NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
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Tagliamento: una Legione in armi

In un libro la storia del reparto delle camice nere che dopo il 1943 fu protagonista di azioni di terreno in viarie zone del vicentino

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Tagliamento: una Legione in armi

Tagliamento: una Legione in armi (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Sonia Residori, ricercatrice vicentina dell’Università degli Studi di Verona e dell’Istituto Storico della Resistenza di Vicenza, ha pubblicato da poco per l'editore veronese Cierre il libro Una legione in armi: la Tagliamento tra onore, fedeltà e sangue. Presentato qualche settimana fa al Centro Studi Storici di Montecchio Precalcino, il volume tenta di fare luce su uno dei fatti più controversi della seconda guerra mondiale e che coinvolse direttamente buona parte del Vicentino. La Tagliamento, un reparto rimasto impresso nella memoria collettiva per la ferocia dei metodi usati, si formò subito dopo l’8 settembre 1943 per volere dei Comandi germanici, attorno ad un nucleo di circa duecento Camice Nere che si staccarono dalla Divisione corazzata Centauro alla notizia dell’armistizio italiano e che giurarono fedeltà a Hitler. La Legione mise in atto una dura controguerriglia, alla quale era stata addestrata dai tedeschi, nei territori dove fu inviata durante i venti mesi di occupazione nazista: in Valsesia, a Vercelli; in prossimità della Linea Gotica, nel Pesarese; nell’Alto Vicentino e in Valcamonica, in territorio Bergamasco e Bresciano. Nel ripercorrere il filo degli eventi, il libro ricorda gli episodi più importanti che raccontano come la repressione fosse indirizzata contro i partigiani, ma soprattutto contro la popolazione, tra devastazioni, incendi di case, razzie di bestiame e uccisioni di persone di ogni età.

Tagliamento: una Legione in armi (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Pur essendo stata incorporata nella Guardia Nazionale Repubblicana nel dicembre '43, la Legione operò esclusivamente agli ordini dei tedeschi e fu considerata una delle migliori unità naziste. Come le formazioni tedesche, anche la Legione si dotò di servizio informazioni e di ufficio politico investigativo, che resero pratica corrente l’esercizio della tortura negli interrogatori. Sevizie e crudeltà, comunque, non furono riservate esclusivamente a questi uffici, ma diffusi tra le diverse compagnie e tra molti legionari. La Tagliamento dal Pesarese si sposta in provincia di Vicenza l’8 agosto '44, partecipando a vari rastrellamenti a Staro, Recoaro, Monte e S. Tomio di Malo, S. Vito di Leguzzano, Monte Magrè, Torrebelvicino, Valli del Pasubio, Tretto di Schio e Posina, Selva di Trissino, Piana di Valdagno e Alta Valle del Chiampo nell’Operazione Timpano, nella Pedemontana e sulle Bregonze, a Granezza nell’Operazione Hannover e sul Massiccio del Grappa con l’Operazione Piave.

Il comando della Tagliamento lascia la zona dell’Alto Vicentino il 29 ottobre 1944 e si trasferisce a Pisogne, una cittadina sul Lago d’Iseo (Brescia), all’imbocco della Val Camonica, operando vasti rastrellamenti. Quando il 29 aprile ’45 il Comando partigiano delle Fiamme Verdi intima alla Tagliamento la resa, il colonnello Merico Zuccari risponde: "Non è possibile accettare nessuna resa e nessun patto, poiché noi tutti soldati d’onore manteniamo fede ad un solo giuramento e non tradiremmo mai l’alleato, con il quale per tre anni abbiamo combattuto fianco a fianco". Ancora una volta l’unica spiegazione data da Zuccari, il Comandante Ussari, era la stessa di quando offrì i suoi servigi all’esercito tedesco dopo l’8 settembre '43, la fedeltà all’alleato e alla parola data. Una fedeltà in nome della quale si può rinnegare la propria Patria, perché l’unica Patria che conta è quella delle armi.

Anche dopo aver saputo della resa dei nazifascisti, la Tagliamento si renderà protagonista dell’eccidio di molti partigiani, ma nel dopoguerra tutto questo venne negato. Tutti i legionari dichiararono che nel luogo dove si trovavano non era successo nulla e che, comunque, loro non avevano sparato. C’erano i morti ma non c’erano gli assassini. I procedimenti avviati contro i principali responsabili non ebbero neppure inizio e le punizioni di coloro che furono processati e riconosciuti colpevoli vennero cancellate dalle diverse amnistie. Le vittime, dopo l’ingiustizia dei massacri, subirono l’ulteriore ingiustizia dell’assenza di giustizia, dando vita a gesti violenti dettati dalla rabbia. A Schio, dove fu affossato il processo ai massacratori del Grappa, nella notte tra il 6 e 7 luglio '45 una decina di ex-partigiani, esasperati dall’ennesimo colpo di spugna della Giustizia Italiana, penetrarono nel carcere e fecero fuoco sui prigionieri fascisti uccidendo 54 persone. Il Tribunale Militare di Milano, nel 1952, giudicò Zuccari in contumacia perché latitante in Sud America: lo ritenne colpevole e lo condannò all’ergastolo. Ma lui tornò dieci anni dopo per l’amnistia, senza aver scontato un solo giorno di carcere.

Tagliamento: una Legione in armi (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)



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