NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
google
  • Newsletter Iscriviti!
 
 

La festa del lavoro, oppure la festa al lavoro?

facebookStampa la pagina invia la pagina

La festa del lavoro, oppure la festa al lavoro?

Quale cifra occorre dare oggi alle riforme annunciate e in corso ma soprattutto alla prospettiva futura anche tenendo conto della realtà nella quale viviamo che non è più una realtà solo nazionale, ma ha come riferimento l'Europa e o sindacati che potere contrattuale hanno?

GIANCARLO REFOSCO. «Sono state toccate le due corde principali da affrontare anche a livello territoriale nostro. La prima questione è che il nostro territorio che ha capitali professionalità e tutto quel che occorre dovrebbe progettarsi per diventare anche attrattivo. Lo si fa partendo da una base consistente, lavorando su un progetto anche ambizioso di recupero e ristrutturazione delle condizioni per gli investimenti. Una questione è quella formale burocratica: se nel nostro territorio si creano regole che facilitano e sveltiscono le operazioni facciamo un favore a tutti e le condizioni sono positive. Il secondo elemento è quello del credito con a ruota i pagamenti della pubblica amministrazione. Poi ci sono i rapporti tra associazioni imprenditoriali e sindacato che qui sono buoni e consentirebbero di creare i presupposti per investimenti. Poi c’è la riforma fiscale: vogliamo riconoscere che abbiamo il peso della fiscalità che grava su imprenditori e lavoratori mentre grava molto La festa del lavoro, oppure la festa al lavoro? (Art. corrente, Pag. 3, Foto generica)meno sulle transazioni finanziarie e meno ancora su quelli che si sottraggono al fisco? Insomma, è di creazione di posti di lavoro che bisogna parlare con la massima serietà».

GIANCARLO REFOSCO. «C’è qualcosa che si muove, come il piano casa della Regione ma occorre assecondare non ostacolare. Ci sono mille possibilità per poter dare risposta anche alle aziende che sono già in aree artigianali esistenti e chiedono di poter ampliare il capannone. La Regione ha stabilito i suoi paletti e si conoscono, dopo di che ogni Comune ha pensato bene di piantare i propri di paletti e il confronto è stato reso così praticamente impossibile perché ciascun imprenditore si trova davanti a un marasma incredibile e non ha un confronto comprensibile. Fare del no non produce nulla, la fiscalità, il credito, la pubblica amministrazione che non paga: Passera l’altra sera ci ha detto che esiste il prosoluto e cioè lo Stato non riesce a pagare per cui attraverso le banche si pesca nel fondo di solidarietà e chi avanza soldi dallo Stato, soldi certificati da un funzionario, otterrà il pagamento. Quale funzionario? Quale interesse? Quali tempi e quale meccanismo? Finisce con questo meccanismo che il debitore incassa anche gli interessi. Diciamoci serenamente che non ci sono più soldi, ma non prendiamoci in giro con questi giri di parole che poi alla fine non significano niente. Le banche? I soldi in prestito della banca europea sono divisi in due, vincolati per la metà all’acquisto di buoni di Stato e per l’altra metà alla capitalizzazione delle loro esposizioni».

