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(g. ar.) – Perché è l'automobile a pagare il prezzo di provvedimenti che i vari governi adottano per rimediare alla crisi economica di turno? Le decisioni di Monti non si distanziano di molto da quelle che da sempre caratterizzano questa tendenza: benzina e autostrade che rincarano senza freno, assicurazioni che tendono a rincarare, restrizioni anche molto pesanti sui transiti lungo le fasce periferiche delle città. Tutto pare ancora una volta congiurare ai danni degli automobilisti e del settore dell'automobile.
Non bastasse questo inizio già poco incoraggiante, ecco i dati di mercato del settore che disegnano una realtà davvero preoccupante per non dire altro: il mercato italiano dell'auto registra un -19%, che parla da se', mentre la Fiat fa addirittura meglio perdendo una fetta di quasi il 21%, sconfessando così le previsioni ottimistiche del nuovo vertice manageriale che attribuiva all'operazione americana possibilità interessanti anche per il mercato italiano.
In Piazza ne ha parlato con Natale Bernardi per le Officine Confartigianato, Vittorino Bisson per i Concessionari auto Confcommercio, Roberto Cazzaro per i Carrozzeri Confartigianato, Gastone Vicari per i Benzinai Confcommercio e Romano Pigato presidente dell’Automobile Club Vicenza.
La situazione sia per quanto riguarda il quadro normativo sia per quanto attiene alla normale gestione quotidiana delle cose non è davvero consolante.
I provvedimenti del governo, a cominciare dall'abolizione del bollino blu, rappresentano per gli artigiani un nuovo problema in termini di flessione delle quantità di lavoro; se i meccanici sono in questa condizione anche i carrozzieri hanno qualcosa da lamentare perché il lavoro è calato vistosamente; idem se parliamo del settore commercio, come nel caso dei benzinai e dei concessionari auto: i primi osservano giustamente che stanno sfiorando il puro e semplice ruolo di esattori per conto del governo dal momento che i loro margini di guadagno sulle vendite di carburante si stanno riducendo all'osso a causa delle tasse sempre più forti che incidono sul prezzo del litro; per quanto riguarda i concessionari c'è ben poco da aggiungere al dato riferito in apertura sullo stato reale del mercato italiano: quando si parla di flessioni fino ad oltre il 20% è chiaro che ci si sta riferendo ad una realtà ammalata.
Stando così le cose risulta ben difficile immaginare un futuro diverso a questo settore
proprio principalmente per il fatto che qualsiasi provvedimento si immagini e poi si metta in pratica sembra destinato a procedere sulla stessa falsariga di sempre, costantemente a danno dell'auto e degli automobilisti, sempre e comunque cercando -come si fa- nuove fonti di “reddito” su un interlocutore che .di reddito tra poco non ne avrà più neppure per se' stesso, figuriamoci per far fronte ad altre eventuali imposte.
Purtuttavia, come è stato rilevato dai nostri ospiti a In Piazza, qualcosa di può e si deve ancora immaginare per dare un po' di respiro almeno alle prospettive. Vero che la normativa europea richiede adeguamenti rigorosi, ma altrettanto vero che ad esempio nel settore del trasporto pubblico si lascino circolare mezzi che sono completamente al di fuori dei livelli previsti dalla salvaguardia dell'ambiente. In compenso agli automobilisti si chiedono invece adeguamenti rigidissimi, percorsi obbligati in città che non hanno mai abbastanza spazio per dividere le zone protette da quelle non protette, o che addirittura per obbligo di legge arrivano alle assurdità meno prevedibili, come chiudere al traffico un quartiere e lasciare che tutto quello che ci gira attorno resti esente dal limite di ingresso e percorribilità.