NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Dall'Alto Vicentino al Don

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Testimonianze - Dall'Alto Vicentino al Don

Cosa l'ha spinta a realizzare un'opera così impegnativa?

Testimonianze - Dall'Alto Vicentino al Don (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)"Quando nel 2008 papà, ad ottantacinque anni, ha avuto un’emorragia cerebrale, giorno dopo giorno, per stimolarlo a riprendere la memoria e in particolare il linguaggio, lo invitavo a parlarmi di quanto ricordava della sua vita, del suo lavoro svolto per quarantadue anni e di alcuni fatti che riguardavano la nostra famiglia. I suoi ricordi tornavano alla Campagna di Russia, vissuta tra il 1942 e il 1943, che spesso raccontava a noi fratelli, negli anni della nostra fanciullezza. Noi, incantati, lo ascoltavamo con interesse, in certe sere invernali, accanto alla cucina economica da cui usciva un caldo tepore, mentre la mamma riordinava la tavola o rammendava, sempre con l’orecchio attento a quanto diceva. Capendo quanto quei ricordi lo coinvolgevano, ho voluto accompagnarlo in questo suo raccontare in modo che quegli aneddoti, sentiti tante volte, non rimanessero solo trasmissione orale. Se la mia generazione ha avuto il grande privilegio di ascoltare i racconti dei padri e delle madri, spero che anche i genitori d'oggi trovino il tempo per trasmettere ai figli le loro esperienze e la disponibilità all’accoglienza e all’ascolto che i racconti tra generazioni, permeati di speranza e di amore, donano alla nostra vita".

Lei ha raccolto molte testimonianze: cosa l'ha colpita di più di quella grande tragedia umana?

"I testimoni hanno un’importanza fondamentale per ricostruire i fatti storici perché senza di loro non ci sarebbe una storia di uomini. Settant'anni sono trascorsi dalla tragica Campagna di Russia, ma quell'epica odissea chiede di non essere dimenticata. Il testo presenta molte testimonianze di familiari che hanno voluto ricordare i loro cari raccontando le esperienze di cui questi parlavano raramente e solo quando il dolore ha cominciato a depositarsi. Altri familiari hanno sentito il bisogno di ricordare i dispersi che, travolti dalla neve e dal gelo, non hanno conosciuto il ritorno, ma avranno sicuramente invocato la mamma, la donna amata e i figli. Mi hanno molto colpito le voci femminili che hanno saputo riconoscere la bontà di altre donne che durante la ritirata hanno teso la mano ai nostri soldati. Ho inoltre apprezzato il contributo di tante persone che mi hanno fornito testimonianze, documenti e foto, a dimostrazione del desiderio di voler tener vivo il ricordo di questa tragedia. Nei testi emerge in modo evidente il valore della pace nelle sue diverse accezioni: una conquista che ogni generazione, in tutte le epoche, può compiere attraverso un viaggio nella propria humanitas e nel confronto con l'altro".

Il libro apre anche ad un'importante riflessione: se gli uomini andavano in guerra, le donne restavano a casa ad aspettare. Quale significato aveva quell'attesa?

"Questo libro, che ha visto la collaborazione di tanti studiosi e ricercatori, oltre a presentare i fatti storici e ad approfondire il valore della testimonianza, ha voluto dare significato al ruolo della donna, rappresentata soprattutto come figura di madre e di moderna Penelope. La seconda parte del volume, infatti, è declinata soprattutto al femminile in quanto sottolinea cosa provavano le donne alla notizia della perdita di una persona cara o nella lunga attesa di chi non tornava. Confrontando le dolenti donne dell’epoca con il racconto di una giovanissima moglie che riceve la notizia che il marito è disperso si sono voluti mettere in gioco tasselli di esistenze sprofondate nella furia della guerra, a causa anche dell'incoscienza dei potenti. Numerose le madri, le spose, le fidanzate e le sorelle presenti in questo libro quasi tutte capaci di attesa e gelose custodi di diari, fotografie, lettere, cartoline di un'epoca che ha segnato il loro destino con la solitudine degli affetti. Emerge un quadro familiare dove le voci femminili escono dall’anonimato e ribadiscono in modo esplicito l’inutile crudeltà della guerra".

