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L'archeologia industriale di Schio fa parte della storia vicentina ma anche nazionale. Qual è secondo lei la sua importanza?
"Il patrimonio archeologico industriale di Schio e del suo circondario ha una rilevanza di portata europea per l’eccellenza e la varietà tipologica degli antichi opifici dismessi, per l’organicità del sistema di fabbrica che ha investito non solo il modo di produzione dei diversi settori (tessile, meccanico, minerario, alimentare, ma soprattutto l’organizzazione sociale. La vicenda del Lanificio Rossi, in particolare, è stata pietra di paragone per i fabbricanti tessili italiani e stranieri per la qualità dei prodotti, ma pure per le istituzioni operaie, un’autentica rivoluzione sociale che ha trasformato la vita dei lavoratori, con riflessi anche sul futuro, attraverso gli asili, le scuole, i centri ricreativi, le palestre, i teatri, le abitazioni, l’assistenza medica, gli impianti viari e ferroviari e altri servizi".
Da storica dell'arte non le chiedo valutazioni economiche, però è noto che Schio sia stata e sia ancora uno dei principali poli industriali vicentini e veneti. Come tratta questo tema nel volume?
"Il libro offre un’ampia panoramica della realtà produttiva del territorio di Schio, della Val Leogra e della Val d’Astico nel periodo relativo alla prima e seconda rivoluzione industriale, spiegando le ragioni del successo imprenditoriale nei vari settori grazie allo sfruttamento delle risorse naturali della zona, a un’antica e consolidata tradizione artigianale protrattasi in alcuni casi fino ai nostri giorni, alle capacità dei capitani d’industria formatisi a livello europeo, che seppero investire ingenti capitali nella innovazione e nella cultura. Essi coinvolsero nel processo di modernizzazione della società le diverse maestranze, le quali furono consapevoli di esserne esse stesse protagoniste. Nella ridisegnazione della città di Schio e del territorio spiccano opifici industriali di grande pregio architettonico, monumenti di illustri artisti, case operaie e ville, con orti e giardini. Il libro pone in risalto la trasformazione del paesaggio conseguente alla diffusa industrializzazione, conferendogli caratteristiche inconfondibili".
Il libro è anche una raccolta delle splendide immagini di Sassi: quanto conta l'apparato fotografico in un volume come questo?
"Le illustrazioni storiche e le fotografie di Luca e Dino Sassi costituiscono non solo parte integrante del testo, bensì sono esse stesse documento, racconto, interpretazione delle problematiche affrontate. Alcune immagini dell’archivio fotografico della Lanerossi mostrano l’atmosfera del luogo di lavoro, le espressioni vivaci dei bambini dell’asilo, l’orgoglio degli operai, l’eleganza austera delle architetture industriali; altre ci danno il senso del dinamismo delle macchine, la potenza della forza idraulica, di ruote, turbine, centrali idroelettriche, altre ancora la fuga del treno in corsa sui ponti in ferro, ecc. Le fotografie degli anni Novanta di Dino Sassi restituiscono soprattutto il fascino delle vecchie fabbriche ancora operative, mentre quelle attuali di Luca Sassi colgono il respiro del paesaggio della Val Leogra e della Val d’Astico, la sorprendente bellezza dei giardini, il fascino della villa di Alessandro Rossi, pur nel suo stato di degrado, la solarità dell’ambiente agricolo del podere modello con le case coloniche, la scuola di pomologia e orticoltura con la fabbrica di conserve alimentari. In questo libro Dino e Luca Sassi esprimono la gioia dell’esplorazione di un ambiente ancora ricco di testimonianze della vocazione industriale dell’Alto Vicentino".
