Gli animali selvatici sono sicuramente un problema crescente, ma forse i cinghiali lo sono di più: perché Coldiretti ha attirato l'attenzione ai danni e pericoli possibili in tutto il Veneto e anche a Vicenza?
DIEGO MEGGIOLARO- Sensibilizziamo al problema e chiediamo che siano prese iniziative concrete e ovviamente rispettose delle leggi, ma che anche ci facciano immaginare quanto meno un contenimento. I cinghiali non c'erano nel nostro territorio, non so se siano arrivati da soli, fatto sta che producono danni enormi, a parte i danni possibili alle persone. Nelle colture abbiamo non solo danni, ma anche gravi problemi di raccolta perché nei campi pressoché dissodati dal passaggio dei cinghiali le macchine non riescono più a lavorare. Ci vuole un sistema che preveda il contenimento della specie, mi limito ai cinghiali anche se ci sono altri gravi problemi, come le nutrie: non ci sono predatori e la questione diventa sempre più importante per l'economia, per la conservazione ambientale e anche per la sicurezza personale perché se va in gioco l'incolumità fisica di uno che lavora in mezzo ai campi tutto solo, allora capite che... Credo che il territorio debba essere salvaguardato da un controllo serio di queste mandrie di animali che alla fine vanno anche abbattute. Ma ci sono sì le nutrie, ma anche i caprioli e i colombi e le volpi. C'è di tutto.
Come se la cava Altavilla che subisce ad esempio l'invasione di cinghiali e caprioli pur essendo in un territorio prevalentemente di pianura e affollato dal passaggio di due grandi strade di comunicazione come Serenissima e la ex statale 10?
CLAUDIO CATAGINI- I cinghiali vivono nel bosco, sono ogni tanto avvistati anche verso il golf di Brendola, ma sempre in zona collinare, soltanto che di notte scendono in pianura e lasciano letteralmente la devastazione con buche da molti metri quadri e aggiungendoci anche il pericolo per le persone perché in realtà qualcuno li avvista anche di giorno e un incontro ravvicinato non è consigliabile. Diventano più pericolosi quando hanno i piccoli o sono in gruppi folti. Per fortuna per ora non è successo niente ma le case più esposte sono attaccate continuamente, vengono devastati gli orti, tutto viene scavato e mangiato, le recinzioni distrutte. Capita anche di vederli in piena azione e uno aspetta che finiscano, però abbiamo chiesto alla Polizia Provinciale di fare opera di abbattimento programmato e lo sta facendo.
I numeri sono importanti, però naturalmente bisogna chiedersi quale modo ci sia per rispondere.
GIANCARLO BONAVIGO- È una specie selvatica tutelata dalla legge; la domanda da farci è la seguente: vogliamo che i cinghiali, animali estranei al nostro territorio, restino qui? C'è una circolare ministeriale che ha già prescritto la eradicazione della specie dove non è autoctona, ma ci sono anche continue immissioni abusive con tutto quel che comporta. Il solo intervento della Polizia Provinciale non può certo bastare, ma bisogna confrontarsi con quel che fanno gli altri: Verona ad esempio pone una vigilanza stretta su queste presenze e autorizza i cacciatori ad intervenire, il che vuole dire che la possibilità di risolvere il problema c'è ancora. I Colli non sono un territorio sterminato per cui si può riuscire, ma se ci limitiamo una volta ogni tanto ad interventi sporadici, ne uccideremo qualcuno ma i cinghiali resteranno dove sono. Basta che sopravvivano un paio di femmine...
GIANCARLO FERRON- I numeri sono un problema, la specie è selvatica ma strana, mescolata come ibrido dei maiali domestici per cui siamo di fronte ad una quantità che in realtà non si conosce. Questo incrocio dei selvatici con i maiali domestici ha aumentato nei cinghiali peso, prolificità (10 cuccioli alla volta) e del 110 per cento annuo l'incremento della polpolazione. L'ambiente da solo non può rimediare, la eradicazione è difficilissima anche perché arrivati vicino a risolvere il problema ecco che c'è sempre l'uomo che fa scappare di nuovo, diciamo così, qualche animale e si torna al punto di partenza. Nei Sibillini una università si sta occupando scientificamente del problema e dopo lungo studio la specie si riesce a contenere con la caccia di selezione. Molto difficile, ancora una volta, ma puntando sul concetto di quella selezione naturale che ora non c'è più la si imita forzando la mano e se si abbattono 100, ad esempio, che 90 siano gli esemplari più giovani in modo che rimangano i più vecchi che tra rivalità varie hanno di che occuparsi. Si limitano in poche parole le generazioni che si rinnovano, o perlomeno si tenta di farlo. La attuale espansione di tutte le specie qui da noi è tuttavia favorita anche dalla trasformazione ambientale: non solo cinghiali, ma volpi, caprioli, cervi, tassi e altri ancora occupano il territorio e se non si studiano rimedi scientifici affidabili la situazione non potrà che aggravarsi ancora. Lo sforzo che occorrerebbe con metodi normali e tradizionali sarebbe troppo grande per tutti a cominciare dagli uomini impegnati con in più il costo senza vere garanzie di riuscita.