NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
google
  • Newsletter Iscriviti!
 
 

La festa del lavoro, oppure la festa al lavoro?

facebookStampa la pagina invia la pagina

La festa del lavoro, oppure la festa al lavoro?

GIANCARLO REFOSCO. «Difatti un’azienda non alcun interesse ad avere una maggioranza di contratti precari, tutt’altro. Io parlo di Confartigianato dove la realtà non è questa. Per un artigiano formare un collaboratore è essenziale, costa tempo e denaro e l’idea di lasciarlo andare è proprio l’ultima che ci venga in mente. A parte i lavori di tipo stagionale la regola per noi è questa. Ora i relatori della legge sono anche veneti, conoscono bene la realtà anche nostra e spero facciamo recepire i principi perché mi pare che la signora Fornero non sia molto ferrata nel mondo della bilateralità. Noi stiamo investendo nei giovani, la Regione ha recepito la legge del 25 ottobre e ha messo risorse alla formazione interna ed esterna all’azienda, l’apprendistato è la porta principale per l’ingresso al mondo del lavoro dato che quasi il 70 per cento dei nostri collaboratori arrivano proprio da lì. Oggi per noi che abbiamo una media di tre addetti è chiaro che è un po’ difficile lavorare senza garanzie sulle norme; a noi un collaboratore per sei mesi non serve, serve un quadro di prospettiva, un investimento che siamo disposti a fare ma solo se le regole sono chiare. Se la nuova legge sul mondo del lavoro riporta la contrattazioni tra le parti alla situazione di prima si deve ridiscutere tutto. Il che non è possibile. Non attacco iLa festa del lavoro, oppure la festa al lavoro? (Art. corrente, Pag. 4, Foto generica)l governo che sta facendo quel che la politica non ha fatto per anni, dico solo che deve fermarsi a dialogare con le parti sociali per non commettere errori che poi si pagherebbero tutti assieme senza molte possibilità di rimediare».

MIRKA PELLIZZARO. «Torno sul lavoro atipico: Confcommercio non usa i contratti in maniera atipica, le nostre aziende hanno necessità di una flessibilità diversa da industria e artigianato, utilizziamo contratti a tempo non per scoraggiare o non voler dar spazio ai giovani ma perché la tipicità del settore prevede intensificazioni delle punte di lavoro, per cui il lavoro a chiamata per il turismo non vuol dire precarietà cattiva, ma risposta alle aziende. Stagionalità ma non solo, ad esempio la ristorazione che ha punte nell’anno con picchi particolari e non per estensione stagionale. Insisto sul fatto che la chiamata al lavoro per le nostre aziende non è scorretta è assolutamente nelle regole. Sono le caratteristiche delle nostre attività a determinare queste esigenze. Per quanto riguarda la formazione e la riqualificazione sono assolutamente d’accordo, il personale è un patrimonio per l’impresa e ora con l’allungamento dell’attività lavorativa il problema è ancora più presente».

Ma questo modello europeo di liberalizzazione lo è davvero? O non è un modello quasi esclusivamente londinese?

GIANCARLO REFOSCO. «È chiaro che la crisi dovrebbe interrogarci sul modello di sviluppo che abbiamo e che vogliamo: non è globalmente sostenibile come abbiamo capito, i paesi più poveri stanno crescendo e a livello globale c’è un riequilibrio rispetto alla situazione esistente fino al 2008. Su che cosa costruiamo. Il modello delle liberalizzazioni è importante e non è una crescita all’infinito che non è possibile. Bisognerebbe approfittare della crisi che ha cambiato il livello economico e La festa del lavoro, oppure la festa al lavoro? (Art. corrente, Pag. 4, Foto generica)rischia di cambiare quello sociale e su questo riflettere. Le aziende di tutti i settori hanno bisogno di un m,argine di flessibilità, ma ci sono limiti: non si può fare stage e tirocini continui, bisogna fare flessibilità buona e non flessibilità con lavoro interinale per sempre, o con partite IVA fasulle, perché sui tratta di aggiramenti. Tutto questo fa male alle imprese perché non crea il circuito di investimento e fidelizzazione che è invece determinante».

CLAUDIO MIOTTO. «Il discorso delle partire IVA è semplice, si può lavorarci: se dopo sei mesi sei ancora una partita IVA sei un lavoratore dipendente nascosto. Occorre il lavoro corretto in forma corretta, si creano costi diversi e concorrenza scorretta. Stiamo cambiando come dice Refosco: finora attorno al tavolo del mondo eravamo solo noi, un miliardo circa, mentre ora arrivano altri tre miliardi di uomini che vogliono quel che noi già conosciamo. Ovvio che bisogna riproporre noi stessi e diverse soluzioni. Il nostro territorio che ha produzione manifatturiera ha tenuto bene. Quel che ha drogato il mercato è la finanza, quella che non serve, quella definita creativa che produce soldi con soldi cioè carta straccia. Con quella non si va da nessuna parte. Occorre lavoro, bisogna ripartire proprio dal lavoro».

 

nr. 16 anno XVII del 28 aprile 2012

« ritorna

Come installare l'app
nel tuo smartphone
o tablet

Guarda il video per
Android    Apple® IOS®
- P.I. 01261960247
Engineered SITEngine by Telemar