NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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La potenza del luogo comune (e quant’altro)

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La potenza del luogo comune (e quant’altro)

Quanto siamo disposti a spendere della nostra saldezza ideologico/linguistica per contrastare davvero il dilagare del luogo comune? Ne vale ancora la pena?

STEFANO FERRIO- Siamo molto disponibili secondo me. Il problema è che non abbiamo occasioni facili per rinunciare anche se tutti abbiamo sperimentato la bellezza dell'improvvisazione, le cene non programmate, gli incontri che non ci aspettavamo: una volta su dieci scattano meccanismi in cui ci si lascia andare contrariamente ai cliché. Siamo smaniosi di queste variazioni che la vita ci regala anche se magari non le cerchiamo, ma che ci mettono comunque tutti d'accordo quando capitano. Il fatto è che siamo quasi sempre prigionieri di una specie di liturgia che ti chiude in recinto e lì finisce che trovi tutto, anche i luoghi comuni. E li usi anche se non vuoi.

ANTONIO STEFANI (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)ANTONIO STEFANI- Un luogo comune che si deve assumere per farsi accettare: quello in generale degli adolescenti dall'abbigliamento all'auto dalla musica al telefonino alla musica. Tutto tende all'omologazione perché se noni sei dentro sei escluso.

UCCIO CAVALLIN- Vale anche per gli adulti. Sul luogo di lavoro, se non condividi sei solo un, rompiscatole che non condivide. Con Ferrio non sono molto d'accordo sulla, disponibilità perché penso che spesso ci luoghi comuni o sono frutto di incapacità di sostanziare o sono risultato di un qualche ruolo del potere che ci gioca per mantenere lo status quo: la patria, la repubblica fondata sul lavoro; cosa vuol dire? Si usano queste frasi molto spesso per sintetizzare una situazione a vantaggio di qualche parte, per cui siamo di fronte a uno strumento di potere o poco altro.

ETTORE BEGGIATO- Fino a poco tempo fa non si poteva nemmeno sfiorare Garibaldi... Io sono stato assessore regionale per due anni, da prestato alla politica però con tutt'altra idea della mia vita: non mi ha molto toccato il lessico della politica, sono andato in Regione come ragazzo del gruppo che era composto da me e basta, erano i tempi di tangentopoli, la mia faccia pulita senza compromissioni faceva comodo, non mi ero nemmeno mai avvicinato alla marmellata. Mi hanno proposto di far parte dell'amministrazione ed ho accettato. Ho imparato a stare lontano da quel linguaggio oscuro e senza senso, volutamente complicato oltre che letteralmente inventato che però più che alla politica appartiene alla burocrazia e alla sua macchina infernale che sforna termini e luoghi comuni senza apparente fatica. Provate a scardinare questo sistema e le sue liturgie Da pendolare dei treni mi domando sempre perché diavolo devo obliterare un biglietto, e che diavolo vuol dire se non che esiste una macchina obliteratrice che svolge appunto quella funzione. Ci si adatta, ma accettare è un'altra faccenda.

ETTORE BEGGIATO) (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)ANTONIO STEFANI- La burocrazia è un luogo comune del luogo comune. Mi domando quale politico propone una legge e poi si mette faccia a faccia col funzionario che deve scrivere il testo costringendolo ad esprimersi in italiano; guardate che non è colpa dell'italiano, lingua ricchissima e straordinariamente vivace, ma è colpa di chi lo usa in questo malo modo. Se non mi faccio capire ti costringo a venire a chiedermi che cosa voglio dire? Può essere, ma siamo a Kafka: e però è vero che devo ancora trovare un assessore il quale a fronte di una norma dica signori, qui non si capisce una mazza, riscriviamo tutto...

Chiudiamo con politica, giornalismo, conversazioni da salotto e linguaggio ufficiale: chi ha di più da farsi perdonare dalla lingua italiana?

