NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
google
  • Newsletter Iscriviti!
 
 

Il mito dell’Anguana finisce in musica

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

facebookStampa la pagina invia la pagina

Il mito dell’Anguana finisce in musica

Ti sei avvalsa della collaborazione di queste 5 signore di Malo, le Canterine del Feo, contrada del paese. I canti che si sentono nell’album sono anche quelli canti di lavoro, delle lavandaie per esempio?

«Sì assolutamente, sono canti che hanno molto a che fare con le cose di tutti i giorni. Le melodie tradizionali sono un po’ così: sono semplici perché nascono dal fare le cose, non hanno niente di “cerebrale”».

Mi ha colpito molto il fatto che sembrassero quasi dei canti di alpini.

«Sì perché il luogo in cui viviamo, tutto quello che vediamo intorno, ci influenza moltissimo, anche il suono della voce. La contrada del Feo non dico che è in montagna, è in collina, ma è quello che passa».

Come mai proprio la contrada del Feo? Che particolarità ha?

«È una contrada che è rimasta abbastanza com’era allora, una volta all’anno si fa la festa della contrada dove si ripropongono tutti i lavori di una volta, e le canterine dicevano che già dall’età di 5 anni cantavano insieme, anche andando a prendere l’acqua del pozzo. Loro cantavano facendo le cose di tutti i giorni, era quasi un sottotitolo, cantavano quello che facevano più che quello che sentivano e hanno un repertorio molto vasto, credo che abbiano più di 100 brani, che tra l’altro vorrei tanto registrare perché vorrei documentare queste canzoni che altrimenti andrebbero perse».

Le liriche sono completamente in alto vicentino, ci sono anche dei termini che sembrano inventati e che non sono tradotti. Questa scelta è stata dettata da esigenze fonetiche oppure volevate suggerire un senso di magico e irreale?

«Sono termini di alto vicentino antico. Altri arrivano da un testo che Enio Sartori ha ripreso, “Ur Malo”, dove Luigi Meneghello gioca con il suono delle parole. Poi, con Veniero Rizzardi, sto riprendendo un capitolo di “Ur Malo”, come documento sonoro, un lavoro in cui si mischia la voce con delle campionature, completamente senza strumenti. Verranno utilizzati nei live, nel disco non ci saranno rumori naturali ma solo la mia voce con o senza filtri. Diciamo che tutto il disco (“Il Canto dell’Anguana” ndr) ha molto a che fare con formule magiche e incantesimi, anche la ninna nanna “Dormi putin”, c’è la parte centrale dove io canto come se fossi una madre che sta per incantare il bimbo, non solo lo culla. Nel concerto, se hai visto, in questa parte c’era molto questa cosa, il rumore dei pipistrelli all’inizio: arrivano dalla grotta di Busa dea Rana, sono pipistrelli autoctoni che vivono solo lì e che fanno quei versi lì, poi ci sono le mie parole ripetute; verso la fine della canzone c’è il coro delle Canterine e io che faccio dei vocalizzi molto alti. L’idea era quella di utilizzare la mia voce proprio come se fosse un incantesimo. Il mio modo di cantare ha a che fare con questo, io non ho un approccio molto improvvisato con quello che faccio, anche se apprezzo moltissimo chi improvvisa e il jazz mi piace molto, ma io tendo sempre a ripercorrere una linea e quando la canto posso ripeterla anche 100 volte, devo sempre andare più a fondo come se fosse uno scavare, questo secondo me ha molto a che fare col rituale e credo che ritorni molto in questo disco».

Oggi, tantissimi fanno musica etnica cercando varie influenze e c’è un grande interesse verso la world music in generale. Critici e artisti internazionali sono concordi nel dire che il precursore è stato De Andrè, negli anni ‘80, con “Crêuza de mä”. Secondo te, un album come questo può essere un’eredità notevole per la cultura pedemontana dell’alto vicentino al punto da aprire la strada a un’area di ricerca ulteriore, magari anche all’estero?

«Qualche giornalista, al di fuori di Vicenza, ha fatto il paragone conCrêuza de mä”. Penso che se Peter Gabriel ascoltasse le Canterine del Feo troverebbe qualcosa di molto interessante. Io, da 10 anni, faccio musica popolare però sempre raccogliendo cose da altre parti del mondo, poi ho preso cose da qui, come “Il Canto di Battipali” da Venezia e le ho portate fuori: tutti si meravigliavano che ci fossero queste cose. Io non sono veneta di nascita, ho cantato anche cose siciliane in Sicilia, ma come ho detto anche durante “La voce del desiderio”, io penso che una musica popolare, estrapolata dal suo contesto, diventi una cosa mai del tutto vera».ù

 

nr. 23 anno XVI del 18 giugno 2011

« ritorna

Come installare l'app
nel tuo smartphone
o tablet

Guarda il video per
Android    Apple® IOS®
- P.I. 01261960247
Engineered SITEngine by Telemar