NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Quella prima macchinetta a 9 anni

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Quella prima macchinetta a 9 anni

Quali porte ti ha aperto la notorietà?

«Diciamo che la foto è molto conosciuta, però non penso mi abbia cambiato la vita. In questo campo c’è un'estrema concorrenza e bisogna battersi ogni giorno per farsi notare. A volte chi ha molto giro di lavoro non è chi è bravo veramente o il vero artista. Purtroppo si... bisogna conoscere le persone giuste e assolutamente essere nel posto giusto al momento giusto».

Quella prima macchinetta a 9 anni (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Hai vissuto negli States, qual è la differenza di mentalità? Ci sono più opportunità? È più facile emergere?

«Senz’altro quello che chiamano il sogno americano non è solo un mito. Ci sono molte più opportunità che in Italia però devo dire che con la crisi anche l’America sta vivendo periodi difficili e le opportunità di conseguenza diminuiscono. La differenza di mentalità a volte è immensa, soprattutto nell’essere presenti in caso di difficoltà. Possono essere freddi nei rapporti mondani, non ci sono sguardi diretti, poco contatto umano, insomma ci si sente un po' soli in mezzo a tanta gente, ma quando è il momento di aiutare il prossimo, si può sempre contare su qualcuno ed è quello il bello dell’America. Sul lavoro invece è molto più facile trovare persone con cui collaborare. Da noi, soprattutto in Veneto, è quasi impossibile trovare una stilista o uno showroom disposti a collaborare per dei test fotografici. In America è forse la norma. Insomma, in America forse è più riconosciuta la meritocrazia rispetto all’Italia».

Sei la dimostrazione vivente che la fotografia è anche donna. Siamo abituati ad un mondo di quasi soli uomini di successo... qual è il valore aggiunto dello sguardo femminile sul mondo?

«Non posso dire che la donna abbia più sensibilità nel cogliere l’attimo, conosco fotografi maschi che hanno una sensibilità tale che va oltre qualsiasi concetto tipico di animo maschile o femminile. Penso si tratti solo di passione per questa arte. Due fotografi possono fotografare lo stesso identico soggetto e il risultato è un universo di differenze. Essere donna sicuramente rende le cose più difficili ma solo a livello tecnico... siamo comunque sempre viste come la parte più debole per cui, se messe a confronto con un uomo per la scelta del fotografo che debba fare un viaggio per un progetto, si tende a scegliere l’uomo. E per finire, molti Art Director delle riviste di moda sono donne e molte donne preferiscono lavorare con un uomo. Comunque sono convinta che ormai abbiamo raggiunto dei buoni livelli anche come donne in carriera e ne è grandioso esempio la fotografa Annie Leibovitz».

Come "vedi" oggi Vicenza? Come la fotograferesti?

«A Vicenza mi considero ancora un po' straniera. Sto scoprendo una Vicenza assolutamente incantevole sia nell’arte che custodisce, sia nelle persone disponibili e meravigliose. Non c'è niente che non fotograferei. L’andare in America ed il tornare in Italia dopo tanti anni mi ha fatto aprire gli occhi e vedere questa città in modo totalmente diverso. È come quando si possiede qualcosa di importante ma non lo si sa fino a quando non lo si perde. Mi ricorderò sempre al college un compagno che mi chiese: ma tu arrivi da quelle cittadine dove ci sono tutte le casette colorate? Io non avevo assolutamente alcun ricordo di casette colorate... Ebbene, aveva ragione... al mio ritorno ho guardato questa mia città con occhio completamente diverso».

Quella prima macchinetta a 9 anni (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Giorni fa il prestigioso The Guardian nel suo periodico domenicale The Observer ha descritto Vicenza come "La gemma nascosta del Nord", sottolineando come lo straordinario tessuto palladiano sia stato arricchito da nuove proposte culturali e dalla vivacità del suo centro storico che l’hanno trasformata in meta che merita un lungo weekend e non una visita mordi e fuggi. Se dovessi costruire un album fotografico di Vicenza per spedirlo nel mondo, quali scorci metteresti al primo posto?

«Nulla di già visto... odio essere scontata. Busserei a tutti i portoni e mi farei aprire... ci sono giardini incantati dietro quei muraglioni di cemento e quei portoni di legno massiccio. Ricordo una notte di neve in cui stavo fotografando ponte san Michele al buio completo. La luna illuminava l’acqua e la neve la rifletteva. Era l’una di notte ed ero completamente sola... (devo dire che Vicenza è meravigliosa nel silenzio della notte). Un signore passò di lì e mi chiese cosa stavo fotografando se non si vedeva nulla ad occhi nudi! Io gli dissi, se ha dieci minuti glielo faccio vedere. Stavo facendo Polaroids e quando gli feci vedere la foto rimase a bocca aperta... mi fece scrivere dietro la Polaroid l’orario della foto e il mio nome per farla vedere agli amici che secondo lui non l’avrebbero assolutamente creduto. Qualche settimana dopo mi invitò per mostrarmi una location. In centro a Vicenza, un grande portone di legno, una storia indistruttibile segnata su quel legno. Lo aprì e dietro c'era un giardino interno meraviglioso. Vicenza nasconde dietro le sue mura giardini incantati ed è un peccato non riuscire a farsi aprire quelle porte. È un progetto che vorrei intraprendere».

Chiudiamo ritornando all'evento Pianegonda... c'era un cuore come simbolo.

«La mia frase è sempre stata: I dream every day, that’s my secret... con la maturità di oggi dico: lasciati sognare ogni giorno ma grida anche a te stesso ‘lo voglio con tutto l’animo’. È l’unico modo per far avverare i tuoi sogni. Volerlo con tutto il cuore».

 

nr. 03 anno XVIII del 26 gennaio 2013

Quella prima macchinetta a 9 anni (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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