NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Via dalle medie, ma per andare dove?

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Via dalle medie, ma per andare dove?

Per semplificare, non parliamo infine di un processo che trasforma in concreto un’astrazione, ma per dirla con Chiodi parliamo al contrario di un cammino progressivo che forma di più in quanto più è impegnativo e costruttivo nell’insegnare come si fa a fare: è così? Si può far corrispondere la scelta di un percorso di studio all’identificazione di una propria passione intellettuale o pratica che sia?

MARIA GLORIA GOLDONI- Non è semplice, di sicuro. Ma tornando a quanto è stato detto debbo aggiungere che è obiettivo di qualsiasi scuola quello di formare una persona, non vorrei si cadesse nell’equivoco che nelle scuole professionali c’è una qualche diminuzione di obiettivo rispetto a questo problema. Non formiamo manodopera o lavoratori, formiamo la persona, le competenze professionali richieste non sono tra le prime che comunichiamo, saper lavorare assieme, saper comunicare, stare assieme; formare il cittadino è l’obiettivo e naturalmente lungo questo percorso intervengono altre realtà complesse. È anche vero che chi sceglie un istituto professionale ha in mente qualcosa di specifico, una passione sua: l’alberghiero ci propone con i ragazzi domande precise, cucina, mestiere di cuoco, ecc.; con il turistico parliamo con ragazze che vogliono fare la hostess l’accompagnatrice turistica, ecc. Non possiamo prescindere da questo orientamenti dei ragazzi. Se c’è gap tra scuola e mondo del lavoro in parte è stato colmato con la riforma. Nei professionali dal secondo biennio esiste la possibilità di imparare azienda o arrivare a una qualifica, ma è arrivare alla maturità da persone ragionanti,j che sanno scrivere e spendere l’attività proprie in un contesto lavorativo. Non è l’apprendistato ma è sicuramente una motivazione per le intelligenze pratiche in una scuola che ha nel contatto con il mondo del lavoro un riferimento molto presente e la scuola deve tenerne conto ovviamente.

rita magnelli. (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)RITA MAGNELLI- Sono d’accordo, la base fondamentale per quanto riguarda i ragazzi è la passione per quanto vogliono fare senza essere indirizzati da fattori esterni, come famiglia, amici o altro; devono sentire che è la loro vita che scelgono. Come istituto tecnico abbiamo i primi due anni in cui c’è una scelta di indirizzo che si precisa però al terzo anno lasciando spazio a cambiamenti possibili. Il Rossi con logistica e trasporti, chimica e materiali si sta evolvendo ulteriormente adeguandosi ad una offerta formativa che il territorio sicuramente capisce e richiede. I ragazzi hanno prospettive veritiere per cui ancora di più è giustificato che si orientino verso la realtà. Imprenditori di se stessi è importantissimo, la chiave della formazione la troviamo proprio in tutto questo con ragazzi che dalla terza in su fanno stage in azienda e in questa azienda in genere trovano interlocutori che aspettano la maturità rendendosi conto che stanno partecipando alla formazione mentre gli stessi ragazzi si rendono conto di che cosa vuol dire il lavoro.

PAOLO VIVIAN- C’è quel gap di cui parlavo prima: va tutto bene ma in funzione dell’obiettivo dell’impresa può succedere che il mercato sia cambiato e che cambino gli stessi termini di intendere un lavoro che prima era qualcosa di diverso da ora; il ragazzo finito il percorso scolastico si trova al centro dell’obiettivo dell’impresa, mette a disposizione di questo obiettivo la propria capacità tecnica, ma anche la capacità umana, la maturità, la disponibilità a saper fare qualcosa che deve ancora imparare. Il 90 per cento delle nostre aziende hanno meno di 10 dipendenti: vuol dire essere tutti sulla stessa barca, imprenditori di se stessi, da manodopera a mentedopera.

EGIDIO PASETTO- - La predisposizione personale al cambiamento: fare il cuoco in diverse situazioni vuol dire fare tre mestieri diversi a seconda di dove sei e che cosa serve; è la capacità al cambiamento che determina i particolari, uscire di casa diventare imprenditore, viaggiare, starsene al paese: i ragazzi debbono essere messi in condizione di affrontare tutte queste alternative.

MARIA GLORIA GOLDONI- Aggiungiamo che la esigenza di adeguarsi al cambiamento comincia molto presto, fin da quando cambi un professore che è diverso da quello di prima e magari ti piace di meno. In questo modo si riesce a sottrarli dalla tentazione di sfuggire alle esigenze di sintonia nuova che la nuova situazione di richiede. Dopo di che ci sono i vari progetti e tutti hanno di sfondo la capacità di imparare a gestirsi che è la cosa più importante. La formazione è proprio questa se ci pensate: li mandiamo all’estero perché imparino le lingue? certo che sì, ma così facendo imparano anche molto altro, a cominciare da regolare in autonomia la propria vita, che può essere perfino più importante di quanto si apprende sotto il profilo culturale e linguistico specifico.

PAOLO VIVIAN- Lo studente deve percepire questa forza, di questo territorio, di quello che offre; in attività confindustriale troviamo una scuola adeguata al dialogo che creiamo, è un risultato costruito in anni di percorso ed è un fattore presente nella vita dei nostri giovani. Certo che hanno grandi possibilità di informazione che noi ai nostri tempi non avevamo.

luciano chiodi (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)LUCIANO CHIODI- Mi augurerei quello che dice Vivian, ma anche che i ragazzi percepissero il valore e anche il sacrificio necessario dello studio. Lo studio è per il latino inteso come passione, amore, desiderio, ma anche zelo diligenza, applicazione; lo studio ne è la sintesi: chi studia deve avere passione, senza la quale non si impara a cucinare e nemmeno a imparare latino e greco perché dopo la fiammata della passione occorre la diligenza e la regolarità dell’operazione dello studiare. Questo è un punto dolente: i ragazzi sono molto disturbati dalla molteplicità dei messaggi mentre la scuola funziona ancora con ritmi del passato che tengono conto dell’esigenza di silenzio meditazione riflessione e sintesi. Non è solo click sul mouse; i mezzi a disposizione non debbo alterare il principio dell’apprendimento che è uno sforzo mentale individuale da fare da soli passo dopo passo centimetro per centimetro. Nei ragazzini più giovani c’è la convinzione a volte che tutto sia raggiungibile subito per cui alla prima difficoltà si arenano.



nr. 05 anno XVII dell'11 febbraio 2012

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