ANTONIO STEFANI- Il linguaggio dell'informazione si spiega soltanto se si immagine come viene confezionato il prodotto, sia giornale o notiziario radio o televisivo: tutto avviene nella fretta più totale, nella confusione; il telecronista ricorre a frasi fatte perché intanto il lavoro va avanti, tu lo segui mentre si svolge l'azione, e si risolve il problema di dare pezze d'appoggio a quel che succede spiegandolo. Si confeziona così. Ti aggrappi alle frasi per chiudere, è chiaro che si tratta di luoghi comuni...

UCCIO CAVALLIN- Le formule, lo slang, i codici, sono formule linguistiche che valgono categorie dell'informazione: stress e tutto il resto rendono necessario far riconoscere a chi ascolta o legge la categoria di appartenenza. Si cataloga l'informazione nel proprio universo e si digerisce l'informazione. I luoghi comuni hanno anche il vantaggio di semplificare tutto anche se impoveriscono ancora di più la varietà del linguaggio, fanno bianco e nero e non rimodulano mai le tonalità di grigio che invece sono il succo dell'analisi, di qualunque analisi...

STEFANO FERRIO- Debbo dire che di fronte ai giornali molto speso mi ritrovo sa pensare che sono costernato, sono cumuli di riempitivi, la cronaca nera è una congerie di riempitivi senza fine di cui non gliene frega a nessuno, la politica che compiace non si sa chi è un altro cumulo, lo sport si riduce quasi sempre a titoli stradigeriti e stravisti, poi nel giornale locale c'è quella summa straordinaria che sono i necrologi. Lì c'è un concentrato umano drammatico, vera informazione. Ho notato che si tende a mascherare l'età, ma insomma, a volte c'è la foto a spiegare che la gioventù era ormai lontana, però... Su un giornale di Brescia ho visto gli annunci delle nascite, con foto: bellissimo...

La potenza del luogo comune (e quant’altro) (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)UCCIO CAVALLIN- Anche qui: la gente si aspetta di vedere le cose come le vediamo. È rassicurante e non smuove troppo l'aria. Le locandine sono un esempio: sono quasi sempre le stesse, uguali a quelle del giorno precedente anche se i delitti e gli avvenimento di cui parlano sono evidentemente altri. Così non si cambia nulla e il cambiamento è come sappiamo drammatico anche solo come ipotesi...

ANTONIO STEFANI- Massimo dei luoghi comuni il gioco del pallone: se fate una piccola inchiesta tra i bimbetti che cominciano a tirare quattro calci e ad interessarsi del calcio grande vedete che il 99 per cento vi cita tre squadra: Milano, Inter, Juve. Il resto non esiste più, esiste solo il luogo comune che conta.

STEFANO FERRIO- E la catastrofe del controllo elettronico delle porte? A me piace il calcio truffaldino, fazioso; ve lo immaginate se davvero funzionasse il sistema nuovo? Mi piace più Buffon che mente piuttosto che Ibrahimovic che bacia maglie dove capita di volta in volta e invece pensa solo al suo conto in banca perché è un mercenario del pallone e non altro...

ETTORE BEGGIATO- Anche qui pensiamo che siamo a tre quotidiani sportivi ed erano quattro: comporta inevitabilmente assieme alle tv una pressione robustissima sull'informazione diversa.

ANTONIO STEFANI- Sposto il mirino sull'ambientalismo: tutti dobbiamo essere verdi, ecologici, rispettosi della categoria di santi composta dai ciclisti. Che viaggiano sul marciapiedi, rischiano di accoppare quelli che escono dal portone, ma i devastatori per eccellenza siamo noi costretti a guidare un'auto per andare a lavorare. Ci sono le categorie al contrario, apparentemente minoranze, ma invece luogo comune dove si diventa facilmente maggioranza. È una provocazione, non mi faccio degli amici, ma pazienza...

 

nr. 13 anno XVII del 7 aprile 2012

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