GRAZIA CHISIN. «Torniamo un attimo su che cosa fa il sindacato: sulle aperture domenicali già nella contrattazione del 2008 avevamo sancito un’opportunità di tentare di limitare con il 30 per cento della presenza per i lavoratori delle domeniche previste allora dalla legge regionale. Siamo arrivati passo dopo passo alla condizione di oggi, prima al massimo di 12 domeniche poi a poco a poco all’ultimo provLa festa del lavoro, oppure la festa al lavoro? (Art. corrente, Pag. 3, Foto generica)vedimento dell’assessore Coppola con l’idea della metà circa delle domeniche nell’anno. Quel 30 per cento iniziale però c’era sempre e in qualche modo ha calmierato qualcosa. Avevamo dato anche un valore diverso al lavoro domenicale aumentando la percentuale tanto che attraverso gli integrativi si arrivava a circa il 60 per cento della valutazione specifica di quel momento. Ora sta succedendo che il decreto sulle liberalizzazioni crea un altro problema: le aperture dovevano portare l’indotto di più capacità di spesa, riavviare i consumi e creare nuova occupazione che poi è l’obiettivo del sindacato. Non solo non è arrivata la nuova e buona occupazione (non può essere quella dell’assunzione per un giorno a settimana e nemmeno il sacrificio chiesto ai lavoratori a cui si vuole pagare la domenica come una giornata normale di lavoro), non c’è crescita occupazionale, non sono aumentati i volumi della grande e media distribuzione e la liberalizzazione prevista dal decreto non riguarda solo le domeniche ma tutte le festività per cui non ci può essere chiamata obbligatoria per tutti i lavoratori, ma facoltà di prestazione senza conseguenze, contestazioni o provvedimenti disciplinari. Qui si sono sempre sviluppate buone relazioni sindacali e produttive, qualche domenica interessante e possibilità di sviluppo sono state individuate, ma oggi tutto il quadro è penalizzato perché le liberalizzazioni hanno diverso valore a seconda di dove si applicano. Quanto poi all’Europa, io dico che in Austria, Alto Adige, Germania, dappertutto, al sabato sera alla 7 non c’è più aperto niente. Qualche domenica di apertura ma non di più: Monaco durante la festa della birra non tiene aperti i negozi del centro città, a Parigi lo stesso: a parte cinque domeniche di rotazione nelle zone ci sono solo i food aperti fino alle 13».

Qual è oggi la capacità contrattuale del lavoratore rispetto ad un interlocutore che dispone di mezzi diversivi notevoli, come ad esempio la cosiddetta delocalizzazione e come si crea la buona occupazione.

MARINA BERGAMIN. «Le cose che abbiamo detto finora sono importanti e ci confrontiamo sempre sull’economia l’impresa il territorio ed è giusto, La festa del lavoro, oppure la festa al lavoro? (Art. corrente, Pag. 3, Foto generica)però a me piacerebbe tornare al 1° maggio come tema autentico del lavoro che ha un dato quantitativo, il lavoro che c’è e quello che bisogna creare, ed ha anche un dato qualitativo perché è innegabile che il lavoro si è molto trasformato: nessuno di noi crede poi al lavoro fisso per decenni e per sempre, tutti sappiamo che davanti a noi c’è una possibile discontinuità, ma il fatto è che questo paese sta contando troppo sulla pressione del costo del lavoro su questa via, uso di lavoro atipico per uscire dalla crisi. In Veneto nell’ultimo anno otto assunzioni su dieci nell’ultimo anno sono a rapporto atipico; fatta la tara sulla crisi che c’è c’è stato un abuso di utilizzo di contratti e contrattini atipici come nei centri commerciali dove molti di questi negozi utilizzano tipologie che nulla hanno a che vedere col lavoro subordinato, finti lavori autonomi dove con finte associazioni in partecipazioni, finte partite IVA e finte collaborazioni. Il disegno di legge sul mercato del lavoro è molto importante perché per uscire dalla crisi in termini qualitativamente alti dobbiamo riflettere tra di noi anche su questo tema. Oggi assumere giovani donne o ultracinquantenni con contratti di questo tipo non fa bene alle persone ma neppure fa bene alle aziende perché senza progetto non c’è formazione e non c’è ipotesi di prospettiva della qualità. La formazione e l’utilizzo delle ingenti risorse che ci sono rappresentano un campito per noi tutti sia per mantenere il lavoro a chi ce l’ha sia per chi lo perde ed ha il diritto dovere di cercare nuova occupazione con un sostegno di prospettiva durante questo transito».

« ritorna

continua »

Come installare l'app
nel tuo smartphone
o tablet

Guarda il video per
Android    Apple® IOS®
- P.I. 01261960247
Engineered SITEngine by Telemar