NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Leggi ad personam e leggi contra personam

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Leggi ad personam e leggi contra personam

È sconsolante constatare come la decadenza di Berlusconi sia accompagnata dalla decadenza della politica. È perlomeno singolare che per far fuori definitivamente il nemico pubblico numero uno, accusato da sempre, magari giustamente, di far approvare leggi “ad personam”, il partito delle larghe intese frontiste abbia fatto ricorso ad una procedura “contra personam”, imponendo che il Senato si pronunci sulla sorte di Berlusconi con il voto palese, mai adottato in casi del genere. Un papocchio, uno squallido bizantinismo per nascondere palesemente l’evidente paura che nel segreto dell’urna i franchi tiratori potessero salvarlo. Giustificabile solo con la rusticana legge del contrapasso: chi di spada ferisce di spada perisce. Originale poi che la Linda Lanzilotta di Scelta Civica, determinante nel sovvertire le regole del Senato, abbia invocato la “libertà di coscienza”, negando così ai senatori di poter esercitare quello stesso loro diritto. E poi, tutti a recitare il ritornello secondo il quale la legge è “uguale per tutti”, a meno che però non sia scomoda e inadatta allo scopo che si vuole raggiungere.

Il risultato di questo pasticcio è che la stabilità del governo delle larghe intese viene di nuovo messa in forse e che legittima l’imputato Berlusconi a definirsi un”perseguitato” non solo dalla magistratura ma ora anche dai politici della sinistra.

Ma non era proprio possibile aspettare un paio di mesi la sentenza della corte d’appello per ricalcolare la durata dell’interdizione dai pubblici uffici e la sentenza sulla costituzionalità della legge Severino per far rendere inevitabile la procedura della definitiva decadenza del senatore Berlusconi? Difficile non aggiungere a questo punto la sensazione di una lotta in famiglia, che cioè una parte di quel magma del PD abbia voluto mettere una bomba ad orologeria sotto la poltrona di Enrico Letta. C’è da dire, di contro, che un vero statista avrebbe dato le dimissioni subito dopo la sentenza dicendo pressappoco così: la sentenza è sbagliata frutto di una malagiustizia che da anni sta attuando nei miei confronti una vera caccia all’uomo, io sono innocente e da ora in poi eserciterò in ogni sede e in ogni modo il mio pieno diritto a dimostrare la verità dei fatti e dei comportamenti. Ne sarebbe uscito con le ossa meno rotte e con minori problemi per la governabilità del Paese.

 

Franco Dori

 

nr. 40 anno XVIII del 16 novembre 2013



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