NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Il linguaggio internazionale della danza

In scena al Comunale la compagnia Ballet Jazz de Montreal il cui direttore artistico Louis Robitaille spiega che l’aspetto meraviglioso della danza, come della musica, è che non ha barriere linguistiche

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Ballet Jazz de Montreal

Ballet Jazz de Montreal (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Il palco del TCVI ha ospitato ieri sera la celebre compagnia di danza Ballet Jazz de Montreal, in Italia con sole due date. I BJM hanno proposto un trittico con numeri completamente diversi tra loro: “Zero in on” un breve passo a due astratto e molto intimo, “Night Box” dal gusto più urban dedicato alla notte e “Harry”, teatrale e corale. Abbiamo incontrato Louis Robitaille, direttore artistico della compagnia dal 1998.

 

Il nome della compagnia richiama il jazz, musica dalle forti radici africane che ah profondamente influenzato la cultura contemporanea ovunque. La formazione classica altrettanto essenziale per voi. Quali sono le connessioni tra la tradizione classica e gli aspetti culturali più moderni e popolari?

Ballet Jazz de Montreal (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Louis Robitaille: “All’inizio, il nome della compagnia significava sia stile di danza jazz che musica jazz: i tre fondatori volevano portare una disciplina e un’estetica di danza con un “vocabolario” che fosse anche di Montreal, che è da dove veniamo. In 41 anni la compagnia è molto cambiata e ora siamo più balletto contemporaneo, ma andando un po’ oltre direi che siamo una compagnia di danza fusion che mixa stili di danza differenti come la street dance, il moderno o l’hip hop ma sempre basandoci sul balletto classico. Penso che mescolare oggi sia molto contemporaneo ma è molto difficile: richiede molta conoscenza, talento e versatilità ma è molto più interessante”.

Nel nostro mondo occidentale il peso economico di paesi come Cina, Russia o Paesi Arabi si sta facendo sempre più forte; loro hanno delle tradizioni molto diverse dalle nostre per quanto riguarda le arti performative, per esempio la Russia ha una fortissima tradizione di classico. Come possiamo dialogare con loro?

“La cosa meravigliosa della danza, e anche della musica, è che non hanno barriere linguistiche. Con la globalizzazione il pianeta si sta facendo sempre più piccolo ma la gente è più vicina alla propria cultura. Prima si parlava di nazioni, ora di città, è un po’ come una tribù: in Canada gente che viene da Toronto, Montreal o Vancouver, e negli States da New York o Los Angeles ha un senso di identità che per l’essere umano è molto importante. Ciò che è interessante è che la danza è un linguaggio internazionale e condividiamo molto l’un l’altro proprio perché non c’è la barriera linguistica: ognuno di noi può prendere qualcosa e condividerlo in Nord America, in Europa o Europa dell’Est, Asia o Sud America. Questo è assolutamente normale nella danza e nel balletto”.

Una delle caratteristiche della vostra compagnia è la ricerca musicale: dalla classica al jazz alla sperimentale di ogni tipo, Kraftwerk, Stravinsky, Rufus Wainwright, Etta James, Rossini, Bregovich, mi sembra che negli ultimi anni a ricerca nella musica si sia ulteriormente raffinata: in 40 anni il mondo è molto cambiato e sta tuttora cambiando. Quanto questo influenza le scelte musicali?

“Beh la musica è un importante supporto per la danza, direi che è il 50% del successo di un balletto o di una pièce breve. La musica, come ogni forma d’arte è in pura evoluzione trasformazione e anche le fonti per le nuove referenze musicali rimangono fortemente legate alla musica classica: uno come Stravinsky influenza ancora oggi moltissimi nuovi compositori. La musica è fonte di ispirazione nella danza, è un arcobaleno enorme di opportunità tra cui scegliere”.

I vostri coreografi cominciano dalla musica o magari hanno un’idea e cercano della musica per dire qualcosa?

“Alcuni possono essere ispirati dalla musica o hanno un’idea e cercano della musica che vada d’accordo con essa, altre volte lavorano senza musica che poi viene composta sulla coreografia”.

Vi avete fatto tournèe in 65 paesi: quali sono le aree geografiche che più vi hanno sorpreso e quali quelle che magari vi hanno più ispirato?

“Ogni pubblico e ogni singolo posto sono importanti, lo dico sempre agli artisti della compagnia. Ora io dirigo e sono dall’altra parte, un po’ nell’ombra ma è un grande privilegio avere l’opportunità di stare sul palco ed esibirsi per il pubblico: che sia un piccolo palco, in una piccola città o una grande metropoli, per me non cambia. Lo stress è diverso ma è sempre importante la relazione tra ciò che avviene sul palco e la comunicazione con la gente che si è presa del tempo della propria vita e ha pagato un biglietto per vedere una performance. Il pubblico è molto specifico da paese a paese, molti reagiscono allo stesso modo, altri sono più caldi, altri ancora più sofisticati, ma alla fine noi lavoriamo per ogni singola persona del pubblico”.

Ballet Jazz de Montreal (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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