Testimonianze - Dall'Alto Vicentino al Don (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Tra le persone citate nel libro c'è anche suo padre: ce ne traccia un ricordo?

"Insieme a tutti coloro che vogliono ricordare quei drammatici eventi, ripercorrendo le tappe di una storia che ha segnato profondamente la nostra gente e il nostro territorio, ho ricostruito pure la vicenda di mio padre Remigio, oggi novantenne, un toccante percorso capace di evocare i volti, l'angoscia, le speranze tradite di tanti giovani che, tra il '41 e il '43, male armati e male equipaggiati, si trovarono a combattere nella steppa gelata contro fame, freddo, attacchi militari e furiose tempeste di neve. La tragica esperienza di mio padre, motivazione prima per la nascita del libro, ha portato ad un accurato lavoro di documentazione che ha reso interessante il racconto del suo vissuto. Preziosissimi sono stati i documenti raccolti dall’Unione Nazionale Italiana Reduci di Russia, sezione di Marostica, e un inedito apparato fotografico. Pagina dopo pagina ho presentato non tanto la piana di Nikolajevka, teatro della battaglia simbolo della Campagna di Russia, dove il 26 gennaio del 1943 persero la vita migliaia di alpini, ma la sacca di Millerovo da dove mio padre riuscì ad uscire il 6 gennaio 1943 per l'arrivo inatteso e fortuito degli alpini tedeschi dal Caucaso, che ruppero l'accerchiamento. Da quel momento disperazione e determinazione camminarono a fianco lungo il percorso della ritirata che lo riportò a casa".

A lavoro fatto, qual è la soddisfazione più grande per lei?

"Avere portato a termine il volume è stata certamente una grande soddisfazione che devo a molti che con me hanno collaborato per la realizzazione di questo progetto. Sento molto gratificante e lo ringrazio per questo quanto ha scritto Andolfato. Se aver rispettato la promessa di scrivere l'esperienza di mio padre nella Campagna di Russia mi dà contentezza, mi ha fatto pure molto piacere il suo sorriso e il suo sguardo soddisfatto nel dirmi: ma questo son mi, quando ha visto la foto della copertina che lo ritrae giovane con il colbacco in testa".

Secondo lei perché è importante la memoria?

"Questo libro mette insieme la voce non solo di tanti studiosi e ricercatori, ma anche di parenti che hanno voluto ricordare i loro cari, alcuni tornati da questa dolorosa esperienza e altri dispersi sul fronte russo nell’inverno tra il ’42 e il ’43. Marostica conta ancora tre superstiti: oltre a mio padre, Andrea Dalla Rosa e Angelo Lunardon. Dalle pagine emergono in modo evidente la grande storia, indispensabile sottofondo alle memorie individuali, e il valore della pace. Infatti, attraverso questi tristi ricordi si comprende che la guerra non è mai la soluzione ai problemi dell'umanità e che non bisogna mancare di rispetto a chi ha dato la vita e a chi ha sofferto per la perdita dei propri cari. Mi piace ricordare che il libro termina, forse non a caso, con una parola che sempre ci deve sostenere: speranza".

Laureata in Pedagogia a Padova, Maria Angela Cuman ha insegnato Lettere alla Scuola Media e Scienze Sociali al Liceo Brocchi di Bassano. Numerosi i suoi articoli di carattere storico, psicopedagogico e letterario nel Quaderno Brocchi nel quadrimestrale Cultura Marostica, nella rivista Marostica e in vari libri. Dal 1999 ha ricoperto vari incarichi presso l’Amministrazione Comunale di Marostica, Presidente dal 2000 della Commissione Intercomunale per le Pari Opportunità e dal 2009 della Biblioteca Civica Ragazzoni.



nr. 37 anno XVIII del 26 ottobre 2013

Testimonianze - Dall'Alto Vicentino al Don (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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