NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Come imparare a vivere nel limbo

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Come imparare a vivere nel limbo

Analizziamo anche la sensazione di chi sta dall’altra parte di questa trincea che vede protagonisti i profughi. Come se la cavano gli uomini che pur facendo parte di una amministrazione ed essendo impegnati nel sociale si scontrano quotidianamente con situazioni di vera disumanità come nel caso di questi uomini espulsi di fatto da qualsiasi destinazione?

giuliari giovanni (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)GIOVANNI GIULIARI- La sensazione che ho è di vivere una bella esperienza; lo Stato siamo tutti noi e riflettendo su quel che ho sentito appena adesso mi rendo conto che pensando a tutti, dal Prefetto ai colleghi, alle associazioni, vedo segni positivi della volontà di risolvere i problemi. Abbiamo uno Stato che testimonia il fallimento della politica, ha voluto fare una questione politica di una questione alla quale servono scelte serie. Per fortuna siamo di fronte ad un altro fenomeni, fatto di entità come i Comuni che hanno saputo essere Stato e spiegare al Prefetto che ci siamo e siamo un paese unito. È un segno così forte che soprattutto questo nuovo governo saprà cogliere il significato di tutto compreso il fatto che in nessun centro della nostra provincia c’è una persona qualsiasi che abbia creato problemi. La perseveranza degli amministratori che hanno saputo vincere le esitazioni iniziali con un progetto preciso porterà il governo a interrogarsi. Siamo dentro il Mediterraneo e il nostro mare non può essere ridotto a un cimitero con migliaia di morti. La nostra storia di veneti che sanno bene cosa vuol dire emigrare non ci permette di non vedere. Oggi possiamo permetterci di aiutare sia chi è in difficoltà qui per la crisi sia per quelli che chiedono da altri paesi un minimo di accoglienza e appoggio.

EMMANUEL OKIGBO- È bello quello che state dicendo perché in ultima analisi quello che cerchiamo e quello che io personalmente cerco è di vivere in pace senza più paure. L’esperienza in Libia è stata bella e poi si è trasformata in un incubo. Nel futuro più prossimo non voglio né tornare in Nigeria né in Libia dove non ci sono più le condizioni per lavorare come prima. Voglio solo tranquillità.

IGOR BRUNELLO- È per me incomprensibile come per tutto il mondo che si occupa di profughi e di problemi connessi a questa condizione che ci sia una gestione come questa. Esiste una norma, l’articolo 20, che per l’arrivo dei profughi in massa prevede che il governo possa decretare uno stato di emergenza umanitaria e rilasciare un titolo di soggiorno per permanenza delle persone senza neppure andare a richiedere la domanda di asilo. È stato fatto per il Kosovo e per i tunisini arrivati qui. Il permesso dato così è più sicuro perché permette di lavorare e può essere riconvertito in altra scelta successiva. Non è stato fatto così con il rischio che dopo un anno che sono qui da noi li facciamo diventare dei clandestini. Quelli in arrivo dalla Libia dovevano essere trattati come i tunisini o i kosovari, ma non è stato così. Naturalmente tutto questo fa la differenza tra spendere risorse per un obiettivo certo e gettare risorse per una fine corsa che non è quella richiesta. Se lo Stato avesse così a cuore la sicurezza dei cittadini dovrebbe porselo questo problema.

ALBERTO TOLDO- Tutto questo è rimbalzato e rimbalza anche nel nostro caso di Valdastico. Nei primi giorni devo dare un grande grazie a tutti quelli che lavorano nell’amministrazione per come è stato organizzato tutto: alloggio nella struttura comunale e pasti alla casa di riposo. La disponibilità è stata massima. Tra quelli immediatamente coinvolti non ci sono stati problemi. Chi meno ha rappresentato disagio o perplessità sono state non a caso indipendentemente dall’età è chi ha viaggiato e conosciuto il disagio dell’emigrazione. Dopo di che sono arrivati anche tutti gli altri. La gente ha partecipato e partecipa. Dal punto di vista del Comune ci è stato chiesto qualcosa e noi abbiamo risposto come è nostro dovere di testimoniare la nostra disponibilità. Forse in un paese piccolo è più facile che in città. Emmanuel e Samuel ci hanno dimostrato che si vive assieme facilmente costruendo qualcosa di buono. Non a caso anche quando abbiamo approvato la convenzione in consiglio c’è stato un voto unanime, senza divisioni pur essendo l’argomento suscettibile di qualsiasi tipo di polemica anche demagogica.

GIOVANNI GIULIARI- Quando sono arrivati i nostri prima di tutto li abbiamo portati in ospedale per una verifica del loro stato di salute. Ho apprezzato l’accoglienza prima che il nostro ospedale ha saputo fare e questo mi ha fatto pensare che stavamo partendo bene. Perfino una lettrice del giornale che si lamentava della presenza dei profughi oggi lavora per raccogliere viveri e per organizzare la festa di Natale. Quando le cose si capiscono i problemi si dissolvono, a cominciare dalla questione dei soldi: i soldi li dà lo Stato ai Comuni per il mantenimento. Loro in compenso si sono messi a disposizione della città e lavorano da volontari per tante operazioni dove c’è bisogno di aiuto e di buona volontà. La città ha capito e risposto. Alcuni di questi ragazzi sono entrati in qualche squadra di calcio e continua. Questo è il risultato. Quel che manca a questo punto è la soluzione al problema di oggi, quello dell’aspettativa e del pericolo di delusioni fortissime che ancora come abbiamo visto sono di fronte a noi oggi e nell’immediato futuro.

 

nr. 42 anno XVI del 10 dicembre 2011

Come imparare a vivere nel limbo (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)

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