NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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150 anni in 650 pagine

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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150 anni in 650 pagine

Scortegagna, quanto lavoro c'è voluto per realizzare un libro così corposo? E il risultato la soddisfa?

150 anni in 650 pagine (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)«Innanzitutto è giusto precisare che è un lavoro corale, un lavoro effettuato nel tempo liberato. Un paio di anni! Se vogliamo sintetizzarlo in giornate lavorative di otto ore diciamo dai sei agli otto mesi. Se non avessi avuto la collaborazione di oltre cento soci, sparsi in tutta Italia, tale lavoro non sarebbe venuto alla luce. Molte le persone che mi hanno incoraggiato: in primis l'ex presidente Roberto De Martin, che essendo a conoscenza del mio progetto mi ha sempre spronato a realizzarlo. Prezioso poi il contributo delle Sezioni centenarie e quelle giovani, nate dopo il 2000. Sempre con il principio della gratuità, hanno risposto con grande disponibilità nel darmi la loro testimonianza con scritti e foto. Anche gli amici fotografi hanno messo a disposizione parecchie immagini che hanno impreziosito il libro. In ultimo la mia sezione di appartenenza alla quale ho dedicato il lavoro ma anche un corposo capitolo: la Sezione di Mirano, nata nel 1986, nella quale sono cresciuto come attivista e volontario prima di proiettarmi a livello regionale e nazionale. Se sono soddisfatto? Diciamo al 90% perché si poteva fare qualcosa in più. Se penso alle ore notturne che ho offerto a questa pubblicazione posso dire che il lavora è riuscito piuttosto bene».

Quali sono i valori alla base del Cai e resistono ancora oggi, dopo 150 anni?

«Credo siano sempre gli stessi, altrimenti non saremmo arrivati ad un secolo e mezzo di vita. Siamo l’associazione più antica dall’Unità d’Italia. Un grande valore è il volontariato che di fatto coinvolge il 90 % dei soci. Parlo di quelli attivi nelle varie sezioni e nei vari organi regionali e nazionali. Poi chi ama la montagna non può barare: se uno è generoso e altruista, nel Cai emerge e si valorizza. I supponenti e gli egoisti fanno poca strada, vengono tremendamente smascherati e nel Cai non trovano la loro casa. Una selezione naturale che fa emergere le persone migliori. Abbiamo avuto 26 presidenti generali alla guida del nostro sodalizio, con alti e bassi; ma se analizziamo i profili di questi nostri condottieri, tutti hanno dato qualcosa. Alcuni anche la salute, senza risparmiarsi e cedere di un punto. Ad analizzarli uno per uno, ci possono offrire testimonianze ed esempi che, oggi, vista la nostra situazione politica e sociale, potrebbero insegnarci qualcosa. Ricordo quel presidente che lavora fino a tardi, l’ultimo dell’anno, per poi trovare la morte, per malore, nell’ufficio del Cai. Un altro che nel proprio testamento offre una cifra non indifferente perche si concretizzi e si strutturi il Soccorso Alpino. Ma ce ne sarebbero molti altri di esempi: tutti con un denominatore comune, la grande umanità e dedizione. Alla fine di questo lavoro sono ancora più orgoglioso di appartenere a questo sodalizio».

Il Presidente nazionale Umberto Martini sostiene che per il Cai la montagna è un mondo da far conoscere, da scoprire ed amare, una cultura da vivere. È d'accordo? E cosa vuole aggiungere?

«Credo abbia detto tutto in queste parole semplici ed efficaci. La cosa bella del Cai è che raggruppa gli appassionati di montagna e che abbatte tutte le classi, i poteri, i valori economici. Quando si va in montagna, qualunque essa sia, il professionista cammina, scherza, arrampica accanto all’operaio, all’impiegato, al manager. Siamo tutti uguali e qui esce il vero valore della persona, la vera umanità. Ho conosciuto arrampicatori che avevano un'umiltà che mi ha insegnato molte cose. Grandi maestri di vita. Il frequentatore di montagna, se sa cogliere le leggi che la montagna possiede, diventa più forte, migliore. Una persona fragile ha tutte le possibilità di diventare resistente, caparbio, umile, disponibile: basta saper cogliere i segnali che i monti nascondono. La montagna vale più di un qualsiasi studio di psicologia. Se le persone frequentassero la montagna, da qualsiasi punto di vista, dall’arrampicata alla semplice passeggiata, dalla raccolta dei funghi alla ciaspolata, vedrete che le vendite di antidepressivi crollerebbero!».

