NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Una bici, tante camere d’aria e la Route 66

Una pedalata lunga cinquemila chilometri da New York a Los Angeles: questa l’impresa del vicentino Paolo Zorzi

di Pietro Omerini Zanella
pedro-zanna@hotmail.it

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Una bici, tante camere d’aria e la Route 66

Il sole che tramonta ad ovest, il deserto dell'Arizona che si tinge di rosso, l'ombra, una sottile sagoma scura di un solitario avventuriero in sella al suo cavallo, anzi no... ad una bici, che s'infrange all'orizzonte. Appartiene in qualche modo all'iconografia moderna, saccheggiando cinema e letteratura, il viaggio, ma sarebbe meglio dire l'impresa, appena portata a termine dal vicentino Paolo Zorzi, che con la sua mounUna bici, tante camere d’aria e la Route 66 (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)tain bike ha attraversato l'America in solitaria. Un viaggio lungo 5.000 chilometri (circa), partendo dall'atmosfera internazionale New York per arrivare alle spiagge di Los Angeles, seguendo la madre di tutte le strade, la Route 66. Con due magliette, un paio di pantaloncini e molte camere d’aria nello zaino, il trentanovenne Zorzi, noto a Vicenza anche per le tante squadre dilettantistiche allenate in questi anni, ha sfidato con successo il serpente bianco più famoso al mondo, percorrendolo – anche se con qualche aiuto – in meno di un mese. Gli esempi, si diceva, non mancano: dal Jack Kerouac di “On the road” al Nicholson di “Easy rider”, “Highway 66”, tra mito e realtà, è una delle destinazioni (o meglio, dei viaggi) più gettonati dagli amanti del road trip. Una cosa però è percorrere la strada madre (come la ribattezzò il premio Pulitzer John Steinbeck) inseguiti dalla comodità di un camper, o almeno con l'ausilio di un motore, altro è osservare il susseguirsi di panorami mozzafiato pedalando per quindici ore al giorno.
“Arizona Zorzi”, come lo ha soprannominato il nutrito fan club di amici che via Facebook hanno seguito le sue avventure, non è nuovo a queste avventure perché «il viaggio è una forma di cultura che mi appartiene». Lo abbiamo intervistato.

Cosa l'ha spinta ad affrontare questa sfida americana?
«Quattro anni fa, ho iniziato questi viaggi in bicicletta facendo il giro della Sardegna, per poi percorrere lo Stivale l'anno dopo e il cammino di Santiago quello successivo. Poi ho fatto un anno di pausa, ma volevo concludere con l'attraversata degli Usa. Una bici, tante camere d’aria e la Route 66 (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Tra l'altro, dopo la prima esperienza in Sardegna avevo raccolto i pensieri scaturiti da quel primo viaggio in un diario di bordo che ho intitolato “Icnhusa 66 cl”. In quel caso presi spunto dal nome di una birra sarda ed il 66 cl stava ad indicare la capienza della bottiglia, ma era anche un chiaro rimando, citato anche nel libro, alla highway americana. Percorrendola ho chiuso un ciclo».

Ci racconti il viaggio...
«
È stata dura, non tanto per i km (circa 5.000) che avevo già percorso qualche anno fa, ma per le condizioni climatiche oltre a qualche disavventura di troppo».

Di che genere?
«Beh, ho forato molte volte, ero sempre tirato con le camere ad aria e spesso non era facile trovare negozi di biciclette con il materiale di ricambio. Poi, lo so che si pensa alle strade americane come a dei percorsi lineari, ma è facile perdersi, anche perché partivo la notte quando il sole non era ancora alto e non sempre vedevo i cartelli. Senza contare che chiedere indicazioni non è semplice come qui. Gli americani, anche a causa dei grandi spazi, sanno sempre darti le direzioni in termini di punti cardinali, ma chiedere un percorso lineare per andare da una località ad un'altra, come per noi chiedere la strada ad un passante per raggiungere Creazzo da Sovizzo, non è facile, non fa parte del loro modo di essere. Per orientarmi, in generale, oltreUna bici, tante camere d’aria e la Route 66 (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica) alle guide Michelin e alle cartine che avevo scaricato sul cellulare, io sapevo che in linea di principio alla mattina dovevo avere il sole alle spalle, essendo partito da Est, al pomeriggio e alla sera in fronte a me andando verso Ovest».

Dunque, i problemi principali erano orientarsi, il mantenimento delle gomme e...
«I pick up! Ho avuto un incidente che mi ha costretto a ripensare il mio viaggio. In Kansas una mattina parto, buco due volte la gomma finendo le camere ad aria, e quando finalmente riparto, un pick-up uscito dal nulla mi scaraventa a terra, centrandomi con lo specchietto. Il primo pensiero è stata la bicicletta, perché senza non avrei potuto completare il viaggio, poi le ferite. Sanguinavo e sentivo le botte dopo la caduta. Fortunatamente però lo zaino ha fatto da airbag attutendo il colpo. Dopo un giorno ero di nuovo in bici, anche se le botte facevano male e andavo più piano.

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