NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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La festa del lavoro, oppure la festa al lavoro?

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La festa del lavoro, oppure la festa al lavoro?

Perché il lavoro è passato nelle pagine secondarie dell'agenda del potere, che peso ha ancora oggi?

marina bergamin (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)MARINA BERGAMIN. «Il 1° maggio resta assolutamente significativo e che rischia operò di essere mangiata dal consumismo dalla crisi e cioè da questa idea che ogni giorno è buono per produrre e consumare mentre passano in secondo piano altri valori come la memoria la proposta òla riflessione sul mondo del lavoro e su quanto gli sta accadendo; a rischio è proprio un’idea di società e di socialità, di comunità e di famiglia. Le feste, ne abbiamo discusso molto sull’apertura dei negozi, sono fatte anche per ribadire alcuni valori importanti, come dire che non si possono sacrificare questi valori che sono civili religiosi familiari: sull’altare della produzione e del consumo non possiamo rinunciarci perché ce ne pentiremo amaramente. Andiamo in contro a una società molto sola fatta di individui e quindi da questo deriva il nostro sforzo fatto anche di atti estremi come lo sciopero che non ci piacciono ma servono a stabilire la difesa di uno stato di pensiero di socialità e di memoria che va preservato al di là delle appartenenze. È opportuno ripensarci con attenzione aggiungendoci che il decreto sulle liberalizzazioni, applicato immediatamente e diffusamente lo è stato solo su questo terreno».

grazia chisin (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)GRAZIA CHISIN. «Abbiamo avuto momento buoni per l’economia ma dal 2008 abbiamo una crisi quasi permanente e in più leggi a livello nazionale che hanno tentato di dare un impulso diverso anti crisi dicendo anche che dobbiamo fare tutto questo perché ce lo dice anche l’Europa, cioè è una condizione per rimanere in Europa. Oggi stiamo verificando che tutto questo non è perché le liberalizzazioni specialmente in materia di orari commerciali stanno producendo guasti gravi all’interno del mondo del lavoro, ci sono uomini e donne impegnati tutti i giorni della settimana, abbiamo condizioni di minor favore rispetto ai diritti conquistati per cui la festa del 1° maggio la richiamerei in toto perché serve anche a ricordare perché festeggiamo, perché sono conquista fatte anche sulla dignità della persona, quella stessa che il consumismo rischia di farci perdere. Diritti e conquiste non si abbandonano perché al centro del lavoro c’è sempre la persona».

giancarlo refosco (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)GIANCARLO REFOSCO. «Dietro questi provvedimenti c’è una teoria per cui lasciare completamente libero senza regolamentazione il mondo dei negozi è un elemento che può favorire la dinamica di crescita dei consumi. Ma c’è il primo paradosso relativo ai consumi perché la domanda interna sta flettendo. Non è in questo modo probabilmente che si fa crescere la domanda bensì con una serie di altri interventi. C’è poi un secondo paradosso che mette di fronte persone che lavorano sette giorni alla settimana ad una festa del lavoro che anche per la nostra terra tra le più povere d’Italia qualche decennio fa e poi diventata tra le più ricche d’Europa grazie al lavoro delle persone, alle aziende piccolissime piccole grandi medie ecc. Forse non abbiamo abbastanza apprezzato il livello del nostro benessere. Ora la difficoltà più grande al 1° maggio è riuscire a dare una risposta a chi ha perduto il lavoro o rischia ora di perderlo».

claudio miotto (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)CLAUDIO MIOTTO. «Uno degli elementi portanti della vita di un uomo e di una donna è proprio il lavoro; l’attenzione deve essere sì sulla storia della rivendicazione ma anche sul momento di socialità e dello stare assieme. Nel quadro evocato prima di me c’è anche naturalmente la famiglia non solo il lavoro. Il valore della famiglia del condividere è fatto anche di momenti interiori ma di altri momenti in cui si condividono. Altrimenti il rischio è quello di perdersi individualmente. Oggi siamo in momenti difficili e sono questi momenti in cui bisogna trovare compattezza e spirito di comunità: la fragilità che si manifestano nei momenti di debolezza si superano chiamando aiuto e si ha aiuto stando vicini. Il 1° maggio è un buon momento anche per insegnare ai nostri ragazzi a fare qualcosa che non sia esclusivamente dedicato al loro esterno: c’è anche la famiglia».

MIRKA PELLIZZARO. «È già emerso il tema delle liberalizzazioni. Parto da questo. La Confcommercio si è battuta e continuerà a battersi per monitorare e limitare la chiusura domenicale. Non siamo mai stati per tutele domeniche aperte e capiamo che cambia il mercato e cambiano anche le esigenze delle persone. La comunità mirka pellizzaro (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)europea ci chiede cambiamenti, la Regione aveva approvato il commesso delle 26 domeniche e non 52, speriamo che la Corte suprema dia ragione a questa impostazione perché condividiamo il discorso della socialità e della famiglia come capiamo l’impegno che ci stanno mettendo tutti gli operatori. Ora ci sono turnazioni diverse, organizzazioni diverse che coinvolgono anche la famiglia, inevitabilmente. E le soluzioni vanno trovate. Il decreto Monti dice che la liberalizzazione crea i presupposti, ma ai dati attuali questi presupposti non si vedono per cui l’apertura domenicale non fa che spostare il giorno di incasso, da dov’era prima alla domenica. Tutto qui, non c’è riscontro e non c’è ritorno dalle nuove aperture. Ci sono esigenze di mercato per cui controvoglia bisogna tenere aperto e per ora non si va oltre. Al momento dunque non è un incentivo, ma solo un tentativo di far ripartire il mercato il quale fatica a ripartire perché manca la capacità di spesa. Servirebbero interventi per far sì che costo lordo del personale e netto in busta del lavoratore formassero una forbice meno larga. Uno degli interventi in stallo come la detassazione degli straordinari o quella del lavoro domenicale ancora non hanno i decreti attuativi per l’applicazione e sarebbero utilissimi. Bisognerà risolvere la questione a breve, magari un piccolo scalino ma sicuramente un potere di spesa leggermente migliore per tutti».

CLAUDIO MIOTTO. «Aggiungo un dato: manca lavoro e si vede, tutti gli strumenti per aiutare il lavoro che c’è vanno benissimo compresi i cali fiscali e gli aumenti in busta paga, minore pressione, ecc. resta il fatto che non cil sono le risorse per farlo. Ci sono aziende che possono investire ma si fa di tutto per impedirlo. Il territorio va salvaguardato naturalmente ma serve anche a costruire opportunità: bisogna avere regole certe per dare la possibilità di realizzare a chi ha un progetto. C’è la Despar a Longare che ha scelto un territorio dove inserire il suo magazzino di distribuzione del nord Italia: ha il terreno, lo compra, chiede al Comune posso fare questo? Risposta con cavilli, comitati, difficoltà, ecc. I posti di lavoro non si creano per decreto ma permettendo a chi ha progetti di realizzarli. Giorni fa a Brindisi volevano fare un nuovo degassificatore fratello di quello già fatto a Glasgow dove funziona benissimo: un migliaio di posti di lavoro, un importante investimento. Invece che favorire l’iniziativa la burocrazia ha cambiato le carte cento volte finché l’imprenditore dopo undici anni di attesa ha deciso che se ne va altrove. Questa è la morale. Se non decidiamo di svecchiare questo paese con rispetto sì delle regole scritte ma che poi devono vincolare tutti io credo che nessuno verrà a investire in Italia e chi ha voglia di farlo ci penserà tre volte».

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