Resta il fatto che esperienze di questo tipo, specie se vissute da donne e in un ambiente pregiudizialmente non favorevole come nel caso di Nicoletta Pasin sono rilevanti, molto importanti. Come riprendere il lavoro dal punto in cui lo avevamo lasciato? E che metro di confronto sono ad esempio i militari che di ritorno dalle zone di guerra hanno bisogno di tempi di recupero molto lunghi?
ANTONIO ZULIANI- Ci sono studi statunitensi che spiegano bene la situazione. I militari americani hanno un report annuale in cui si capisce che la sofferenza è forte, senza dimenticare che il militare è esposto direttamente al pericolo immediato di perdere la vita in una logica che del combattimento tradizionalmente inteso non ha più i parametri leggibili. Lo sappiamo anche noi con i nostri operatori che lavorano negli ospedali da campo. Tutti sono sempre a rischio, anche nella fase di soccorso. Ora per noi si prevede un supporto psicologico obbligatorio alla partenza, ma anche al rientro. Con la facoltà di rifiutare, si capisce, ma è comunque una offerta che permette di elaborare l'esperienza e quindi arrivare ad una analisi fondamentale. Le problematiche emergono anche a distanza di settimane e non parlo di patologie, sia chiaro, ma di necessaria elaborazione di una fetta di vita quotidiana svolta altrove, senza avere il rischio di raccogliere macerie personali, per così dire. Tra i militari americani in servizio il tasso di suicidio è di una volta e mezzo più forte rispetto alla popolazione non militare a parità di età e di impegno lavorativo. Dopo il congedo questa percentuale sale, diventa tre volte tanto. Il grande rischio c'è, evidentemente.
NICOLETTA PASIN- La stessa scelta di questo mio lavoro mi ha aiutato anche per l'approccio a questo nuovo tipo di esperienza. Il rientro per me è stato un po' tirato come tempi per cui non si ha veramente molto tempo per rendere più progressiva la possibilità di elaborazione. Il percorso è però molto personale. Importante è poterne parlare con i colleghi, una specie di realizzazione su tutto quel che è stato e tutto quel che si è fatto. Dopo essere stata in Afghanistan, aver seguito scrupolosamente i protocolli, aver seguito le istruzioni e dato il meglio possibile, mi sono accorta che forse avevo proprio bisogno di esternare tutto questo. È stato il mio modo per elaborare e analizzare. Tra l'altro con le donne con cui lavoravo c'era una condivisione notevole di situazioni e tra l'altro lavorando in un centro di maternità mi si offriva la opportunità di stare fianco a fianco con infermiere del posto, cioè donne che hanno una occasione di misurarsi in un test di lavoro non così comune per le altre loro connazionali.
VINCENZO RIBONI- Nicoletta dice in modo illuminante che cosa capita prima durante e dopo. Dipende anche dal teatro in cui si va a recitare, chiaro, ma non è mai facile, ed il teatro di guerra è il meno facile di tutti perché quella situazione ti costruisce e ti penetra dentro nel modo più profondo e decisivo. La necessità di supporto c'è, come dice Antonio Zuliani, ma mi sento anche di sottolineare che sono queste le cose che vanno incoraggiate: non si parte per gioco, ma perché ci si crede e credendoci si va a dare e a fare testimonianza, si vanno a creare i presupposti per trascinare e coinvolgere anche altri. Queste esperienze vanno incoraggiate e sostenute tenendo conto prima di tutto che non si improvvisa niente, ma al contrario bisogna costruire, istruire, formare e assecondare: il resto tocca poi alle persone che decidono di muoversi e di partecipare ad una esperienza che del resto non dimenticheranno mai. Il pronto soccorso e l'ospedale più in genere come dice Nicoletta sono il luogo dove si capiscono molte cose anche per la pressione a cui si è esposti tutti i giorni, e dove comunque si lavora costantemente con molta motivazione: è lì che comincia la esperienza e la maturazione di un progetto personale.
ANTONIO ZULIANI- Secondo me c'è anche un'altra cosa importante: sentirsi parte di un movimento più ampio. L'uomo solo al comando non serve a niente. La preparazione è quella che ti motiva e ti aiuta. Raccontare ai colleghi la propria esperienza, come dice Nicoletta Pasin, è importantissimo, dà la misura di quanto si è fatto, aiuta a capire ancora di più. L'appartenenza è importante ed essendo importante aiuta a ragionare anche sulle motivazioni che ti hanno indotto a fare certe scelte personali. La Croce Rossa ne è un esempio perché media nelle sofferenze e tratta con i governi per cui alla fine il gruppo nel suo assieme è quello che ti dà la forza di decidere certe cose e portarle fino in fondo.
nr. 09 anno XVIII del 9 marzo 2013
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