento concepito da Carlo Scarpa?

«È fantastico vuoto, io trovo! Ha un equilibrio tra gli spazi unico; queste aperture, queste stanze non chiuse, questi dettagli, i colori, i materiali da lui scelti, le finiture di ferro sono fantastiche. Ogni tanto ha la morbidezza di una parete curva, poi la durezza di uno spigolo in ferro. Fantastico! Poi ha questa ricerca della luce che è affascinante, probabilmente è stato facilitato da questo spazio, che ha un’invasione di luce davvero affascinante».

Nel suo passato di artista ha sempre lavorato il neon o ci è arrivata partendo da altri materiali?

«Quando ero giovane, amavo passare ore e ore nella sartoria del nonno a guardare il mondo incantato di pezze, di bottoni, di fili... E dopo un po’ che facevo la scultura tradizionale in accademia, ho cominciato a riproporre dei soggetti di stoffa e poi a fare sculture di stoffa poi solo ricoperte di stoffa. Un po’ alla volta ho esaurito questo filone di ricerca. Sono parte del mio passato artistico per esempio gli angioletti; poi c’è stato il periodo, molto lungo, del simbolo del “sacro cuore” trafitto dallo spillo; successivamente ho u po’ alla volta allontanato questa immagine, che ho ripreso in pittura, inserendoci magari sotto un santino che si intravedeva, ma è sempre stata questa per me un’immagine vagante».

Come mai?

«Ho sempre avuto come riferimento la casa. Mi sono rimasti in mente i santini nel messale della nonna, il comò della nonna».

Ma sono oggetti molto lontani dai tubi al neon, che da parecchi anni fanno materia la sua arte.

«Sì, infatti! Poi, un po’ alla volta, ho aggiunto a quegli oggetti dei tubi al neon, che appoggiavo, così come installazioni, con tulle. In effetti, appena ho potuto ho cercato di fare delle installazioni, ho avuto questa passione di fare installazioni sul luogo. E questo è iniziato già negli anni ’80».

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