NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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A teatro: tutto al telefono

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Agoraphobia

All'inizio non vediamo la protagonista perché si comincia con la telefonata: tutti ci chiediamo dove sia e cerchiamo le persone per capire chi sia e se sia lei; poi dopo 10 minuti la vediamo comparire dal porticato. Finché non la vediamo, ascoltiamo con attenzione ciò che dice perché la sua voce al telefono è l'unico elemento che abbiamo per identificarla, e l'unico modo per capire come si sviluppa è ascoltare. La voce è l'unica parte “fisica” che abbiamo di lei. Quando poi la vediamo, noi stessi diventiamo parte della performance, forse sentendoci meno estranei.

Agoraphobia (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Lotte Van Den Berg: «Cerchiamo di non fare la performance mai due volte nello stesso posto, qua non stato possibile perché c'è una piazza sola. Penso che sia molto meglio non conoscere il personaggio e lo spettacolo e le cose non stabilite. Per me come regista e Daria come attrice è molto stimolante collegare il “qui e ora” del momento e del luogo. Ci sono molte stratificazioni di pubblico: chi è informato e sa e ascolta al telefono e c'è la gente che passa che magari va a trovare la nonna, mangia una pizza o fa shopping e scoprono la performance un po' alla volta perché l'inizio, come dici tu, è invisibile, non solo per il pubblico ma anche per i passanti. Piano piano le persone al telefono diventano un gruppo e cominciano a muoversi in una direzione e la gente in piazza comincia a chiedersi che diavolo stia succedendo. Quindi progressivamente diventa più visibile e nel momento in cui disconnettiamo i telefoni in qualche modo quelli che erano al telefono e quelli in piazza che non sapevano si ritrovano di nuovo tutti sullo stesso piano e questo per me è molto importante».

Siamo nella stessa situazione ma con consapevolezze diverse: Daria descrive cosa vede e chi sta seguendo la performance ride della reazione di chi invece non la sta seguendo. Questo per te è importate?

«Per me non è tanto importante che la gente rida o rendere ridicoli i passanti perché penso che ridere non sia l'unica cosa che il pubblico faccia ma anche si confronta con se stesso. Per esempio quando abbiamo fatto la performance a Roma Termini c'era molta gente come il personaggio: senzatetto oppure etilisti o altro e, se noti, molte volte noi non ascoltiamo queste persone; cerchiamo di finire le nostre cose, passiamo ignorandoli e negandoli. Ora invece ascolti perché sei parte della performance e sei tu che vedi le altre persone che passano e che non vogliono ascoltare. Se funziona bene, che è quello che spero, non è solo che tu ridi degli altri ma anche che ti rendi conto che tu potresti essere l'altro in un'altra situazione, ti riconosci nell'altro».

Nella prima parte dello spettacolo sembra che non sia molto importante ciò di cui sta parlando, ma se analizziamo ciò che dice, lei parla di solitudine e distanza, di ciò che lei definisce ostacoli, qualcosa in mezzo, e lei ha paura di definire la paura stessa. È interessante perché ciò che dice è importante: contemporaneamente lei sta parlando sia di se stessa che di noi, ma sembra che sia più determinante la nostra reazione, sebbene lei stia effettivamente parlando della nostra stessa reazione.

«Sì, del modo in cui reagiamo l'uno con l'altro. Ciò che dice è importante ma al tempo stesso non lo è perché lei cerca per tutto il tempo di dire le stesse cose in una specie di moderno mantra e non ci riesce, non trova le parole adatte; forse noi non capiamo e lei teme di non essere capita. Ci gira intorno tutto il tempo, ripete in altri modi gli stessi stati d'animo. Come dici tu, è sulla solitudine, il desiderio di essere parte di qualcosa e di un tutto e non solo degli individui da soli. In un certo senso lei sta parlando di una specie di sogno utopistico di cui magari per lei è difficile parlare e lei sente di uscire nel mondo. Il fatto che tu dica che lei parla del suo stato d'animo ma anche di quello del pubblico lo prendo come un complimento!».



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