NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
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Quando l’ambiente influenza anche la musica

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Quando l’ambiente influenza anche la musica

Tu hai anche un’altra grande passione, sei pilota di aerei di linea. Un’esperienza molto particolare, come si lega a quella pianistica? Ci sono emozioni comuni in queste due esperienze diversissime ma che sicuramente sono entrambe molto coinvolgenti?

Cominati (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)“No, assolutamente nulla in comune. Il volo è stata la passione più grande della mia vita e quindi era coinvolgente prima di tutto perché sognavo di farlo, poi quando l’ho fatto di mestiere lo era molto poco: è un lavoro molto procedurale, qualche cosa di piacevole specialmente all’inizio perché hai la sensazione di pilotare un mezzo così. Inoltre quello è un mestiere vero e proprio e come tale tu sei un numero e basta, non sei minimamente valutato per la tua identità o caratteristica, ma giustamente, quindi devi rispettare lo standard: quanto più sveglio possibile, quella che chiamano “situation awarness”, cioè anche se stai a fare una cosa lì, devi renderti conto che intanto c’è un aereo”.

Tutti i musicisti mi dicono che all’estero l’accoglienza verso la musica è completamente diversa dall’Italia, eppure, sia per la sinfonica che per la lirica, la gente va a vedere volentieri gli spettacoli. Oggi molti giovani musicisti hanno un approccio col pubblico e coi media non molto diverso da quello delle rockstar, questo sicuramente aiuta ad avvicinare il pubblico di giovani: addirittura Lang Lang ha firmato la colonna sonora di un videogioco, Granturismo 5, e questo è stato ampiamente pubblicizzato nel lancio di questo gioco. Come mai l’Italia non adotta lo stesso tipo di linguaggio comunicativo?

“Ci sono queste cose: violiniste carine che fanno fotografie in cui sembrano delle rockstar, per cui il mondo si è svecchiato da questo punto di vista; sono comunque esempi abbastanza sporadici non credo che dimostri quanto la Francia o la Germania si sino affrancate da una certa immagine un po’ grigia. Se tu vai a un concerto in Germania non credere di trovare così tanta gente giovane. La trovi ma ne trovi anche qui. La maggior parte delle persone dovunque sono comunque persone di una certa età ahimè. All’estero quasi ogni scuola o università ha una sua orchestra, cosa che qui manca tantissimo, e quindi loro scoprono che fare musica è divertente e coinvolgente, i fatti sono che poi, alla fine, non so quanti di questi si perdono, probabilmente non è detto che vadano ai concerti così tanto”.

Una domanda che faccio spesso a chi si occupa di sinfonica specie se è molto giovane. In Europa, vediamo orchestre rinomate che fanno collaborazioni con dj produttori di musica elettronica o dance, oppure i Queen, o il metal con i Metallica, Serj Tankian dei System of a Down. Voi addetti ai lavori, queste collaborazioni le auspicate? vi piacerebbe farle oppure sono viste come qualcosa che magari distoglie dalla tradizione?

R.C.: “Io sono estremamente convinto che ci sia un mondo troppo vecchio e troppo grigio che dà un’immagine di sé in cui tutti vengono chiamati “Maestro”: c’è una reverenzialità che dà questa idea qui. Se dovessi fare una cosa con Ligabue assolutamente si: trovo che sia un grande cantautore. Alla fine il punto è che tutti dicono che la musica è bella o brutta, non cambia leggera o no; io dico che secondo me cambia. “Musica leggera” forse non è esattamente il termine più adatto, però è un tipo di musica con caratteristiche diverse dalla musica classica. Il mio sogno è fare colonne sonore di film e ne ascolto molte, io ho suonato a orecchio musica leggera per tantissimo tempo”.

GP. B.: “In Italia le grandissime orchestre sinfoniche, non per valore, ma per numero, si contano sulla punta delle dita. Io so che l’Orchestra Sinfonica della RAI si presta a tantissime operazioni, dalla musica da film ai lungometraggi; come hai detto tu la London Symphony Orchestra si presta da decenni ad accompagnare i Queen o a fare i musical, qui in Italia questa cosa è ancora vista come un sacrilegio o come un limite. I Berliner Philharmoniker è un’orchestra che ha avuto un excursus nella storia interna molto particolare: con Karajan ci si era fermati a un certo tipo di Romanticismo un po’ greve e decadente, appena arrivato Abbado nell’89 ha portato Mahler e Stravinskij quindi ha aperto nuovi orizzonti. Arrivato Simon Rattle, attuale direttore dei Berliner, ha portato i Berliner nelle piazze, ha fatto accompagnare cantanti jazz e blues. È una cosa che io avvallerei tantissimo perché basta con questa visione un po’chiusa e un po’ negletta dell’orchestra come inscritta nel proprio guscio, che se vuoi andare a sentire quest’orchestra devi andare per forza lì, sentire quel particolare programma quando puoi trovare l’orchestra della RAI o Santa Cecilia o Berliner in Piazza Duomo che accompagnano Sting. Non ci sono ancora i presupposti culturali in Italia. Faccio un parallelismo con la lirica: quando si vede Zerlina che entra in scena con la Vespa al pubblico non piace anche se ci potrebbe essere sicuramente un filo logico che conduce, Don Giovanni è un’opera che si può interpretare dall’epoca dei primitivi al viaggio su Marte.

 

nr. 03 anno XIX del 25 gennaio 2014

Quando l’ambiente influenza anche la musica (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)



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