NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Il teatro? Finisce che si affolla

In Piazza presenta il quadro delle vocazioni recitative a Vicenza con particolare attenzione al mondo giovanile che con il premio regionale vinto dal Lioy dimostra di saperci fare – Analisi anche su tutto il teatro amatoriale e sull'eventuale influenza diretta esercitata dal “ritorno” di un teatro comunale che funziona da quattro anni dopo un'assenza di oltre cinquanta

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Il teatro? Finisce che si affolla

(g.ar.) - Grande attenzione al teatro, soprattutto a quello amatoriale e dei giovani. Il liceo scientifico Lioy ha vinto il concorso annuale indetto in tutta la regione ed ha superato nella scelta della giuria altre sei compagnie, tutte formate nelle scuole superiori, tra le quali c'erano altre due scuole vicentine. Il ritorno all'amore per il teatro viene analizzato in questa puntata de In Piazza da operatori del settore. Tra le domande che abbiamo posto c'è quella inevitabile sul ruolo reale che può aver giocato in questa fiammata rinnovata la presenza a Vicenza di un teatro che latitava dalla bellezza di mezzo secolo e che ora è di nuovo in attività da quattro anni. Su questo tema come vedremo in questo approfondimento le opinioni sono abbastanza divaricate. Non tutti attribuiscono al teatro comunale quel peso-guida che si potrebbe pensare mentre tutti in compenso non hanno difficoltà a riconoscere la grande importanza di rivedere non solo le scuole avvicinarsi al teatro -fatto già registrato negli ultimi anni- ma un interesse molto forte e forse senza precedenti che si manifesta in giovani e meno giovani al punto da affollare letteralmente i corsi di recitazione, dizione e canto che le varie compagnie propongono con una certa continuità.

Al dibattito di In Piazza hanno partecipato Anna Zago, regista dello spettacolo premiato, Piergiorgio Piccoli, direttore artistico di Theama Teatro, Antonio Baldo, Associazione teatrale Città di Vicenza, Aldo Zordan, presidente della FITA, la federazione regionale che raccoglie le compagnie di teatro amatoriale, e Luca Lovato, regista della Compagnia del Villaggio che si caratterizza nel panorama generale per aver scelto la strada inconsueta e decisamente difficile del musical.

Per concludere, prima di vedere i vari interventi, sottolineiamo che lo spettacolo messo in scena dal Lioy (All'ombra della balena) è luna libera trasposizione di Moby Dick. Il testo di Melville presenta contenuti così problematici per la caratterizzazione dei personaggi, ma anche per la continua metafora proposta a chi legge, da far pensare che il lavoro sia stato particolarmente arduo per i ragazzi che in gran parte della balena bianca avevano soltanto sentito parlare, o nemmeno quello. Fatto sta che il risultato è stato tanto buono da meritare un riconoscimento di prestigio.

Come si guida un gruppo di più di trenta ragazzi alla disciplina di uno spettacolo teatrale e quali sono i risvolti di questo lavoro?

anna zago (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)ANNA ZAGO- Cerchiamo di fare un lavoro che indirizzi al risultato. Il risultato non è l'esito finale o il successo di un concorso, ma la costruzione di una collaborazione di gruppo che deve alla fine essere utile a tutti coloro che partecipano. Ogni anno scegliamo proprio per questo dei pezzi diversi che non sono necessariamente teatrali, ma studiati per permettere il massimo dell'espressività ai ragazzi. Cerchiamo testi che possano risultare particolarmente interessanti e poi li adattiamo in modo specifico. Il più possibile si cerca di avere una coralità di partecipazione, non protagonisti singoli, ma tutti assieme perché il risultato deve appunto essere quello del massimo coinvolgimento. La gran parte dei ragazzi non aveva letto questo testo, non lo conosceva, se non di nome in gran parte. Fatto sta che è stato anche questo un modo per avvicinare tutti ad un messaggio che nel nocciolo è stato mantenuto mentre le modificazioni sono state numerose. Il senso è stato quello di integrare il percorso scolastico con un'opera che come tante altre non viene normalmente affrontata in classe, ma che tuttavia ha un significato culturale importante con un testo che andava bene a noi proprio nell'idea di fare un laboratorio utile e completo nella costruzione dello spettacolo.

