“Quello vicentino è un pubblico che si muove”
Il direttore artistico della Teatro di Schio Annalisa Carrara non parla di concorrenza tra i vari teatri vicentini,
ma di sinergia a tutto vantaggio della promozione del teatro. Confortanti i dati relativi alle presenze dei giovani
Incontro con Annalisa Carrara, direttore artistico della Fondazione Teatro Civico di Schio, che ci ha fatto un consuntivo generale sulla stagione appena conclusa: molta attenzione al pubblico giovane, ma anche a quello più adulto, con la possibilità di suggerire gli spettacoli per la stagione successiva, scegliendo tra una proposta di circa 60 titoli. Info www.teatrocivicoschio.it
Come è andata la stagione? Avete avuto un incremento di spettatori.
Annalisa Carrara: «Sì, il 10% in più: abbiamo aumentato la proposta perché abbiamo fatto anche Patricia Zanco, Patrizia Laquidara e Albanese fuori abbonamento. Abbiamo tutti i questionari degli spettatori che confortano: il voto alla stagione, la media è da 1 a 10, è 7.5. Pubblico prevalentemente di donne, come dovunque».
Questo per tutte le rassegne?
«In Schio Grande Teatro abbiamo un pubblico misto che proviene da tanti comuni, addirittura c’è gente da Venezia o dalla Riviera Berica, in tutto una cinquantina di comuni. C’è un pubblico che viene per vedere quello spettacolo, quel testo o il protagonista, rileviamo fiducia nella programmazione della Fondazione e abbiamo dei gruppi che vengono apposta o che amano un certo tipo di teatro, fanno l’abbonamento a 5 spettacoli anziché al completo e muovono la loro micro comunità. Quello è un pubblico colto, esigente. quando ti sposti su Teatro Veneto hai un innalzamento dell’età e un pubblico più tradizionale. Nelle famiglie si ripete il fenomeno di persone che vengono da altri comuni e Vicenza ha una grande programmazione per ragazzi, ma magari hanno un amico qui, quindi cambia la motivazione. Volare alto a scuola, la rassegna per la scuola, ha una caratteristica particolarissima: vengono in prevalenza le superiori».
Molti artisti dicono che i ragazzi vanno a teatro, ma altri sostengono che c’è il problema di creare un turnover generazionale nel pubblico. Questi ragazzi che vengono a vedere gli spettacoli a loro destinati, che tipo di feedback vi danno? Riuscite a intercettare i loro gusti?
«Intercettare i gusti è difficile perché sono variegati e se fai una domanda non ti rispondo all’istante. Creare dei momenti in cui si apra la comunicazione richiede tempi con le compagnie e con le scuole. Io credo che portarli a teatro a vedere delle cose non noiose e non pesanti, che possibilmente parlino di un mondo loro, è già un buon passo per indicargli che andare a teatro non è una noia mortale e che non ti ritrovi solo con persone d’età. Il lavoro sui giovani, da noi, avviene col laboratorio Campus Company: tanti di quei ragazzi, quando vanno all’università, si iscrivono a scuole di teatro, tornano anche dopo a fare il laboratorio o a vedere la restituzione dei ragazzi, altri fanno le maschere, per cui si crea una specie di circolo virtuoso. Non che basti a rinnovare il pubblico, che è un tema difficilissimo da affrontare. Io credo che passi dalla scuola, ma non solo andare due volte all’anno a teatro: in Germania e negli altri paesi del Nord Europa lo studiano, il teatro. C’è una bella differenza. I ragazzi cercano qualcosa che li tocchi in profondità oppure si divertono con Albanese e Paolini, che non è affatto un teatro leggero. In Italia manca un lavoro sui giovani vero e reale e mi dispiace tanto: lo spettatore medio, serale, adulto ha tra i 50-60 anni, capisci che bisogno c’è. Se vuoi cambiare programmazione devi inserire dei pubblici, ma è un lavoro di funzione pubblica dove investi del denaro per far crescere una giovane generazione di spettatori. In parte lo facciamo: quest’anno abbiamo fatto “Eroi” di Pennacchi, sull’Iliade, e tutte le lezioni di Pennacchi immaginabili e possibili, perché li adorano, sia i docenti che i ragazzi, perché li conoscono. Per cui Galileo Galilei, uno in inglese su Shakespeare, poi 3 spettacoli dedicati alla prevenzione, uno per le terze medie per la prevenzione degli incidenti stradali. Uno, “Somari”, che è stato il più problematico nei confronti dell’utenza, spettacolo premiatissimo: finalista Premio Scenario, primo premio degli spettatori a Lugano e parla di un ragazzo che prende sotto sequestro una scuola a mano armata, però con toni leggeri e non molto drammatici. Il terzo è uno spettacolo bellissimo, di Filippo Tognazzo, che si chiama SAD, acronimo di “sopravvivere all’autodistruzione” e che si basa su 4 capitoli: alcolismo, abuso di sostanze ecc., ma che non ha nulla di paternalistico, è pieno di sorprese ed è costruito talmente bene che i ragazzi sono felici di avere informazioni franche e dirette che non pescano minimamente nel torbido e che affrontano i problemi, cosa che a loro manca tantissimo. Questa è stata la programmazione della mattina, per le superiori».