Quindi la poltrona diventa un simbolo di proprietà: quello è un oggetto suo, poteva essere anche la bottiglia della birra.
“Ma si. Potrebbe essere anche un riferimento vago a un Re Lear ma poi diventa anche generica la cosa. Penso che ci sia da parte di Pinter anche un’ intenzione, una volontà di appassionare un pubblico a una storia con tutti gli ingredienti che di solito la storia gialla ha: quella della suspense, dell’ attesa di avvenimenti che incombono e quindi la poltrona fa parte del modo di raccontare questa storia. Non credo che il simbolo prevalga su quella che è la quotidianità della rappresentazione, ecco”.
In una nota critica riportata sul programma di sala viene detto che il ritorno a casa, inteso come evento che si declina nel tragico o quantomeno nel drammatico, è abbastanza una costante nel teatro: pensiamo alle tragedie greche. Effettivamente quando arriva qualcuno in un testo, che sia teatrale o cinematografico o televisivo, è quasi sempre per creare scompiglio nella vicenda. Per cui, pur essendo un teatro nuovo e moderno, segue degli archetipi.
“Eh beh certo, l’origine di un drammaturgo sprofonda le sue radici nel teatro dei greci e nei teatri più antichi; è chiaro che ogni volta si rilegge alla luce della modernità”.
Lei da giovane ha lavorato a teatro con Zeffirelli, ha fatto Mercuzio nel Romeo e Giulietta di Shakespeare. Zeffirelli è scuramente molto diverso da Stein, così come sono diversi Shakespeare e Pinter. Il punto in comune è però che trattano di personaggi verosimili e di umanità. In mezzo a questi opposti che cosa troviamo secondo lei?
“Beh sa io ho fatto Romeo e Giulietta negli anni ‘60 e il mio incontro con Stein è avvenuto negli anni ’90, praticamente 40 anni dopo e in 40 anni ne succedono molte, anche il teatro cambia continuamente, evolve, si consuma nel giro di poco tempo, si deve rinnovare continuamente. Son sicuro che se oggi Zeffirelli facesse il Romeo e Giulietta lo rifarebbe in tutt’altro modo perché il teatro ha bisogno di un ricambio continuo proprio perché è una materia estremamente fragile, deperibile. Io mi sono trovato bene con Zeffirelli, che fra l’altro proponeva a un ragazzo di 22-23 anni un personaggio che di solito era proposto ad attori 45enni: Mercuzio non era distribuito a degli attori giovani o giovanissimi, invece lui ha avuto l’intuizione di dare un ruolo come quello di Mercuzio a un coetaneo di Romeo e ha creato un momento abbastanza nuovo per l’epoca. Stein ha fatto anche moltissima lirica e lì l’immagine è fondamentale lui lavora in maniera molto assidua con gli scenografi e i costumisti, i quali assistono a tutte le prove che lui fa con gli attori e sono alla costante ricerca fino a quando non si arriva, alla fine delle prove, a una formalizzazione visiva di quello che avviene sul palcoscenico. Ci arrivano per progressione, insieme, lavorando. Nel Tito Andronico di Shakespeare, che è il primo che ho fatto con Stein, ho visto che lui è alla ricerca, un work in progress continuo: scenografia molto semplice ma molto studiata ed elaborata proprio perché non prefabbrica mai, Stein, la scatola scenica in cui si svolge, la trova e la scopre man mano che approfondisce il rapporto con gli attori e coi cantanti e quindi c’è un’attenzione all’immagine estrema”.
L’immagine di Zeffirelli è molto ricca.
“Mah sa, Zeffirelli viene da Visconti, quindi il suo riferimento è quello. Visconti era un grande regista con una ricchezza visiva di particolari che oggi noi ce la sogniamo, ce l’avessimo un altro Visconti oggi. Però Visconti è stato fermato da Pinter, nel senso che lui ha preso una pièce che si chiamava “Old times”, l’ha messa in scena al Teatro Argentina a Roma e l’ha voluta mettere su un ring, cosa che non era assolutamente prevista o voluta dalle descrizioni scenografiche di Pinter. C’era Orsini, la Asti; quando Pinter l’ha vista ha levato i diritti a Visconti perché secondo lui aveva completamente stravolto il senso della pièce, che ha 3 personaggi. In realtà tutte le pièce si potrebbero mettere su un ring, fatto sta che quando Pinter vide lo spettacolo, venendo da Londra, lo fermò e venne tolto di scena”.
(foto: Pino Le Pera)
nr. 02 anno XIX del 18 gennaio 2014