(C.R.) Nel prossimo futuro i medici di famiglia diventeranno una “merce rara”, soprattutto nelle regioni del nord. A lanciare l'allarme è la Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) sulla base dei dati dell'Ente nazionale di previdenza dei medici (Enpam). Dalle proiezioni Enpam infatti si stima che in Lombardia nel 2013 andranno in pensione 71 medici lombardi, 141 nel 2015, 180 nel 2016 e ben 598 nel 2021, ma il problema, più o meno con numeri simili in proporzione, riguarda tutto il Nord Italia e anche il Veneto. Un fenomeno, quello della carenza dei medici di base, che è più accentuato al Nord e meno al Sud, perché nelle regioni meridionali ci sono più medici sotto-occupati che potranno essere occupati correttamente e compensare il fenomeno. In regioni come la Lombardia e il Veneto invece i medici sotto-occupati sono meno. Noi abbiamo affrontato il problema nella realtà vicentina, dove dalle parole degli addetti ai lavori sono emerse le stesse preoccupazioni ma anche le strategie per uscire da questa situazione.
Michele Valente, presidente provinciale dell´ordine dei medici di Vicenza
«Un problema anche da noi. Ma attenzione anche ai neodottori che emigrano»
Del problema rischio "estinzione" dei medici di famiglia è consapevole anche il dottor Michele Valente, presidente provinciale dell´ordine dei medici chirurgici di Vicenza, che peraltro allarga questa prospettiva anche per altre figure di professionisti. «È vero - precisa Valente - è un problema del quale siamo consapevoli e sul quale stiamo lavorando in varie direzioni, visto che riteniamo che il problema si aggraverà tra 4-5 anni. La verità è che l'allarme non riguarda solo i medici di famiglia, ma anche, per motivi diversi, gli anestesisti, i cardiologi, i radiologi e i ginecologi. Un'altra categoria che sta registrando un calo preoccupante è quello dei chirurghi, perché soprattutto i giovani non vogliono avventurarsi in un comparto dove è molto alto il rischio di contenziosi medico-legali e dove le assicurazioni tendono sempre meno ad appoggiare queste figure e quando lo fanno chiedono cifre molto alte».
«I nostri appelli alla politica regionale e nazionale continuiamo a farli - riprende il presidente dell'Ordine berico, in riferimento al previsto calo del numero dei medici di famiglia - perché non c'è dubbio che se il numero "numero chiuso" alle facoltà di medicina è dimensionato ai posti letto a disposizione della Regione Veneto, c'è il rischio che con il taglio dei letti stessi venga ulteriormente diminuito anche il numero disponibile di posti nei nostri atenei. E invece al sud Italia, dove non tagliano i posti letto, il numero di laureati è in proporzione molto più alto che in Veneto. Dove, non è un caso che poi si verifica l'arrivo di diversi laureati nelle università del Meridione».
Ma non è solo quello dell'assottigliamento dei medici di famiglia e di altri professionisti della sanità una delle problematiche sul tavolo di chi attualmente presiede l'Ordine provinciale della categoria. «La libera circolazione nell´Unione Europea - precisa il dottor Valente - ha innescato un altro doppio fenomeno, che in qualche modo si compensa. Il primo riguarda i neodottori italiani, con diversi casi anche nel Vicentino, che vanno a lavorare all´estero perché la domanda è alta in quanto i nostri medici sono stimati in tutto il mondo per la loro preparazione, ma soprattutto perché il compenso è allettante, visto che in proporzione guadagnano 6-7 volte in più. Secondo una stima recente il 25 per cento dei giovani medici veneti appena formati, che hanno la specialità in medicina generale o in altre branche, se ne vanno all´estero. Vanno soprattutto nel Nord Europa, in Germania, Danimarca, Olanda, Inghilterra, Svezia. Sono contratti che vanno dall´impegno professionale per uno o due fine settimana, a una settimana intera al mese. Ma c´è anche chi resta all´estero 6 mesi o un anno, proprio per le opportunità di lavoro che vengono loro fornite. C'è un poi un problema inverso ossia l'arrivo in Veneto di molti medici dell'Est Europa, soprattutto Romania e Bulgaria: ebbene noi come Ordine dei medici riceviamo la richiesta di iscrizione, che però prendiamo in considerazione dopo che il neolaureato abbia dimostrato di avere una buona conoscenza della nostra lingua, perché parlare bene l'italiano è fondamentale per rapportarsi con i pazienti e nel mondo del lavoro».