La montagna del turismo di massa sta creando problemi? A suo avviso, come sostiene Mauro Corona, c'è solo business?

«La montagna sa difendersi. Vogliono farla diventare business, ma la natura è troppo forte e sa rispondere. Pensiamo alle attività sciistiche, sono in crisi e su questo stiamo creando una violenza non indifferente. L’uomo, egoista per natura, vuol creare dei parchi giochi per pochi intimi. Guardi l’attività semplice delle camminate con le racchette da neve. Una vera e autentica risposta alla frequenza della montagna d’inverno. Un’attività aumentata del 2000% negli ultimi dieci anni.. Poi se pensiamo alle montagne vicine a Mauro Corona, le mia care Dolomiti Friulane, non diventeranno mai montagne di massa, perché sanno difendersi in dislivelli, punti di appoggio. Isolate fino ad un secolo fa dalla viabilità a quattro ruote, saranno sempre le montagne del silenzio. Ho molta fiducia sulla natura, questa è più forte di tutti noi. Ma non dobbiamo abbassare la guardia, l’uomo può creare dei problemi. L’attivista e socio Cai sarà un attento guardiano, un'autentica sentinella di questo ambiente che abbiamo imparato ad amare e di conseguenza a rispettare. Poi, come dico spesso, la montagna è il regno della libertà, la cosa importante è che il cervello sia collegato... La società d’oggi e del tutto e subito, dell’egoismo, del guardare solo il proprio ombelico, in montagna fa poca strada. L’ambiente montano implica passione, pazienza, fatica ed energia. Io ho molta fiducia».

La crisi rischia di favorire un approccio inadeguato alla montagna? I soggiorni mordi e fuggi possono rovinare l'ambiente?

«La crisi ci fa riflettere e l’andare per monti è ancora una delle attività più economiche e appaganti per vivere il nostro tempo liberato. Il concetto del consumismo può creare qualche problema. Ma come ho detto, la montagna sa difendersi. Ho visto persone che, nate in montagna, l’hanno abbandonata richiamati dalle comodità della pianura. Dopo qualche anno stanno ritornando perché l’equilibrio che questo ambiente offre non si trova in nessun'altra parte. Non sono i singoli villeggianti che mi preoccupano ma i grandi capitalisti che vedono business in tutto: nello sfruttamento dell’acqua, nel consumo di territorio - un esempio: una perla come l’abitato di Grea, in Cadore, dove stanno costruendo un manufatto accanto ad una chiesetta storica, questo mi preoccupa - le seconde case, aperte un mese all’anno. Ma gli attori di questo non sono i villeggianti del mordi e fuggi. Chi frequenta la montagna, prima a poi si ferma un po’ di più. Chi non sa leggere le regole della natura sarà sempre più un isolato o un depresso».

Oggi la tecnologia arriva anche in alta montagna: sono già 35 i rifugi veneti raggiunti dalla banda larga. Cosa ne pensa?

«Mi rendo conto che bisogna essere aperti al futuro. Io la vedo come un’opportunità. La cosa importante è avere un equilibrio. Andare in montagna vuol dire anche riappropriarsi di un contatto con la natura e l’ambiente. La banda larga è solo un'opportunità in più: spero che richiami i giovani e poi, una volta raggiunto il rifugio, capiranno che stare accanto ad un focolare, se fuori nevica, cantare anche stonando con qualcuno che strimpella una chitarra scordata, riempie più di una contatto internet. Ad esempio, riscoprire nel rifugio i giochi di società è un ritorno al vero aspetto ludico».

Le "nostre" Dolomiti sono patrimonio dell'Unesco, ma forse anche patrimonio di ogni cittadino?

«Patrimonio dell’umanità vuol dire patrimonio di tutti, uomini di pianura e uomini di montagna. Grandi e piccini. È solo un valore aggiunto che identifica le nostre montagne venete come uniche al mondo, le più belle nel loro insieme. Se le pensate singolarmente nessuna di esse si avvicinano al mitico Cervino, ma nel loro insieme, con le proprie cime, le propria vallate i microscopici ghiacciai, sono uniche e magnifiche. Per avere la classica ciliegina sulla torta, ci vorrebbero altri inverni come quello passato, con delle copiose nevicate al fine renderle ancora più lucenti e cromaticamente più variegate. Dunque, buona montagna a tutti che, come dice Mauro Corona, significa: buona vita! Perché la montagna è vita e il Cai raggruppa tutti gli appassionati di questo modo di vivere».

 

nr. 31 anno XVIII del 14 settembre 2013

150 anni in 650 pagine (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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