ANTONIO BALDO- Siamo al cinquantunesimo anno di questo concorso, un periodo lungo che è trascorso tra alti e bassi fino ad arrivare ad oggi. Noi apriamo il concorso costituiamo una commissione che poi sceglie dopo che le scuole hanno raccolto l'input e formato i laboratori. Da Invito alla Prosa a questa formula è passato tempo e anche è migliorata la qualità. Normalmente abbiamo tutte le provincie per cui la partecipazione è forte. Tutto il resto dell'organizzazione si svolge lungo binari diciamo normali. È sicuramente un lavoro anche pedagogico, concordo con Anna Zago. Il teatro di questo livello ha varie funzioni, dalla personalità, alla capacità di comunicare, tutto può essere rilevato dall'attività teatrale, così come certe abilità, certe propensioni. Saper parlare in pubblico ad esempio non è una cosa comune e si deve e si può imparare. Tutto rappresenta un esperimento utile per uscire allo scoperto e comunicare sfruttando gli stimoli. Rilevante è che tutto vada ad ottenere l'efficienza di un lavoro collettivo. Abbiamo testimonianza di genitori che hanno apprezzato a tal punto da venire a dircelo per ringraziarci.

aldo zordan (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)ALDO ZORDAN- Il percorso è più importante del risultato. La FITA porta il teatro amatoriale in tutti i piccoli i centri, 252 compagnie nel Veneto testimoniano che l'attività è forte e intensa, con livelli anche molto vicini al professionismo. Il teatro amatoriale tra l'altro serve a riproporre testi che altrimenti andrebbero persi, come il teatro dialettale. Siamo una marea con 4056 soci, gente che è in attività con un movimento enorme e un supporto economico al contorno degli artigiani: quanti sono quelli che lavorano a fianco del teatro? C'è un problema di impianti, questo sì, anche perché le nuove normative di sicurezza creano grosse difficoltà nell'adeguarsi a delle regole peraltro giuste. La compagnia è imprenditrice di se stessa, fa prima il bilancio e poi il progetto. Se non chiudiamo in pareggio si paga personalmente... Posto che senza il contributo pubblico non si va da nessuna parte. Buon per noi che Vicenza è un caso a parte perché nei 3500 spettacoli amatoriali prodotti nel Veneto una bella fetta è proporzionalmente nostra.

Quanto di quel che fa il teatro anche a livello amatoriale produce cultura? È o non è una cinghia di trasmissione per eventi culturali, per un progredire intellettuale che appunto riconduce al concetto di cultura? La cultura manco a farlo apposta è la prima a pagare i periodi di crisi...

PIERGIORGIO PICCOLI- Diciamo che ci si sta accorgendo che senza cultura non si alimenta il tessuto sociale e parlo non solo di teatro ma anche di quella rinascita culturale che investe lo stesso settore produttivo. Noi tutti stiamo lavorando per ricrearlo questo tessuto sociale con una solida base culturale. Il teatro è una novità per la scuola, ai miei tempi non ci si andava neppure. Dieci anni fa con Anna abbiamo scelto questa vita professionale e cominciato a distinguere il professionale dall'amatoriale, requisiti ed esigenze. Vuol dire crea un'azienda che viva indipendentemente dall'intervento pubblico. È un'attività pedagogica e perfino terapeutica. I ragazzi ora non sanno neppure se hanno un futuro, è un momento in cui si può intessere un rapporto di reciproca collaborazione. I ragazzi si distolgono da altro e li si impegna sbloccandoli in qualcosa che si costruisce in direzione della comunicazione e del lavorare con gli altri. La preparazione e la formazione sono forti e debbono esserlo. Personalmente sento molto forte tutto questo dopo averlo vissuto nelle aziende: ottimizzare i contatti, il lavoro assieme. Il teatro è anche tutto questo. È anche questo che cerchiamo di fare con i corsi di formazione che sono molto importanti.

LUCA LOVATO- Il mio è un percorso curioso. Da insegnante di educazione fisica e il mio lavoro di oggi è una progressione fino ad arrivare all'ambiente del musical che mi ha fatto nascere la voglia di creare qualcosa di nostro. Da un villaggio turistico ho capito che le persone avevano voglia di fare qualcosa che però andava indirizzato e formato e da lì è nato tutto per quello che mi riguarda. I ragazzi arrivano e continuano ad arrivare, hanno contribuito a creare questo linguaggio che è fatto soprattutto di equilibri con grande dispendio di energie e di interpretazione, ma che non è leggero come può sembrare e anzi distilla quelle due ore di scena con un avvicinamento fatto di giovo di squadra. Il meccanismo nei limiti del possibile deve essere perfetto, altrimenti qualcosa manca. Chi canta in diretta, chi recita segue prima una formazione di dizione. Poi c'è il problema dei costi. Il musical costa e giocando sui cambi di scena non si trova a suo agio nell'agibilità non sempre ottimale dei vari teatri. Se ci fossero teatri più stabili il problema non si porrebbe, nemmeno sul terreno della sicurezza.

PIERGIORGIO PICCOLI- In Europa tutto è a norma anche perché si gioca su una serie di spettacoli che si ripetono in grandi teatri. Qui è tutto spezzettato.

ALDO ZORDAN- Le normative ci vogliono, anni fa di sicurezza non si parlava neppure. Ora però siamo all'effetto diametralmente opposto.

inpiazza01 (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)



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