NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Dario Brunori: “Scelgo quello che mi emoziona e mi diverte”

Colloquio con l’artista, che ha un pubblico prevalentemente femminile e che racconta delle storie che sembrano piccoli film, in cui anche l’atmosfera ricorda colonne sonore cinematografiche

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Dario Brunori: “Scelgo quello che mi emoziona e mi

Sabato 25 la manifestazione Festambiente ha ospitato il concerto del cantautore Dario Brunori, in arte Brunori S.a.s.. Molto apprezzato dalla critica che lo ha definito il “nuovo Rino Gaetano”, l’artista ha all’attivo solo due album ma ha già ricevuto onorificenza come il Premio Ciampi nel 2009 e la Targa Siae del Club Tenco, entrambi come miglior esordiente. il suo ultimo album si chiama “Poveri Cristi” e il pubblico di Festambiente ha apprezzato il concerto, proposto con molta ironia ed energia. Lo abbiamo intervistato.

Dario Brunori: “Scelgo quello che mi emoziona e mi (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Tu dici spesso che non hai mai ascoltato molto i cantautori italiani ma che ti sei sempre orientato verso generi completamente diversi, come per esempio l’elettronica o il metal. Da dove arrivano le atmosfere familiari e intimiste che invece ricrei con le tue canzoni?

«Mah probabilmente da un retroterra che è comune a tutta la mia generazione, sono del ‘77, e che sicuramente ha influito anche senza l’ascolto volontario di queste cose. È ovvio che se cresci in un ambiente dove la canzone all’italiana la fa da padrone, benché magari al’inizio volessi tirarmene fuori perché quando sei giovane vuoi sentire solo AC/DC, Pantera o Cannibal Corpse, comunque e ti rimane nella memoria. Io l’ho recuperata un po’ tardi ma sicuramente ora sono molto più vicino a quelle sonorità e quelle storie di quanto non lo fossi quando ero ragazzo, quando ci si forma».

Negli ultimi anni c’è stato un ritorno al cantautorato tipicamente italiano con testi che raccontano stati d’animo riconoscibili e un suono abbastanza semplice e pulito. Come mai secondo te questo ritorno ai suoni più semplici, in un’era di massima evoluzione tecnologica che invece dovrebbe permettere ricchezza e ridondanza di suoni?

«Forse proprio per reazione a questa grandissima mole di stimoli che ci bombarda e in cui siamo calati: da quando apri gli occhi a quando li chiudi per andare a dormire, vedi o ascolti qualcosa e questo rumore continuo, secondo me, porta il bisogno di cose più semplici e momenti musicalmente più silenziosi. Anche le storie raccontante hanno un loro perché, in questo senso: si raccontano per recuperarle, perché quello che viviamo noi forse non ha ancora una dimensione umana alla quale comunque siamo abituati. Noi siamo vissuti in una situazione di transizione: quando sono nato non c’era il computer, oggi è impensabile una vita senza. Magari quelli che sono nati nel 2000 non ci penseranno proprio e saranno abituati molto più di noi a questo movimento».

Tu sei calaDario Brunori: “Scelgo quello che mi emoziona e mi (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)brese ma le scene che rappresenti nelle tue canzoni sono adattabili a qualsiasi realtà della provincia italiana. Oggi si parla molto di glocalità, cioè di ciò che è caratteristico del territorio ma che può essere condiviso anche con altre situazioni più allargate. Tu hai preferito rimanere nella tradizione della canzone italiana: come mai non hai sentito l’esigenza di prendere spunto anche da altre correnti musicali d’origine popolare provenienti da altri paesi?

«Per una questione estetica, semplicemente non mi dà gusto e non mi diverte fare una ricerca di quel tipo. Benché sia un ascolto piacevole, almeno al momento, non sono attratto dalla musica etnica».

Quando si parla musicalmente del Sud Italia si sente parlare sempre di Napoli, puglia e un po’ di Sicilia. Come mai non si sente parlare molto di generi musicali tipici della Calabria?

«Mah, a livello etnico la Calabria c’è ed è abbastanza rappresentata dalla corrente della taranta, anche se a livello di grande pubblico è più riconoscibile nella Puglia ma, soprattutto nella zona del grecanico, nella zona di Reggio Calabria, c’è ancora grande tradizione: ci sono ancora pastori che la suonano, tradizioni antiche. A livello di cantautori, a parte gli storici, ci sono stati Peppe Voltarelli e Parto delle Nuvole Pesanti che hanno rappresentato un bel capitolo. Da noi, nella provincia di Cosenza, per esempio, si passa dal recupero a volte forse pure troppo ostentato e artificiale della tradizione e vedi ragazzi che lo fanno perché comunque pagano e possono suonare nelle piazze; oppure ci sono cose di nicchia estrema e di ricerca che sono talmente alternative, e che sono anche belle, perché se penso ai Captain Quentin, di Taurianova, che secondo me sono molto bravi, fanno una musica che ti sembra strano che possa arrivare dalla Calabria; o anche i Camera 237, che fanno tipo post rock. Ci sono talmente tante realtà che spaziano tra generi che non hanno molto a che fare con le radici».

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