NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Antigone l’eroina dell’Olimpico

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Antigone l’eroina dell’Olimpico

“Antigone” è una tragedia classica ma tutta la vicenda viene raccontata in maniera molto gentile, simpatica e accattivante, chi guarda forse non si immedesima tanto nel dramma dove tutto è deciso quanto nella forma narrativa che avete scelto, dove sembra che ci sia una forma di speranza. Non è uno stravolgimento toppo ardito?

Antigone l’eroina dell’Olimpico (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)R.T.: «A me è piaciuto molto questo testo per questo punto di vista: i cani e le cornacchie alleggeriscono però non dimentichiamoci che loro sono quelli che si mangiano i cadaveri, la cornacchia parla del corpo appunto come cibo. Quello che a me è piaciuto è che anche nell’Antigone classica è l’uomo protagonista che decide, che fa dei disastri inenarrabili che si ritorcono su se stessi. Noi siamo i protagonisti della storia ma la natura in qualche modo ci sopravvive. Mi sembra che sia un messaggio ecologicamente molto importante oggi».

Nella letteratura di oggi i personaggi sono meno potenti quindi meno duraturi, rimangono alcuni villains cinematografici che però durano al massimo qualche anno e sono spesso legati a realtà generazionali rappresentate da attori che magari subiscono un destino misterioso legato al personaggio che interpretano, penso a Bela Lugosi, Brandon Lee o Heath Ledger. Perché oggi non si riescono a scrivere dei personaggi che rientrino nel mito come è avvenuto per quelli del teatro classico o per quelli di Shakespeare? Colpa di troppo buonismo e politically correctness o proprio è venuta a mancare la capacità di scavare e quindi di strutturare personaggi e dinamiche?

A.C.: «Antigone è proprio un’eroina, una ragazzina di 12 anni che si rifiuta di accondiscendere delle leggi di stato. Negli ultimi anni in Italia sono state fatte cose indicibili, per esempio nei confronti degli immigrati: esseri umani che avevano bisogno di trovare rifugio in un Paese e sono stati allontanati; in una condizione così vengono a mancar gli eroi. Antigone rappresenta quello: va bene la legge ma ci sono dei diritti che lo Stato deve mantenere e questa è una cosa che è stata persa. Il cinema alla fine va a prendere situazioni dal reale, la letteratura anche. Oggi non ci sono personaggi del genere ma non ce ne sono più proprio nella vita».

D.C.: «Nel mio ambiente io conosco dei ragazzi molto giovani, in gamba, creativi, completamente abbandonati alla loro immaginazione. Non c’è nessuna forma di struttura o “ascensore” in cui si prova a mettere queste persone in posizioni di responsabilità. Per me è uno spreco pazzesco».

Le canzoni sono molto belle e nel coro degli anziani Didie canta: “l’amore sopravvive alle stagioni ed è più grande di mamma e papà” e poi “Nessuna risorsa è meglio spesa di quella bruciata per amare” e la parola amare viene ripetuta più volte. Nella tragedia gli eventi sono tutti di natura violenta: come siete riusciti a estrapolare questa carica così positiva, quasi di fede? Nonostante gli eventi negativi che si susseguono siete riusciti a creare un’atmosfera di sollievo.

R.T.: «La missione di Antigone è una missione d’amore: si potrebbe pensare che è per superbia invece è l’amore per i fratelli, che poi da bambini è fortissimo; è l’amore che spinge Emone, che è un’altra figura importantissima, il contrario di Creonte che è proprio panna montata. Emone per amore va incontro alla sua sorte».

D.C.: «Non è mai una scelta razionale, per quanto mi riguarda: io son innamorato della bellezza che c’è nella musica e certe cose quando sono belle è come se si attraessero tra di loro, si autoalimentano. Le parole del testo mi hanno portato in quella cosa, quella frase è commovente, c’è qualcosa di sconosciuto».

La pièce si conclude simbolicamente con le cornacchiette che vogliono sentire ancora la storia di Antigone e stanno in attesa con i beccucci aperti poiché la storia è il cibo. È un richiamo forte: senza storie ben raccontate e tramandate non possiamo crescere ed evolverci. Le popolazioni dei paesi mediterranei in questo momento scendono in piazza per protestare, sono nazioni che hanno una cultura teatrale forte, come Grecia, Spagna. Come si può evolvere, secondo voi, la fruizione di storie raccontate e tramandate, e quindi di teatro e musica, in un momento storico come questo in cui la gente è così in difficoltà?

A.C.: «Siamo stati in Sardegna, dove in un piccolo comune un sindaco giovanissimo ha fatto sforzi enormi per avere uno spettacolo. Ci sono delle realtà dove dietro ai tentativi ci sono dei giovani che hanno voglia, che ci credono e che provano strade diverse. io credo che l’unica alternativa sia una nuova generazione con parametri che non sono gli stessi di quella precedente».

R.T.: «Innanzitutto non è vero che le risorse non ci sono: in questo momento stanno venendo fuori le regioni con centinaia di migliaia di euro sprecati a destra e a manca. La storia di Antigone è attualissima proprio perché veniamo soffocati, vengono salvate le banche e le finanza, ma il mondo e le risorse sono altrove. A me sembra che recuperando la naturalità, come le cornacchie che si preoccupano di mangiare tutti i giorni e di raccontare delle storie importanti, sopravvivremo senza farci troppo male. Se questo non avviene, la povera Antigone continuerà ad essere sepolta viva in una grotta. Dove c’è rinnovamento le cose vanno meglio. Per esempio qui a Vicenza adesso, con la nuova direzione di Nekrosius, c’è più attività e gli spettacoli sono esauriti».

 

nr. 34 anno XVII del 6 ottobre 2012

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