Si inaugura sabato 11 giugno alle 19 in viale Milano a Vicenza Monotono Contemporary Art, uno spazio che vuole dire qualcosa di nuovo nell'ambiente artistico e culturale cittadino. Ma che cos'è? Per scoprirlo ci facciamo guidare da Daniela Zangrande, giovane bellunese curatrice dello spazio, arrivata a Vicenza con un ventaglio di idee e tanta voglia di mettere al centro di tutto la creatività. Con l'entusiasmo di chi crede in ciò che fa. «Prima di tutto - ci spiega - il luogo si inserisce nella piattaforma dello Spazio Monotono, un contesto articolato che dal 2008 è gestito da Cristiano Seganfreddo. Si trova in un vecchio show-room-capannone di abbigliamento degli anni '60, all’interno di una corte condominiale. Lo spazio è stato recuperato e ripensato e ad oggi ospita differenti azioni e attività che sondano i confini tra discipline diverse come arte, architettura e design. All’interno di questa piattaforma si sviluppano una serie di progetti specifici ed autonomi accumunati dalla modalità operativa e dalle finalità. Ed ecco che qui dentro ci sarà anche Monotono Contemporary Art. Non lasciatevi ingannare però dalla parola Art... Non è un museo. Non è una galleria o un centro per l’arte. È uno spazio in cui le idee vengono guardate, coltivate e mostrate. L’occhio è teso verso un’arte che non ha nulla a che vedere con un recinto chiuso e ben delimitato. Non è circoscrivibile a priori. E, soprattutto, è molto più vicino di quanto si possa pensare. È un luogo dove far nascere nuove relazioni e connessioni. Uno spazio di cui appropriarsi. Si può andare a sbirciare, a domandare, a lamentare, a contestare. Stringe in pugno una materia delicatissima e forse anche un po’ pericolosa, l’epoca contemporanea. È curioso, attento, pronto a scoprire mondi nuovi e differenti, che potrebbero essere portatori di contenuti e stimoli inaspettati. Ha l’atteggiamento nello stesso tempo serissimo e giocoso di chi arriva correndo nella vostra direzione gridando: «Ho visto una cosa pazzesca! È lì, laggiù, vedi? Vieni a dare un’occhiata!».
Cosa farete in questo spazio e come lo metterete in relazione con la città?
«Lo spazio lavora su differenti fronti. Da un lato rivolge uno sguardo di attenzione particolare verso i giovani artisti, seguendone il percorso, il pensiero e affiancandosi alla loro ricerca. Dall’altro propone, oltre alle occasioni espositive, eventi di vario tipo: concerti, performance, proiezioni di film, presentazioni e incontri. Importante è la relazione che si vuole strutturare con la città di Vicenza e con il territorio. Uno spazio non ha nessun senso di esistere se non è il territorio stesso che se ne assume la responsabilità. Non parlo di responsabilità economiche, come subito verrebbe voglia di pensare. Mi riferisco al brusio che si crea poco prima di un’inaugurazione, alla curiosità, alla voglia di vedere cosa accadrà la volta successiva, alla sensazione di essere parte di un’impresa e al desiderio crescente di farla in qualche modo propria, di portarla a compimento. Solo in questo modo, se lo spazio diventerà davvero di Vicenza e dei suoi abitanti, avranno senso i ragionamenti sulle idee, i pensieri degli artisti, gli sforzi di tutto lo staff, le discussioni sulla grafica, sui comunicati, i volantinaggi, l’impegno dei ragazzi, le nottate di lavoro. Altrimenti, se lo spazio sarà solo, tutto questo si rivelerà uno sterile virtuosismo».
Ma cos'ha a che fare Vicenza, così ricca di storia classica, con l'arte contemporanea?
«Vicenza è una città che trasuda la sua storia, la sua cultura. Camminando pare di poter incontrare Palladio. Sicuramente è lì che rimira Palazzo Chiericati, fronteggiandolo con fare sicuro. Ci si imbatte spesso nella misura, nella regola, anche quando meno uno se l’aspetterebbe. Si rimane a bocca aperta quando spunta La Rotonda e, pieni di curiosità, si attorniano quegli alti muri per scoprire qualcosa, nella speranza di avere l’accesso ad un giardino segreto. Non si resiste alla tentazione di fermarsi ad intessere una lunga chiacchierata con personaggi che fanno capolino sopra un altro famoso muro lì accanto. C’è anche una compunta signora con fare piccato. Il sole si incastra sempre nelle pieghe della sua gonna; probabilmente non le fa alcun piacere e proprio per questo continua a tenere quell’espressione. Non vivo da molto a Vicenza, ma mi capita spesso di pensare che sia bellissima. Talmente bella da esserlo troppo. Verrebbe allora da porre la domanda contraria: ma che cosa ha a che fare l’arte contemporanea con Vicenza? Metteremo la risposta nelle mani degli artisti. E sono certa che non deluderanno le aspettative».